Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9767 del 23/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 9767 Anno 2013
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 13025-2009 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PARMA 01874230343,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI
39, presso lo studio dell’avvocato GIUFFRE’ ADRIANO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2012

MONEGATTI EUGENIA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

4060
contro

ORSI ANNAMARIA, MORINI ANDREA, TAMANI ALESSANDRO,
UNGARI DANIO IVO, MELEGARI MIRELLA, CAVALCA MAURO,

Data pubblicazione: 23/04/2013

PAVESI PIER LORENZO, tutti elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo studio
dell’avvocato BIASIOTTI PIERO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARIA ANGELA SEEBER,
giusta procura notarile alle liti in atti;

nonchè contro

FOSCO PAGLIARI;
– intimato –

avverso la sentenza n. 859/2008 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 10/02/2009 R.G.N.
1081/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2012 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato GIUFFRE’ ADRIANO;
udito l’Avvocato BIASIOTTI PIERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– resistenti con procura –

Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Parma che nel resto

La Corte, per quanto qui ancora interessa, ha evidenziato che nel ricorso di primo grado era stato
chiaramente esposto che l’ indennità di Polizia Giudiziaria era stata chiesta dai dirigenti medici
veterinari i quali assumevano di avere espletato funzioni di P.G. ed avevano, a tal fine, prodotto, nel
corso del giudizio di primo grado, documentazione attestante il possesso della qualifica di Ufficiali di
P.G.. Inoltre ha sottolineato che, la tardiva produzione documentale, pur tempestivamente contestata in
primo grado, era stata implicitamente ritenuta ammissibile dal Tribunale e non era stata oggetto di
specifica impugnazione da parte della ASL, di tal che, sotto tale profilo, la sentenza non poteva essere
riesaminata.
Quanto alle altre censure, esaminate congiuntamente in considerazione della loro connessione logico
giuridica , la Corte ha ritenuto che le stesse fossero fondate per il periodo antecedente l’entrata in vigore
dell’art. 52 del c.c.n.l. 3.11.2005.
Al riguardo il giudice d’appello ha osservato che l’indennità, istituita dall’art. 43 comma 3 della legge
1.4.1981 n. 121 era, ab origine, limitata ai soli dipendenti pubblici che espletavano funzioni di polizia in
considerazione dei “contenuti di professionalità richiesti, nonché alla re.sponsabilità ed al rischio connessi al servizio”.
Da ciò il giudice d’appello ha desunto che la stessa era prevista in modo specifico per il personale della
Polizia di Stato. Pertanto si trattava esclusivamente dei lavoratori in regime di diritto pubblico ai quali è
riconosciuto questo specifico stato giuridico di funzioni di polizia (art. 3 d.lgs. n. 165 del 2001), che
lavorano in regime contrattuale e per i quali il trattamento economico è stabilito dai contratti collettivi
(art. 45 in relazione all’art. 2 comma 3 del d.lgs. n. 165 del 2001).
Analizzata quindi la normativa collettiva applicabile al personale sanitario che svolge anche funzioni di
Polizia Giudiziaria ( art. 55 d.p.r. n. 270/1987, art. 46 d.p.r. n. 384/1990, art. 44 c.c.n.l. 1.9.1995 per i
dipendenti della sanità pubblica ed art. 60 c.c.n.l. 12.9.1996 nella parte specifica relativa alla dirigenza
medica e sanitaria) ha escluso, in esito ad un’analitica ricostruzione, che l’indennità fosse dovuta anche
al personale dell’area medica-veterinaria.
La Corte d’appello ha tuttavia evidenziato che lo scenario normativo descritto era mutato per effetto
dell’entrata in vigore del ccill 3.11.2005 che all’art. 52 ha previsto in favore dei dirigenti medici e
veterinari l’erogazione di una indennità mensile, subordinata allo svolgimento effettivo delle funzioni
ispettive e di controllo previste dall’art. 27 d.p.r. 24.7.1977 n. 616 e dall’art.3 della 1. 30.4.1962 n. 283.
In sostanza il giudice d’appello ha accertato che a seguito di tale disposizione contrattuale, entrata in
vigore dal gennaio 2002, come previsto dall’art. 2 del c.c.n.l. citato, l’indennità introdotta dalla norma
collettiva dovesse essere erogata per effetto dell’attribuzione in concreto delle funzioni ispettive e di
controllo di polizia giudiziaria al personale appartenente alla dirigenza medico veterinaria.

