Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9762 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 14/04/2021), n.9762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29804-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, (C.F. (OMISSIS)), in persona

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MENFI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1570/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Comune di Menfi ha impugnato un diniego di rimborso dei versamenti effettuati, a titolo di tassa sulle concessioni governative, per l’impiego di apparecchiature per il servizio radiomobile per gli anni d’imposta 2008 – 2010, ritenendo l’illegittimità del prelievo.

La Commissione tributaria provinciale di Agrigento ha accolto il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con la sentenza n. 1570/14/2019, depositata il 12 marzo 2019, ha rigettato l’appello dell’Ufficio.

Ha ritenuto il giudice di appello che la tassa in oggetto, già prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, tariffa allegata, art. 21, non sia più dovuta all’esito dell’entrata in vigore del codice delle comunicazioni elettroniche e della conseguente abrogazione del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 38, in quanto la liberalizzazione dei servizi di comunicazione ha fatto venir meno il regime concessorio e la conseguente imposizione fiscale. Inoltre, il giudice d’appello ha disapplicato il D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, che disciplina il Regolamento di applicazione del servizio radiomobile pubblico al servizio di telefonia mobile.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a un unico motivo; l’ente territoriale intimato non si è costituito in giudizio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 641 del 1972, tariffa annessa, artt. 13-bis e 21; del D.P.R. n. 156 del 1973, art. 318; del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 159, artt. 160 e 218 (codice delle comunicazioni elettroniche); del D.L. 28 gennaio 2014, n. 4, art. 2, comma 4, convertito dalla L. 28 marzo 2014, n. 50; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 74, comma 1, (TUIR); nonchè del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto abrogato il regime concessorio per l’impiego delle apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione, già previsto dal D.P.R. n. 641 del 1972, tariffa annessa, art. 21. Deduce il ricorrente che il presupposto impositivo della suddetta tassa è il rilascio, da parte del gestore del servizio radiomobile di comunicazione (telefonia mobile), del contratto di abbonamento telefonico, che tiene luogo della licenza, già prevista dal D.P.R. n. 156 del 1973, art. 318, norma trasfusa nel D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 160, comma 2 ed applicabile ai telefoni cellulari, come disciplinato dal regolamento di cui al D.M. n. 33 del 1990.

1.1. Il ricorso è fondato.

Secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, permane l’applicabilità agli abbonamenti per il servizio di telefonia cellulare della tassa di concessione governativa, come disciplinata dal D.P.R. n. 641 del 1972, art. 21, a norma del D.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, art. 318, riprodotto nel D.Lgs. n. 259 del 1973, menzionato art. 160, del D.M. n. 33 del 1990, art. 3, (in particolare, di quest’ultimo articolo, comma 2) e del D.L. 13 maggio 1991, n. 15, nonchè alla stregua della norma di interpretazione autentica di cui al D.L. 24 gennaio 2014, n. 50, art. 2, comma 4. Tale impianto normativo ed il relativo presupposto impositivo sono stati ritenuti legittimi in relazione ai canoni dello Statuto del contribuente, nonchè vincolanti per l’interprete (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25522; Cass., Sez. U., 2 maggio 2014, n. 9560; Cass., Sez. V, 14 dicembre 2012, n. 23052) e conformi alla normativa Eurounitaria (Cass., Sez. VI, 17 settembre 2014, n. 19632; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2016, n. 5668). Parimenti, si ritiene che siano tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti dei telefoni cellulari, prevista dal D.Lgs. n. 259 del 2003, menzionato art. 160 – secondo la tariffa di cui al D.P.R. n. 641 del 1972, art. 21, nota 3, richiamata dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 203, – anche gli enti locali, i quali sono soggetti passivi d’imposta distinti rispetto allo Stato, attesa l’inesistenza di una assimilazione generalizzata tra le amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, (Cass., Sez. V, 17 settembre 2019, n. 23081; Cass., Sez. V, 22 novembre 2018, n. 30244; Cass., Sez. U., n. 9560/2014, cit.). Sulla questione, come nota il ricorrente, si è, inoltre, espressamente pronunciata anche la Corte di Giustizia, la quale ha affermato il principio secondo cui le Direttive dell’UE in materia di apparecchiature radio, di diritto all’accesso alle reti di comunicazione, alle relative autorizzazioni, ai relativi diritti degli utenti e al quadro normativo in tema di reti e servizi di comunicazione elettronica, non ostano a una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una licenza nonchè al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per sè la licenza o l’autorizzazione generale (Corte di Giustizia UE, 17 settembre 2015, Fratelli De Pra e SAIV, C-416/14).

1.2. La sentenza impugnata, ritenendo che il regime concessorio e la suddetta tassa siano venuti meno “nella prospettiva di una totale liberalizzazione dei servizi”, non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.

Il ricorso va, pertanto, accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., rigettando il ricorso introduttivo del contribuente. