Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9772 del 13/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9772 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 996-2014 proposto da:
RAPICAVOLI ALFIO RPLLFA55A05C351U, elettivamente
domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE ZAMPINI, giusta delega a
margine del ricorso per revocazione;

– ricorrente contro
AMIAT – AZIENDA MULTISERVIZI IGIENE AMBIENTALE
TORINO SPA in persona dell’Amministratore Delegato, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RIPETTA 22, presso lo studio
dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati MARCO GUASCO, GIOVANNA
PACCHIANA PARRAVICINI, giusta delega a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 13/05/2015

- controrkorrente –

avverso la sentenza n. 24783/2013 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE del 25.9.2013, depositata il 05/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per la controricorrente l’Avvocato Alberto Costantini (per delega
avv. Gerardo Vesci) che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9
aprile 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Questa Corte, con sentenza n. 24783/13 del 5 novembre 2013, ha
dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Rapicavoli Alfio nei
confronti di AMIAT — Azienda Multiservizi Igiene Ambientale di
Torino ed avverso la decisione della Corte di appello di Torino del
29.9.2010 n. 783/10.
Di tale decisione chiede la revocazione ex art. 395, comma 10 n. 4
c.p.c. il Rapicavoli fondando il ricorso su un unico motivo.
L’AMIAT resiste con controricorso.
Orbene, con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce che la
sentenza n. 24783/13 sarebbe suscettibile di revocazione per errore di
fatto, ex art. 395 co. 4 0 c.p.c., costituito dall’omessa comunicazione del
decreto di fissazione della pubblica udienza ex art. 377 c.p.c. al
difensore costituito, avv. Giuseppe Zampini.
Espone: che l’avv. Zampini , nella prima pagina del ricorso per
cassazione, aveva chiesto espressamente, in forza degli artt. 133, 136 e
137 c.p.c., di voler ricevere gli avvisi ivi previsti al proprio numero di

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09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

telefax o al proprio indirizzo di posta elettronica o all’indirizzo di
posta elettronica certificata (Pec:
giuseppezampini@pec.ordineavvocatitorinolt) ; che la cancelleria
della sezione Lavoro di questa Corte, in data 13 giugno 2013, tentava
di comunicare, a mezzo fax, all’avv. Zampini che la udienza pubblica

aveva esito negativo ragion per cui veniva effettuata mediante notifica
presso la cancelleria; che il difensore di esso ricorrente, rimasto
all’oscuro della fissazione della udienza pubblica, non vi partecipava e
non depositava alcuna memoria ex art. 378 c.p.c., deposito che
avrebbe sicuramente effettuato come accaduto in altre cause
assolutamente identiche e per le quali l’avviso di fissazione dell’udienza
pubblica gli era stato ritualmente comunicato.
Assume: che la notifica presso la cancelleria era irrituale in quanto
sarebbe dovuta avvenire all’indirizzo di posta elettronica certificata
come previsto dall’art. 366 c.p.c.; che la Corte erroneamente aveva
ritenuto valida la comunicazione effettuata presso la cancelleria così
impedendo l’esercizio del diritto di difesa, in particolare, il deposito di
memoria ex art. 378 c.p.c. in cui il difensore avrebbe potuto illustrare
l’ammissibilità dei motivi di ricorso, come fatto in altre cause uguali
che si erano concluse con l’accoglimento del ricorso.
Il motivo è inammissibile se vengono condivise le argomentazioni
che seguono.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità l’errore di fatto
previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione
delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, deve
consistere in un errore di percezione risultante dagli atti o dai
documenti della causa direttamente esaminabili dalla Corte, vale a dire
quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui
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era stata fissata per il giorno 25 settembre 2013, ma la comunicazione

verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è supposta
l’inesistenza di un fatto la cui verità e positivamente stabilita, sempre
che il fatto del quale è supposta l’esistenza o l’inesistenza non abbia
costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a
pronunziare. E quindi, deve: 1) consistere in una errata percezione del

immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre
la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo
incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in
modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non
vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un
punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i
caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per
essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di
indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del
fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto
medesimo. Sicché detto errore non soltanto deve apparire di assoluta
immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua
constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini

ermeneutiche,

ma non può tradursi, in un preteso, inesatto

apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme
giuridiche e principi giurisprudenziali: vertendosi, in tal caso, nella
ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità
delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009,
nonché 22171/2010; 23856/2008; 10637/2007; 7469/2007;
3652/2006; 13915/2005; 8295/2005)..
Con riferimento al caso in questione questa Corte ha avuto modo di
precisare che: la mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza
di discussione ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. costituisce error in
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fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed

procedendo che non rientra nelle ipotesi di revocazione di cui all’art. 395
c.p.c., n. 4 e art. 391 bis cod. proc. civ. non potendosi considerare
come errore su un fatto processuale su cui è fondata la decisione
avente il requisito della decisività, atteso che non esiste un nesso
causale diretto fra l’omessa notificazione dell’avviso dell’udienza di

Suprema Corte come dimostrato dal fatto che la rimozione del vizio
della notificazione non implica l’adozione di una pronuncia sostitutiva
diversa da quella adottata, consentendo unicamente di procedere alla
fissazione di una nuova udienza di discussione, il che non è previsto
dalla normativa sulla revocazione (Cass. 7625/2012; Cass.
16615/2010; Cass. 17077/09; Cass. 16361/2006).
Per tutto quanto esposto, si propone la declaratoria di
inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 391 bis cod.
proc. civ..”
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della riportata relazione e, quindi,
dichiara inammissibile il ricorso.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.
Al presente giudizio, introdotto con ricorso notificato in data
successiva al 31/1/2013, va applicata la legge di stabilità del 2013 (art.
1, comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012), che ha
integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il
comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche
incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore
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discussione al difensore ed il contenuto della sentenza adottata dalla

importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà
atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al
periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del
deposito dello stesso”.

impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in
conformità.

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle
spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in
euro 2.500,00 per compensi compensi professionali, oltre rimborso
spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015

DEPOSITATO IN CANCELLMA

Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente

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