Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9771 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 23/04/2010), n.9771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – President – –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consiglie – –

Dott. BERNARDI Sergio – Consiglie – –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consiglie – –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.R. e T.G., residenti a

(OMISSIS), rappresentati e difesi per procura in calce al

ricorso

dall’Avvocato Otello Bigolin, elettivamente domiciliati presso lo

studio dell’Avvocato Pietrina Soprano in Roma, via Cornelio Nipote n.

31.

– ricorrenti –

contro

Ministero delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona

rispettivamente del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentali e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1/03 della Commissione tributaria di secondo

grado di Trento, depositata l’8.4.2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18.2.2010 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto il rigetto di

entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.R. e T.G. proposero distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Trento per l’annullamento di una serie di avvisi di accertamento e di rettifica che, sulla scorta di un accesso della Guardia di Finanza nel loro domicilio e del contestuale sequestro di documentazione relativa all’esercizio commerciale Ristorante Pizzeria e Bar da loro gestito in localita’ (OMISSIS), avevano recuperato a tassazione maggiori introiti a fini iva e irpef ed ilor per gli anni dal 1990 al 1995. A sostegno dei loro ricorsi i contribuenti eccepirono l’illegittimita’ degli atti impugnali per carenza dei presupposto dei gravi indizi di violazione di norme tributarie richiesto dalla legge per l’accesso domiciliare, il difetto di motivazione del relativo decreto del Procuratore della Repubblica di Trento che l’aveva autorizzato, la mancanza dei presupposti previsti per l’accertamento induttivo dei redditi, l’infondatezza della pretesa fiscale e, infine, il mancato riconoscimento in deduzione di costi.

Il giudice di primo grado, riuniti i ricorsi, li respinse e, in sede di gravame, la Commissione tributaria di secondo grado, con sentenza n. 1/03 dell’8.4.2003. confermo’ in parte la decisione impugnata, ritenendo che la richiesta di autorizzazione all’accesso domiciliare dei contribuenti formulata dalla Guardia di Finanza al Procuratore della Repubblica fosse sorretta da circostanze obiettive concretanti gravi indizi di violazione delle norme tributarie e che tutti gli accertamenti fossero sufficientemente motivati, nonche’ fondali in relazione ai documenti di contabilita’ parallela rinvenuti presso l’abitazione dei ricorrenti, che di per se’ giustificavano il ricorso al metodo induttivo ai fini della determinazione del reddito di impresa; la decisione, invece, accolse l’appello dei contribuenti con riferimento alla censura che lamentava il mancato riconoscimento in deduzione dei costi, osservando che, pur in mancanza di riscontri oggetti vi in ordine al loro ammontare, essi erano connessi con i maggiori redditi accertati, quantificando la relativa deduzione nella misura del 30% per ciascun anno.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 20.5.2004, ricorrono, sulla base di quattro motivi. C. R. e T.G.. Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso e propongono, a loro volta, ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza. Ancora in via preliminare vanno dichiarati inammissibili, perche’ tardivi, sia il controricorso che il ricorso incidentale avanzati congiuntamente dal Ministero delle Finanze e dall’Agenzia delle Entrate. Cio’ tenuto conto che mentre l’ultima notifica del ricorso principale proposto dai contribuenti e’ stato effettuata all’Avvocatura Generale dello Stato il 20.5.2004, il controricorso ed il ricorso incidentale risultano consegnati all’ufficiale giudiziario per la notifica il 2.7.2004 e quindi notificati il giorno stesso, vale a dire oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del ricorso principale, stabilito, a pena di inammissibilita’, dal combinato disposto dell’art. 370, comma 1, per il controricorso, e art. 371, comma 1, per il ricorso incidentale e dell’art. 369 c.p.c., comma 1. Il primo motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 ed omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversa, censurando la sentenza impugnata per avere respinto il motivo con cui i contribuenti avevano lamentato l’illegittimita’ per difetto di motivazione del provvedimento con cui il Procuratore della Repubblica di Trento aveva autorizzato l’accesso al loro domicilio. Sostiene al riguardo il ricorso che. nel caso di specie, la motivazione del provvedimento autorizzativi:), limitandosi a richiamare “l’esistenza di gravi indizi di violazioni all’I.V.A. ed all’imposizione diretta” non poteva reputarsi ne’ sufficiente ne’ adeguata, e che sul punto i giudici di secondo grado hanno respinto la censura senza indicare le ragioni della loro decisione. Ad avviso dei ricorrenti, inoltre, il provvedimento suddetto doveva comunque considerarsi illegittimo in quanto adottato in carenza del presupposto richiesto dalla legge, rappresentato dai gravi indizi di violazione, tenuto conto che la richiesta di autorizzazione all’accesso della Guardia di Finanza risultava giustificata esclusivamente in forza di elementi tratti da fonti anonime confidenziali, nei cui confronti non erano stati svolti accertamenti successivi; si trattava, pertanto, di elementi che, in quanto anonimi, non avrebbero dovuto nemmeno essere presi in considerazione e che, come tali, non avevano la dignita’ di indizi.

