Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9770 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 23/04/2010), n.9770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – President – –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consiglie – –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consiglie – –

Dott. PERSICO Mariaida – Consiglie – –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12662-2005 proposto da:

SOCIETA’ “AZD AGRICOLA LA GHIRLANDINA SRL”, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.LE

CLODIO 14 presso lo studio dell’avvocato GRAZIAMI ANDREA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CERUTTI EUGENIO, procura

speciale Notaio Dr. POLITO DOMENICO in Borgomanero REP. 199587 del

5/2/2010;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VARALLO POMBIA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5 presso lo studio

dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FOGAGNOLO MAURIZIO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2003 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 18/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLUCCI ANGELO per delega Avv.

CERUTTI EUGENIO, che si riporta e deposita in udienza comparsa di

costituzione di nuovo difensore;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE UMBERTO, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Azienda Agricola la Ghirlandina s.r.l. ha impugnato il diniego di rimborso per ICI 1994 da parte del Comune di Varallo Pombia nonche’ gli avvisi di accertamento ICI per gli anni dal 1993 dal 1995, notificati dallo stesso Comune, assumendo la illegittimita’ degli avvisi e la propria soggettivita’ di imprenditore agricolo a titolo principale, come tale destinatario di disposizioni agevolate nel regime ICI. La Commissione Tributaria Provinciale di Novara ha rigettato il ricorso per quanto riguardava il diniego di rimborso per l’anno 1994, e lo ha accolto per le altre annualita’ sul presupposto del difetto di motivazione degli avvisi.

La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, accogliendo, con sentenza 18 maggio 2004, l’appello del 4 Comune ha ritenuto motivati gli avvisi di accertamento, in quanto avevano posto la contribuente in grado di controdedurre; insussistenti, in capo alla societa’ i requisiti per essere considerata “imprenditore agricolo a titolo principale” a’ sensi del D.Lgs. n. 228 del 2001, che ha modificato a L. n. 153 del 1975, art. 12, ammettendo a certe condizioni le societa’ di capitali a fruire di tale qualifica, condizioni nella specie non presenti nella compagine sociale della contribuente;

fabbricabile l’area assoggettata al tributo, per il solo fatto di essere indicata come tale negli strumenti urbanistici; inapplicabile il beneficio del cumulo ad omessi versamenti per piu’ annualita’ d’imposta; competente la Giunta Comunale a fissare le tariffe ICI. L’Azienda Agricola la Ghirlandina s.r.l. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di sette motivi.

Il Comune di Varallo Pombia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione a difetto di motivazione della sentenza impugnata sulla richiesta della ricorrente, rivolta ai giudici d’appello, di produrre gli atti inerenti l’istruttoria per il rilascio dell’autorizzazione all’attivita’ di agriturismo, documenti dai quali risulterebbe che il legale del Comune avrebbe espresso parere favorevole a qualificare la societa’ come imprenditore agricolo a titolo j principale. Sebbene l’ordine di esibizione di documenti i. rientri nel potere discrezionale del giudice, di merito, lo stesso deve motivarne il mancato esercizio, mentre la Commissione Regionale ha omesso ogni valutazione in proposito.

Col secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, della L. n. 241 del 1990, art. 3, dello Statuto del contribuente L. n. 212 del 2000, art. 7, nonche’ dell’art. 97 Cost. per difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, nei quali le aree del valore di L. 35.000,00=/mq, senza alcuna motivazione in ordine ai criteri di valutazione adottati (quale ad es. il riferimento ad aree analoghe), come previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, e senza tener conto che circa la meta’ dei terreni in questione dovrebbero essere ceduti al Comune in base alle previsioni urbanistiche. I predetti avvisi sono infatti atti amministrativi che debbono comunque esplicitare le ragioni giuridiche che li giustifichino.

Col terzo motivo si adduce la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58 e del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 3, in quanto la Commissione Regionale avrebbe valutato la fattispecie secondo leggi entrate in vigore successivamente agli anni in contestazione, nei quali la soggettivita’ passiva, a’ fini ICI, era differente.

Col quarto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione della Direttiva CEE 72/159 recepita con la L. n. 153 del 1975, interpretata dalla Commissione Regionale in senso contrario ai principi comunitari secondo cui “non si possono escludere dalla nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, taluni tipi di persone giuridiche per il solo motivo della loro forma giuridica, principi cui si e’ ispirato un arresto del 1995 di questa Corte (Cass. 4451/95) e il Consiglio di Stato (sent. 1057/87 e 12247/88), con la sola voce dissonante di una sentenza della Corte di Giustizia dell’1 gennaio 2001, peraltro relativa ad una Regione a Statuto speciale.

Col quinto motivo si sostiene che la Commissione Regionale ha violato il D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12, 16 e 17, laddove ha ritenuto validamente irrogate con gli avvisi di accertamento, e senza cumulo, sanzioni che dovevano essere applicate con avvisi separati dagli accertamenti e debitamente motivati, a’ sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17.

Col sesto motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 7 e 9, nonche’ vizio di motivazione della sentenza impugnata, che non ha considerato la natura agricola di terreni posti in zona collinare e quindi esentati dall’imposta, in quanto inferiori ai limiti di reddito previsti per l’imponibilita’ dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9.

Col settimo motivo, si sostiene la violazione della L. n. 142 del 1990, art. 32 in ordine alla delibera delle aliquote ICI effettuata dalla Giunta Comunale, mentre sarebbe stato competente il Consiglio Comunale.

La controricorrente, nel contestare le avverse doglianze, sottolinea, in relazione al primo motivo di ricorso, che la Legge regionale del Piemonte riguardante gli insediamenti agrituristici si riferisce in via generale agli imprenditori agricoli, come configurati dall’art. 2135 c.c. e non a quelli “a titolo principale” e, in relazione al secondo motivo, che gli avvisi di accertamento erano stati sufficientemente motivati col riferimento non soltanto della edificabilita’ dell’area e del valore/mq ad essa attribuibile, ma degli estremi catastali e del Piano regolatore che aveva stabilito la tipologia dell’area(destinata ad insediamenti turistico-recettivi, di ristoro e tempo libero), mentre la relazione di stima di tecnico esterno al Comune era stata dallo stesso Comune depositata nell’atto di costituzione in giudizio.

Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile.

La decisione del giudice d’appello per omessa pronuncia su una doglianza dell’appellante non e’ infatti censurabile per difetto di motivazione – ossia per motivazione insufficiente, contraddittoria o difforme dal consentito su un motivo comunque presente nella motivazione stessa – va eventualmente censurata a’ sensi dell’art. 112 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass. 12475/2004, – 27387/2005 – 12952/2007) comportando la nullita’ della sentenza impugnata. La denuncia proposta non coglie pertanto nel segno, riferendosi ad una violazione insussistente, perche’ il giudice d’appello puo’ implicitamente respingere una doglianza inconferente, come sembrerebbe quella nella specie proposta, che riguarda una legge settoriale, estranea alla presente fattispecie.

Il secondo motivo di ricorso e’ anch’esso inammissibile, per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riportato integralmente i dati esposti negli avvisi contestati, i quali – ove corrispondano a quelli esposti nel controricorso – appaiono sufficienti a rendere il contribuente edotto della pretesa al fine di predisporre la propria difesa;mentre la mancata allegazione della relazione di stima, comunque conoscibile dalla contribuente e in ogni caso successivamente prodotta non e’ in grado di inficiare la validita’ degli avvisi, dovendo l’obbligo di allegazione previsto dall’art.7 dello Statuto del contribuente riferirsi ad atti non altrimenti conoscibili (Cass. 5755/2005), e comunque non riprodotti, nel loro essenziale contenuto, nell’avviso (Cass. 1906/2008).

