Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9774 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 05/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – President – –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consiglie – –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consiglie – –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consiglie – –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34526-2006 proposto da:

B&V INTERFACE SNC IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore

pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14,

presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI FEDELI MARIA TERESA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARINELLI ERNESTO,

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTIGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1640/2006 della CORTE DI APPELLO DI MILANO,

depositata il 24/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/03/2010 dal Consigliere Dott. Sotgiu Simonetta;

udito per il resistente l’Avvocato D’Ascia, che ha chiesto il rigetto

anzi l’inammissibilita’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Sorrentino Federico, che ha concluso per l’inammissibilita’ del

ricorso in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Milano ha accolto con sentenza 24 giugno 2006, l’appello dell’Amministrazione Finanze dello Stato e della Agenzia delle Dogane avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto illegittima l’ingiunzione doganale con cui era stato richiesto all’importatore B. & V. Interface s.n.c. il pagamento di complessive L. 169.271.450= per dazi contabilizzati “a posteriori”, interessi e sanzioni, a seguito di accertamento per revisione, impugnato in sede amministrativa dall’importatore e non ancora definito.

La Corte Milanese ha ritenuto erroneo subordinare il recupero dei diritti doganali all’esaurimento del procedimento di revisione di cui alla L. n. 374 del 1990, art. 11, dal momento che l’importatore aveva rifiutato di prestare la cauzione a’ sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 61 e art. 244 del reg. CEE n. 2913/92(CDC), su un valore doganale che era stato regolarmente verificato a’ sensi dell’art. 32 C.D.C., non sussistendo peraltro nella specie le condizioni per attribuire l’errore circa il valore delle merci importate all’Autorita’ Doganale a’ sensi dell’art. 220 C.D.C.. La B.&V. Interface chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Economia e elle Finanze e l’Agenzia delle Dogane resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ha violato il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, commi 7 e 8 e del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 66, allorche’ ha ritenuto il provvedimento di rettifica non subordinato alla risoluzione della controversia amministrativa, riportandosi all’art. 244 C.D.C., il quale prevede la richiesta di una garanzia da parte dell’Autorita’ Doganale per sospendere la esecuzione di una decisione sulla revisione gia’ definitiva. Ne varrebbe il richiamo al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 61 che richiede la prestazione di garanzia in attesa del risultato di analisi su campione, fattispecie, che esula dal caso in esame.

Col secondo motivo, adducendo violazione del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 82, come modificato dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, in relazione al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, commi 7 e 8 e art. 66, TULD, si contesta che l’ingiunzione doganale impugnata – della quale viene riportato il testo – possa considerarsi mero atto di accertamento,dato che commina la riscossione coattiva dei tributi asseritamene evasi – oggetto di ricorso amministrativo non definito – sotto pena di “riscossione coattiva”.

Col terzo motivo, si adduce omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine alla necessita’ che le sanzioni quantificate nell’ingiunzione dovessero essere contestate con separato avviso a’ sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, riferendosi l’art. 82 TULD sulla cui base e’ stata redatta l’ingiunzione ai soli diritti doganali, e non alle sanzioni. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili,perche’ non si concludono con la formulazione di un quesito di diritto, come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. (vigente ratione temporis.

Il terzo motivo, con cui la ricorrente reitera la doglianza coltivata in sede di appello ,riferita alla necessita’ che le sanzioni debbano essere contestate con avviso separato, e’ infondato, perche’ il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, n. 1 prevede l’irrogazione immediata delle sanzioni collegate, come nella specie al tributo cui si riferiscono, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, a’ sensi del titolo terzo del D.P.R. n. 43 del 1973.

Infatti (Cass. 25376/2008) il processo tributario non e’ annoverabile tra quelli di impugnazione – annullamento, bensi’ tra quelli di impugnazione – merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria; ne consegue che il giudice, ove ricorrono i necessari presupposti processuali della sua rituale investitura, ha il potere-dovere di esaminare anche tutti i possibili aspetti del potere sanzionatorio esercitato dall’ente impositore, nonche’ il potere di determinare (nell’ambito delle richieste delle parti) l’entita’ delle sanzioni effettivamente dovute (cfr. Cass. 4280/2001; 11212/2007; 17127/2007) trovando tali sanzioni compiuta motivazione nel richiamo ai tributi evasi.

Il ricorso deve essere dunque integralmente rigettato. Consegue la condanna della ricorrente nelle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00= di cui Euro 3.000,00= per onorari.

I profili processuali della vicenda comportano la conferma delle statuizione sulle spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente nelle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00= di cui Euro 3.000,00= per onorari ed Euro 200,00= per spese. Conferma la statuizione sulle spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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