Il motivo appare fondato nei limiti di seguito precisati.

Dalla lettura del ricorso e della stessa sentenza impugnata risulta che i contribuenti avevano contestato, fin dall’atto introduttivo del giudizio, la legittimita’ dell’acquisizione della documentazione rinvenuta nel loro domicilio e sulla quale l’Ufficio finanziario aveva fondato il proprio accertamento, assumendo che il decreto del Procuratore della Repubblica che aveva autorizzato l’accesso era illegittimo per mancanza di motivazione e perche’ adottalo in assenza dei gravi indizi di violazioni fiscali, riproponendo quindi tale censura anche in grado di appello. La doglianza e’ stata poi respinta dalla Commissione tributaria regionale, che sul punto ha osservato:

“Nella richiesta formulata dalla Guardia di Finanza, seppure in termini laconici, sono individuale una serie di circostanze d’ordine indiziario sufficienti a consentire l’accesso nell’abitazione privata: si fa riferimento a fatti oggettivi di manomissione dei registratori di cassa: ad acquisti senza fattura, alla precisa indicazione che nei locali dell’abitazione privata si trova la documentazione relativa alla ditta.

Tali elementi, complessivamente considerati riferiti a fatti obiettivi, integrano gli estremi della gravita’ degli indizi tale da consentire cognita causa il rilascio dell’autorizzazione all’accesso nella dimora dei ricorrenti”.

Questo il capo della decisione di appello che viene investito dal motivo, solfo il duplice profilo della violazione di legge e dell’omessa motivazione.

Tanto precisato, si osserva che, in relazione alla contestazione che lamenta la mancanza di motivazione del provvedimento autorizzativo del Procuratore della Repubblica, la censura di violazione di legge formulata dai ricorrenti risulta inammissibile. Tale conclusione si impone in quanto, investendo la relativa doglianza l’omessa rilevazione da parte del giudice di merito della mancanza di motivazione del provvedimento suddetto, il ricorso avrebbe dovuto riprodurre, in omaggio al principio di autosufficienza, il testo integrale del provvedimento medesimo, al line di consentire a questa Corte, che, attesa la natura non processuale del vizio denunziato, non ha possibilita’ di accesso agli atti, di valutare la fondatezza e decisivita’ della censura medesima. Costituisce diritto vivente di questa Corte, infatti, il principio che il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

L’omessa riproduzione nel ricorso del testo del provvedimento del Procuratore della Repubblica impedisce quindi qualsiasi apprezzamento sulla fondatezza della censura di violazione di legge e determina, per l’effetto, l’inammissibilita’, in parte qua, del motivo.

Stessa sorte incontra la censura che lamenta che il giudice di merito non abbia dichiarato illegittimo il provvedimento di autorizzazione emesso dal Procuratore della Repubblica in ragione della circostanza che la richiesta di esso formulata dalla Guardia di Finanza si basava su elementi tratti da fonti anonime. Anche in questo caso infatti il ricorso, per come formulato, non rispetta il principio di autosufficienza, il quale nella specie richiedeva che, atteso che la circostanza in ordine alla natura anonima delle fonti utilizzate dalla Guardia di Finanza non emerge in alcun modo dalla sentenza impugnata, fosse precisato che tale contestazione era stata svolta dai contribuenti fin dal ricorso introduttivo e quindi da essi riproposta nell’atto di appello, riportandone il contenuto, nonche’ che fosse indicato da quale atto tale circostanza risultava, riproducendone il testo.