Il terzo e il quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, comportano l’infondatezza della tesi ivi sostenuta dalla “Ghirlandina” in ordine alla propria asserita qualifica di “imprenditore agricolo a titolo principale” in forza della legislazione anteriore alle modifiche della L. n. 153 del 1975, art. 12. Se e’ vero infatti che la Commissione Regionale non aveva ragione di richiamare, se non in via di rafforzamento interpretativo, il D.Lgs. n. 446 del 1997 e D.Lgs. n. 228 del 2001, che hanno diversamente qualificato la figura dell’”imprenditore agricolo a titolo principale”, ricadendo le annualita’ ICI in esame sotto la disciplina del combinato disposto della L. n. 153 del 1995, art. 10 (nella versione originale) e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, e’ vero anche che la definizione di tale “imprenditore agricolo” nella fattispecie applicabile resta comunque quella della L. n. 153 del 1975, art. 12, prima delle modifiche intervenute col D.Lgs. n. 228 del 2001, secondo la quale si considerava “a titolo principale l’imprenditore agricolo che dedichi all’attivita’ agricola due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dall’attivita’ medesima almeno due terzi del proprio reddito globale risultante dalla propria posizione fiscale”, cioe’ la persona fisica di cui il cit. art. 12 precisava le caratteristiche, richiedendo, al comma 3, oltre al requisito del reddito, titoli di studio specifico o attivita’ pregressa nel settore. Il riferimento alla giurisprudenza comunitaria, contenuto nella sentenza impugnata e richiamato dalla ricorrente, secondo la quale l’art. 2, n. 5 del Regolamento CEE n. 797/85, relativo al miglioramento delle strutture agrarie nella misura in cui conferisce agli Stati membri il compito di definire la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, non consente di escludere da detta nozione le societa’ di capitali per il solo motivo della forma giuridica (C. Giust. 18 dicembre 1986 in C-312/85)) non si attaglia alla fattispecie, avendo la stessa Corte di Giustizia, intervenuta con due successivi arresti in materia tributaria sulla nozione di “imprenditore agricolo a titolo principale”, affermato che “non e’ possibile ricavare dalle disposizioni del Trattato o dalle norme di diritto comunitario derivato una definizione comunitaria generale ed uniforme di “azienda agricola”, valida per tutte le disposizioni di legge e di regolamento concernenti la produzione agricola (C. Giust. 15/10/1992 in C-162/91 par. 19), riguardando il Regolamento 797/85 un regime di aiuti agli investimenti nel settore agricolo rigorosamente determinati, mentre altre modalita’ di aiuti (nella specie agevolazioni tributarie in tema di imposta di registro) riguardano esclusivamente il legislatore nazionale. Concetto quest’ultimo ovviamente estensibile al regime di altri tributi quale l’ICI, e ribadito con la sentenza della stessa Corte (sent. 11 gennaio 2001 n. 403 in C-403/98) nella quale si afferma (par. 26 e segg.) che le disposizioni dei Regolamenti Comunitari (e nella specie quelle dei Regolamenti 797/85 e 2328/91 in materia di aiuti agli investimenti nell’agricoltura) non producono tutte effetti immediati nell’ordinamento nazionale, ma richiedono norme attuative in assenza delle quali (par. 29)” l’art. 2, n. 5, u.c. del reg. 797/85 e art. 5, n. 5, u.c. del reg. 2328/91 (che sollecitano la parificazione delle persone giuridiche a quelle fisiche nel settore agricolo) non possono essere invocati davanti ad un giudice nazionale da societa’ di capitali al fine di ottenere il riconoscimento dello status di imprenditore agricolo a titolo principale allorche’ il legislatore di uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per la loro esecuzione nel suo ordinamento giuridico interno”; misure che possono in effetti riscontrarsi soltanto successivamente nel D.Lgs. n. 228 del 2001, di portata non retroattiva e che richiede comunque, per la societa’ di capitali che svolga attivita’ aiuti agli investimenti nel settore agricolo rigorosamente determinati, mentre altre modalita’ di aiuti (nella specie agevolazioni tributarie in tema di imposta di registro) riguardano esclusivamente il legislatore nazionale.

