Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9764 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 14/04/2021), n.9764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30141-2019 proposto da:

IUVENIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati PIETRO COLUCCI, ANGELO CIMA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2887/7/2019 della COMMSSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Iuvenia s.r.l. ha impugnato una cartella di pagamento di interessi per il periodo 12 dicembre 2011 – 12 novembre 2012, a seguito di revoca della sospensione di una precedente cartella, deducendone (per quanto rileva in questa sede) il difetto di motivazione, per mancata indicazione del tasso di interessi e del metodo di calcolo.

La Commissione tributaria provinciale di Benevento ha rigettato il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza n. 2887/07/2019, depositata il 2 aprile 2019, ha rigettato l’appello della contribuente, osservando che il calcolo degli interessi è stabilito da norme di legge, sulla base di un tasso determinato con decreto del Ministero delle Finanze in relazione alla media dei tassi bancari attivi, per cui il relativo dato è conoscibile da parte del contribuente, in quanto determinato con provvedimento generale.

Propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la società contribuente; resiste con controricorso l’ente impositore.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3; e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che il calcolo degli interessi, i cui presupposti sono stabiliti ex lege, deve ritenersi conosciuto dalla contribuente. Deduce la ricorrente che la cartella “che non riporta il calcolo degli interessi sul debito tributario” è nulla, in quanto non consente al contribuente di verificare la correttezza della pretesa impositiva.

2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza, di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 3 e 4, assumendo la ricorrente che la motivazione resa dal giudice d’ appello sarebbe meramente apparente.

3.11 secondo motivo, che predicando la nullità della sentenza impugnata potrebbe rivelarsi assorbente, è infondato.

Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, la cui lesione è individuabile nelle ipotesi, oltre che di mancanza grafica della motivazione, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

Inoltre, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153).

Nella specie la CTR ha ritenuto che “l’applicazione e il calcolo degli interessi sono stabiliti per espresso dettato normativo: gli interessi di mora son calcolati secondo il tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle Finanze (..1 il tasso annuo degli interessi è noto e conoscibile da parte del contribuente perchè determinato con provvedimento generale”, così argomentando in ordine alla ritenuta irrilevanza del contenuto della cartella in materia, sulla base dell’esistenza di univoci e conoscibili indici esterni all’atto, in grado di rendere note al debitore le modalità di calcolo.

La motivazione della sentenza impugnata non è quindi inferiore al minimo costituzionale richiesto per illustrare la ratio decidendi della decisione.

4. Il primo motivo è inammissibile.

Non risulta infatti adempiuto, con riferimento alla cartella impugnata ed all’atto presupposto del credito erariale che ne è oggetto, il requisito di forma-contenuto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che richiede la specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali esso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).

Inoltre, sempre ai fini dell’ammissibilità del ricorso, questa Corte ha già chiarito che in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale in merito al giudizio sulla congruità della motivazione dell’atto impositivo, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione dello stesso atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 16147 del 28/06/2017; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 28570 del 06/11/2019, ex plurimis).

Tanto premesso, ferma l’inammissibilità del motivo, esso è comunque infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento deve ritenersi congruamente motivata, quanto al calcolo degli interessi, mediante il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta ed al conseguente periodo di competenza, essendo il criterio di liquidazione degli stessi predeterminato ex lege e risolvendosi, pertanto, la relativa applicazione in un’operazione matematica (Cass., Sez. V, 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., Sez. V, 8 marzo 2019, n. 6812; Cass., Sez. VI, 7 giugno 2017, n. 14236). Sicchè in questo caso “il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi in questi casi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima. Tale principio, mutatis mutandis, è valido anche per la specie in quanto il richiamo (contenuto nella cartella) all’atto impositivo divenuto definitivo svolge la stessa funzione della “dichiarazione” quanto alla “condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale”, anche ai fini del controllo (meramente aritmetico) della esattezza delle somme richieste (come nel caso) per “interessi… per ritardato o omesso pagamento” sulle imposte indicate in detto atto impositivo (Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613)”. Persino ove manchi l’emissione del decreto ministeriale che determina annualmente la misura degli interessi di mora computabili dalla notifica della cartella fino alla data del pagamento, il tasso viene determinato ex lege sulla base del tasso fissato dall’ultimo decreto pubblicato, che resta efficace fino alla deliberazione del nuovo provvedimento (Cass., Sez. V, 6 agosto 2020, n. 16778), così consentendo in ogni caso al contribuente di controllare quale sia il tasso di interesse applicato.

Ne consegue che appare legittimo il riferimento al calcolo degli interessi maturati ex lege ove sia incontestata la sorte capitale (proveniente dal precedente atto impositivo oggetto di sospensione) e il periodo per il quale sono maturati gli interessi (indicato nello stesso ricorso), risolvendosi la determinazione degli accessori in una mera operazione matematica, che consente il raffronto con i tassi determinati ex lege, per la quale non ricorre obbligo di specifica motivazione.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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