r.g. n. 13025/2009

F.Garri

ha confermato, ha dichiarato che la ASL di Parma era tenuta ad erogare agli appellati, tutti medici
veterinari dalla stessa dipendenti, l’indennità Ufficiale di Polizia Giudiziaria prevista dall’art. 52 c.c.n.l.
del 3 novembre 2005 e l’ha condannata al pagamento delle somme con tale decorrenza maggiorate di
interessi legali dal trentunesimo giorno successivo al 3 novembre 2005.

Accertato quindi, sulla base delle dichiarazioni rese dalle parti nel corso del giudizio, che a decorrere dal
maggio 2006 l’indennità era stata erogata e che gli arretrati sarebbero stati corrisposti sin dalla data di
stipulazione del c.c.n.l. (3.11.2005), il giudice d’appello ha escluso che la domanda di erogazione
dell’indennità a norma del citato art. 52 c.c.n.l. 2005, formulata in via subordinata solo nell’atto di
appello, potesse essere ritenuta inammissibile perché nuova.

riferimento soggettivi ed oggettivi in quanto il fatto costitutivo della domanda restava, sempre, lo
svolgimento di una attività di polizia giudiziaria da parte dei medici veterinari alle dipendenze della ASL,
in aggiunta ai normali compiti di polizia veterinaria.
Che le norme richiamate in ricorso rappresentavano solo i parametri di riferimento per stabilire se e da
quando la funzione di ufficiale di P.G. dovesse essere o meno retribuita.
Che il c.c.n.l. del 2005, richiamato nell’atto di appello, era stato sottoscritto il 3.11.2005, dopo il
deposito della sentenza che aveva deciso il ricorso tra le parti in primo grado (depositata il 6.9.2005).
Che pertanto il primo atto utile per prospettare l’applicabilità della disposizione sopravvenuta, con
richiesta di riduzione della domanda al periodo successivo il gennaio 2002, era proprio il ricorso in
appello.
Quanto alla decorrenza dell’indennità riconosciuta come spettante, istituita solo con il c.c.n.l. del 2005,
il giudice d’appello ha ritenuto che il tenore letterale dell’art. 52 che prevede esplicitamente che
l’indennità competa “dall’ entrata in vigore del presente contratto”, (contenuto nella parte economica del
c.c.n.l. 2005) e dell’art. 2 del contratto stesso ( il quale dispone che tutti i benefici economici decorrono
dal 1 gennaio 2002) il compenso, nel ricorso dei presupposti per fruire dell’indennità in questione,
dovesse essere erogato proprio da tale data.
Con riguardo infme alla sussistenza dei requisiti fattuali per poter ottenere il compenso (attribuzione
della qualifica di ufficiale di P.G. e svolgimento delle funzioni di ufficiale di P.G. ex artt. 55 e ss. c.p.p.)
la Corte li ha desunti dalle buste paga del novembre 2005, che erogando il compenso, attestano
implicitamente l’avvenuto svolgimento dell’attività, e dai tesserini U.P.G. (rilasciati dalla competente
Autorità Giudiziaria e depositati nel corso del giudizio di primo grado) che autorizzano lo svolgimento
di funzioni proprie della figura del medico veterinario quali previste dall’art. 3 della 1. n. 283/1962 che
dispone che le ispezioni ed i prelievi di campioni sono effettuati da persone che “nei limiti del servizio a cui

sono destinate e secondo le attribuzioni ad esse conferite, sono ufficiali o agenti di polizia giudiziaria e possono, in ogni
caso, richiedere, ove occorra, l’assistenza della forza pubblicd’.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma affidato a
tre motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..
I resistenti hanno depositato procura ad eccezione di Fosco Pagliari che è rimasto intimato.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione degli artt. 434, 437, 342, 345, 112 c.p.c. oltre
che il vizio di motivazione su un punto decisivo per il giudizio.