Concetto quest’ultimo ovviamente estensibile al regime di altri tributi, quale l’ICI, e ribadito con la sentenza della stessa Corte (sent. 11 gennaio 2001 n. 403 in C-403/98) nella quale si afferma (par. 26 e segg.) che le disposizioni dei Regolamenti Comunitari (e nella specie quelle dei Regolamenti 797/85 e 2328/91 in materia di aiuti agli investimenti nell’agricoltura) non producono tutte effetti immediati nell’ordinamento nazionale, ma richiedono norme attuative in assenza delle quali (par. 29)” l’art. 2, n. 5, u.c. del reg.

797/85 e art. 5, n. 5 u.c. del v. reg. 2328/91 (che sollecitano la parificazione delle persone giuridiche a quelle fisiche nel settore agricolo)non possono essere invocati davanti ad un giudice nazionale da societa’ di capitali al fine di ottenere il riconoscimento dello status di imprenditore agricolo a titolo principale allorche’ il legislatore di uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per la loro esecuzione nel suo ordinamento giuridico interno”; misure che possono in effetti riscontrarsi soltanto successivamente nel D.Lgs. n. 228 del 2001, di portata non retroattiva e che richiede comunque, per la societa’ di capitali che svolga attivita’ agricola – – requisiti che la contribuente non ha in alcun modo provato – secondo la sentenza impugnata – di possedere.

Coerentemente con quanto fin qui esposto, questa Corte ha in ultimo statuito (Cass. n. 14145 del 18/06/2009) in tema di ICI, che le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9 per gli “imprenditori agricoli che esplicano la loro attivita’ a titolo principale” si applicano unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle societa’ di capitali che svolgono attivita’ agricola, non rientrando queste ultime nella definizione di imprenditore agricolo a titolo principale risultante dalla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 (attuativa delle direttive CE nn. 72/159, 72/160 e 72/161 del Consiglio, del 17 aprile 1972), e considerato che la limitazione agli imprenditori agricoli individuali e’ stata successivamente ribadita ed, anzi, ulteriormente ristretta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 58, comma 2, mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali.

Si tratta in sostanza dell’applicazione del principio della cd.

efficacia verticale degli obblighi comunitari, che hanno efficacia diretta nell’ordinamento dello Stato membro sempre che siano dettati da norme incondizionate e sufficientemente precise (Cass. 19771/09, – 23937/2006) mentre la mera previsione di norme attuative – non tempestivamente adottate dallo Stato membro – impedisce al privato di chiederne al giudice nazionale la loro immediata applicazione.

Il quinto motivo di ricorso e’ invece fondato e va accolto. Il principio del cumulo sanzionatorio e’ infatti in via generale applicabile a meno che valutazioni di merito non conducano ad un diverso risultato (Cass. 9953/2000), in una fattispecie, peraltro, come quella in esame, in cui gli interventi della Corte comunitaria hanno introdotto elementi di incertezza nell’iniziale interpretazione giurisprudenziale della normativa di riferimento. Il giudice di rinvio valutera’ dunque l’opportunita’, rispetto alle violazioni rilevate, del cumulo di sanzioni, applicate separatamente per alcune annualita’, in assenza di specifica motivazione, come richiesta dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, tenendo presente il generale principio derivante dal combinato disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 e del D.Lgs. n. 473 del 1997, art. 16.

Sono invece infondati il sesto e il settimo motivo di ricorso, perche’ l’esenzione ICI riguardante i terreni montali e collinari di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. g) si riferisce ai soli terreni agricoli, e non a quelli inseriti come fabbricabili nel PRG, mentre le aliquote ICI sono state legittimamente adottate, per le annualita’ in esame dalla Giunta Comunale la cui competenza in materia, originariamente stabilita dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6, comma 1, e’ stata transitoriamente trasferita al Consiglio Comunale, a’ sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 53 dal 1 gennaio 1997 all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 267 del 2000. Riferendosi l’aliquota il questione al 1996, sussisteva per quell’anno la competenza della Giunta Comunale, ripristinata successivamente dall’art. 18 del D.Lgs. 267/2000 cit. (Cass. 6603/2008; 20042/2004).

Conclusivamente pertanto, accolto il quinto motivo di ricorso, gli altri vanno rigettati, con rinvio degli atti, in ordine ad un rinnovato calcolo delle sanzioni, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che liquidera’ anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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