Viceversa appare fondata la denunzia di omessa motivazione della sentenza nella parte in cui ha respinto la censura di illegittimita’ del provvedimento del Procuratore della Repubblica per mancanza di motivazione. Ed invero la Commissione tributaria regionale, pur dando atto della proposizione di questa doglianza, l’ha respinta, come emerge dal passo della decisione sopra riportato, in forza della sola considerazione che il provvedimento autorizzativo risultava legittimamente emanato in presenza di gravi indizi di violazioni fiscali, richiamando al riguardo la richiesta motivata di accesso domiciliare della Guardia di Finanza. Trattasi pero’ all’evidenza di una motivazione non esaustiva, che risponde di fatto ad una soltanto delle contestazioni svolte dai contribuenti, in particolare a quella che criticava la sussistenza dei gravi indizi di violazioni di leggi tributane, lasciando invece senza risposta la doglianza relativa alla mancanza di motivazione del decreto autorizzativi del Procuratore della Repubblica. Ne’ si rinviene nella motivazione della sentenza alcun accenno ad un qualche legame testuale tra il provvedimento suddetto e la richiesta della Guardia di Finanza, su cui pure la sentenza giustamente si dilunga, in grado di far ritenere che il primo abbia fatto proprie le ragioni di fatto addotte da quest’ultima.

Il rilevato vizio di omessa motivazione appare rilevante ai fini della cassazione della sentenza impugnata, atteso che esso investe un punto decisivo della controversia. Costituisce orientamento consolidato di questa Corte, infatti, l’affermazione che il provvedimento del Procuratore della Repubblica che autorizza l’accesso domiciliare ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 in materia di iva e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 in materia di imposte sui redditi, deve essere, sia pure concisamente ovvero per relationem mediante recepimento dei rilievi svolti nella relativa richiesta, motivato a pena di nullita’ e che il giudice tributario ha il potere-dovere di verificare, nell’ambito ovviamente dei motivi di impugnativa. la presenza di tale requisito (Cass. n. 21974 del 2009;

Cass. n. 6836 del 2009; Cass. S.U. n. 16424 del 2002).

Il motivo va pertanto accolto limitatamente alla denunzia di omessa motivazione del capo della decisione che ha respinto la censura dei ricorrenti che denunziava l’illegittimita’, per mancanza di motivazione, del decreto del Procuratore della Repubblica che aveva autorizzato l’accesso presso il loro domicilio.

li secondo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56 ed omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversa, lamenta che la Commissione regionale abbia respinto la censura che denunziava la mancanza dei presupposti legittimanti gli avvisi di accertamento e che. in particolare, negava che la documentazione sequestrata presso il domicilio dei contribuenti avesse natura e contenuto di contabilita’ parallela o occulta.

Il terzo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 e dell’art. 2727 cod. civ. ed omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversa, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo il ricorso da parte dell’Amministrazione al metodo dell’accertamento induttivo.

Il quarto motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 ed omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversa, lamenta che la Commissione regionale, pur riconoscendo la detraibilita’ dei costi in quanto inerenti all’attivita’ esercitata, abbia quantificato tale detrazione, senza alcuna motivazione, nella misura del 30% dei maggior redditi accertati.

Tutti questi motivi si dichiarano assorbiti. La questione oggetto del motivo accolto concerne, infatti, il tema della legittimita’ del provvedimento di autorizzazione del Procuratore della Repubblica, che e’ tema necessariamente preliminare rispetto ai capi della decisione investiti dagli altri motivi, dal momento che la sua soluzione puo’ avere conseguenze sulla stessa utilizzabilita’ a fini di prova da parte dell’Ufficio della documentazione acquisita presso il domicilio dei contribuenti (Cass. n. 21974 del 2009; Cass. 6836 del 2009; Cass. S.U. n. 16424 del 2002), documentazione che, come risulta del tutto pacifico in causa, e’ stato posta a base dell’accertamento fiscale.

In accoglimento, nei limiti di cui in motivazione, del primo motivo di ricorso, la sentenza va quindi cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria di secondo grado di Trento, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

PQM

Riunisce i ricorsi; dichiara inammissibili il controricorso ed il ricorso incidentale avanzati dal Ministero delle Finanze e dall’Agenzia delle Entrate: accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese di giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria di secondo grado di Trento.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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