r.g. n. 13025/2009

F.Garri

La Corte territoriale ha, infatti, osservato che l’azione proposta è restata immutata nei suoi termini di

In particolare viene chiesto alla Corte di accertare se “la Corte d’appello abbia violato le norme
processuali richiamate ( 342 e 434 c.p.c. effetto devolutivo appello; 345 e 437 c.p.c. divieto nuove
domande; 112 c.p.c. non pronunciare oltre il thema decidendum) esaminando istruendo e decidendo la
domanda subordinata per la prima volta proposta dagli appellati nella memoria di costituzione nel
giudizio di appello in quanto idonea ad introdurre un nuovo tema di indagine nell’ambito del giudizio
impugnatorio, che avrebbe invece dovuto e potuto agevolmente essere azionata autonomamente dai
lavoratori nel rispetto della procedura conciliativa del doppio grado del giudizio e del diritto di difesa

Con il secondo motivo, poi, è denunciata la violazione dell’ art 52 e 2, comma 2, del ccn1 comparto
sanità pubblica area della dirigenza medica veterinaria 3.11.2005 anche sotto il profilo del vizio di
motivazione per violazione dei canoni di ermeneutica in ordine alle norme contrattuali collettive
interpretate.
Sostiene la Asl che, anche a ritenere applicabile la disposizione collettiva sopravvenuta, in ogni caso
erroneamente la corte territoriale avrebbe ritenuto spettante l’indennità dal 1.1.2002 e non, come
spontaneamente riconosciuto dall’Azienda, a decorrere dal 4.11.2005.
Ad avviso della azienda ricorrente la data di entrata in vigore del contratto non coincide con la
previsione dell’art. 2 comma 1 del contratto stesso ( vale a dire dal 1.1.2002), ma piuttosto, in aderenza
al disposto del secondo comma dell’art. 2 citato, dal momento in cui il contratto ha acquistato “efficacia
giuridica” e, quindi, dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto stesso, fatta eccezione
per i casi in cui sia prescritta dal contratto stesso una data diversa. Poiché l’indennità di UPG è un
emolumento economico introdotto dal contratto e la sua disciplina è condizionata all’accertamento dei
presupposti contrattuali ai quali è ancorata, la stessa, in mancanza di una espressa previsione in tal
senso, non avrebbe efficacia retroattiva, antecedente la stipula del contratto stesso. Rammenta che in tal
senso si è espressa sia la Circolare della Regione Emilia Romagna del 15.5.2006 (doc. 8 appellati — all. 6)
oltre che l’ ARAN, con la risposta del 26.6.2007 (all. 7). Chiede pertanto che la Corte accerti se “è
corretta l’applicazione dell’art. 52 e 2 cali 3.11.2005 qualificando l’indennità di U.P.G. , definita dal
contratto come trattamento accessorio legato alle particolari condizioni di lavoro da applicare “a
decorrere dall’entrata in vigore del contratto” come ” trattamento economico a carattere automatico e
vincolato” ed ancorato per tale ragione la decorrenza al termine di “validità” del contratto e non a
quello di “efficacia giuridica”. Con riferimento poi al denunciato vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. chiede alla
Corte di stabilire se sulla base delle regole dell’ermeneutica, ed in particolare sotto il profilo testuale e
sistematico, alla luce dell’art. 2 co.2 ccnl 2005, del parere ARAN 26.6.2007 e della circolare Emilia
Romagna 15.5.2006, la natura accessoria e condizionata all’accertamento dei requisiti della nuova
indennità, ne comporti, logicamente, l’irretroattività.
Il terzo motivo di ricorso attiene alla errata valutazione delle prove acquisite al giudizio ed in particolare
all’inidoneità dei tesserini UPG rilasciati dall’Autorità Giudiziaria a dimostrare l’attribuzione della
qualifica di U.P.G. e lo svolgimento delle relative funzioni ai sensi, e per gli effetti, dell’art. 55 e ss.
c.p.p..
Preliminarmente si deve precisare che il resistente Morini Andrea, che non risulta indicato
nell’intestazione della sentenza d’appello, e che tuttavia è stato ritualmente intimato dalla odierna
r.g. n. 13025/2009

(t.

F.Garri

delle parti come eccepito all’udienza di discussione dell’8.5. 2008 dalla difesa dell’Azienda appellante.”

ricorrente ed ha provveduto a depositare la procura alle liti per questo giudizio di cassazione, era
effettivamente parte nel giudizio di appello. L’omessa menzione del suo nominativo nella sentenza è,
pertanto, riconducibile ad un mero errore materiale. Tale accertamento è eseguito d’ufficio nell’ambito
dei poteri di controllo che questa Corte deve esercitare in relazione all’ammissibilità del ricorso
mediante un diretto esame degli atti processuali (cfr. Cass. 23670/2011 per un caso assimilabile).
Sempre ai fini di una corretta qualificazione delle posizioni processuali delle parti nel giudizio si deve
procura per il presente giudizio (cfr. procura depositata in atti che non riporta né il nome né la firma del
Pagliari).
Venendo quindi all’esame delle censure formulate dall’Azienda Unità sanitaria Locale di Parma, ritiene
la Corte che la prima delle censure sia fondata.
A norma dell’art. 345 c.p.c., infatti, non è possibilità di dedurre ed allegare in appello circostanze nuove
cui siano connesse domande, mai prima formulate, e avanzate, sia pure, in via meramente subordinata
al mancato accoglimento della domanda principale.
Costituisce infatti mutamento della “causa petend?’, che implica una modifica della domanda, possibile
solo in primo grado e unicamente previa autorizzazione del giudice a norma dell’art. 420 cod. proc. civ.,
l’invocare, a sostegno della domanda, una regolamentazione di fonte pattizia non dedotta nell’atto
introduttivo del giudizio.
In tal caso viene alterato il fatto che giustifica la pretesa nei suoi elementi materiali. Non si è in
presenza di una mera diversa qualificazione giuridica dei fatti, ma piuttosto di una nuova causa petendi
inammissibile in appello (cfr. Cass. n.12460/2003 ed ivi cit. Cass. 11 maggio 2002 n. 6794, Cass. 1
marzo 2001 n. 2938, Cass. 14 luglio 2001 n. 9401, Cass. 20 aprile 1998 n. 4008).
In sostanza, quando la pretesa risulti fondata su elementi e circostanze non prospettati in precedenza,
che comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato ed introducano nel processo un
nuovo tema di indagine, si viene ad alterare l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della
controversia. In tal caso, infatti, non viene in questione solamente una diversa qualificazione giuridica
del fatto allegato ma, una vera e propria modificazione del tema d’indagine (cfr. anche cass. n.
20265/2005). Ove si configuri il caso di deduzioni fatte per la prima volta in appello, queste devono
essere dichiarate, anche d’ufficio, inammissibili dal giudice del gravame (v. anche Cass. 22/10/2010 n.
21760).
E’ proprio questa la situazione che si è verificata nel caso in esame.
La Corte d’appello, infatti, ha escluso, andando di contrario avviso rispetto a quanto deciso dal
Tribunale, che l’indennità di Polizia Giudi7iaria prevista dall’art. 55 del d.p.r. n. 270 del 1987 per il
personale sanitario non medico, per la sua collocazione ed il suo tenore testuale, potesse essere
riconosciuta anche al personale dell’area medica. Ha evidenziato, infatti, che nella parte relativa alla
disciplina economica del personale dell’area medica del citato d.p.r., non vi era alcun riferimento a tale
indennità; che la stessa non era neppure menzionata dall’art. 111 che individuava gli istituti comuni
alle due aree (sanitaria non medica e medica); che anche in base all’ art. 44 del d.p.r. citato l’indennità
chiesta non poteva essere riconosciuta al personale della dirigenza veterinaria della ASL. Ripercorrendo,
quindi, l’intero iter normativo degli aspetti economici dell’area medica (comprensivo dei medici
veterinari), è giunto alla determinazione che solo per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 52 del
c.c.n.l. 3.11.2005 lo scenario è mutato ai dirigenti medici veterinari è stata espressamente attribuita,
r.g. n. 13025/2009

F.Garri

osservare che, diversamente da tutti gli altri intimati, il resistente Fosco Pagliari non ha sottoscritto la

dall’autorità amministrativa competente, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria e, di conseguenza,
il diritto a percepire un indennità mensile lorda del valore annuo di € 723,04 in relazione allo
svolgimento effettivo delle funzioni di controllo ed ispettive previste dall’art. 27 d.p.r. n. 616/1977 e
dall’art. 3 della 1. n. 30/1962.
Tale ricostruzione dei fatti, pur condivisibile, con riguardo allo specifico giudizio, non considera tuttavia
che la domanda di applicazione dell’ art. 52 del ccril 2005, ed il conseguente riconoscimento della
indennità di U.P.G. da tale norma prevista per il personale dell’area medica veterinaria, è stata però
formulata solo in appello. Più esattamente erra la Corte territoriale nel ritenere che tale domanda ,
specifica dell’attività di polizia giudiziaria svolta, non debba essere qualificata come domanda nuova.
La Corte territoriale non considera che le norme che prevedono le due indennità ( l’art. 55 d.p.r.
270/1987 e l’art. 52 ccn1 3.11.2005) presentano sostanziali elementi differenziali che non consentono di
ritenere che i presupposti di fatto delle due indennità siano i medesimi e dunque che ci si trovi in
presenza di una mera interpretazione di fatti già allegati in relazione alla medesima indennità
semplicemente estesa ad una categoria più ampia di destinatari.
Le norma collettiva che riconosce al personale dell’area medica l’indennità di U.P.G., diversamente da
quella del d.p.r. 270/1970, prevede infatti diverse modalità di acquisizione della qualifica di ufficiale di
polizia giudiziaria ed inoltre la disposizione collettiva contiene un esplicito richiamo all’art.3 della L. n.
283/62 (assente nel testo dell’art.55 DPR 270/87).
La norma collettiva privilegia l’aspetto sostanziale dell’attribuzione dell’incarico ispettivo e di controllo
e, diversamente dalla disciplina del d.p.r. n. 270/1987, non prevede alcun particolare meccanismo per il
formale conferimento della qualifica.
In sostanza per i dirigenti medici e veterinari assume rilievo decisivo ed esclusivo, ai fini dell’insorgenza
del diritto all’indennità prevista dall’art.52 del CCNL del 2005, il concreto esercizio delle funzioni
ispettive e di controllo previste sia dall’art.27 del d.p.r. n. 616/1977 sia dall’art.3 della L. n. 283/1962.
Per contro, nel vigore della precedente normativa, il diritto all’indennità era subordinato ad un
meccanismo di formale nomina prefettizia stabilito, dall’art.27 del citato d.p.r. n. 616/1977. Solo il
personale addetto alla materia infortunistica e di igiene del lavoro ne poteva beneficiare.
Nel vigore della nuova disciplina collettiva, secondo il disposto dell’art.3 della legge n.283/1962, viene
affiancata un’attività, del tutto diversa ed ulteriore, di ispezione e di prelievo di campioni negli
stabilimenti ed esercizi pubblici, dove si producano, si conservino in deposito, si smercino o si
consumino le predette sostanze, nonché sugli scali e sui mezzi di trasporto.
In definitiva, una lettura comparata delle due disposizioni fa emergere con evidenza che,
contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’appello, ci si trova in presenza di indennità erogate
non solo a soggetti diversi ma anche sulla base di presupposti di fatto differenti e subordinata allo
svolgimento effettivo dell’attività e non alla mera attribuzione della qualifica.
Questi elementi, unitariamente considerati, convincono della erroneità della affermazione della sentenza
impugnata.

r.g. n. 13025/2009

F.Garri

stante l’ identità dei soggetti attivi e passivi e del fatto che oggetto della richiesta è la remunerazione

Non è sostenibile infatti che nel caso di una pretesa che, come quella in esame, si fondi su presupposti
di fatto almeno in parte differenti da quelli originari ci si trovi in presenza di una semplice emendatio che
incide sulla causa petendi soltanto modificando l’interpretazione o qualificazione giuridica del medesimo
fatto costitutivo del diritto, ovvero su una mera limitazione del petitum, per renderlo più idoneo al
concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere in giudizio (cfr. in tal senso Cass
17457/2009, n. 7579/2007, n. 6468/2007, n. 7524/2005).
Alla luce di tali assorbenti considerazioni il primo motivo di ricorso deve essere accolto, la sentenza
cassata, e le domande proposte dagli odierni intimati respinte. Poiché è stata accolta la censura mossa
avverso l’unica ratio decidendi della sentenza resta assorbito l’esame delle altre censure.
All’accoglimento del ricorso consegue la condanna degli intimati al pagamento delle spese del presente
giudizio ex art. 91 cod. proc. civ..
Deve farsi applicazione del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli avvocati di cui al D.M. 20
luglio 2012, n. 140, Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di
un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi
dell’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, conv., con modificazioni, in 1. 24 marzo 2012 n. 27. L’art. 41 di
tale Decreto n. 140/2012, aprendo il Capo VII relativo alla disciplina transitoria, stabilisce che le
disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive all’ entrata in vigore del
Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012.
Tenuto conto dello scaglione di riferimento della causa; considerati i parametri generali indicati nell’art.
4 del D.M. e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (fase di studio, fase introduttiva e fase
decisoria) nella allegata Tabella A, i compensi sono liquidati nella misura omnicomprensiva di €
3.000,00 e di € 40,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Quanto alle spese degli altri gradi di giudizio si reputa equo compensarle tra le parti in considerazione
della oggettiva complessità del quadro normativo sottoposto all’esame dei giudici di merito.

PQM
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e assorbiti gli altri, decidendo nel merito, respinge la
domanda proposta con il ricorso di primo grado dagli odierni intimati.

r.g. n. 13025/2009

F.Ga rri

In aderenza ai criteri indicati dalla giurisprudenza ai fini dell’interpretazione dell’art. 345 c.p.c., comma
1, è domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello, quella che, alterando anche uno
soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introduca una causa petendi fondata su situazioni
giuridiche non prospettate in primo grado, inserendo nel processo un nuovo tema d’indagine, sul quale
non si sia formato in precedenza il contraddittorio.
Non v’è dubbio, allora, che nel caso in esame si sia in presenza di una inammissibile mutati° libelli. Ed
infatti si introduce nel processo una causa petendi fondata su circostanze e situazioni giuridiche non
prospettate prima e si pone al giudice un nuovo tema d’indagine spostando, in parte i termini della
controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare
funzionamento del processo.

Così deciso in Roma il 28 novembre 2012

il Consigliere estensore

Compensa interamente tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna gli intimati soccombenti, in
solido al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in € 3040,00 di cui € 40,00 pet irirrerzti ed
€ 3000,00 per compensi professionali oltre I.V.A. e C.P.A..

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA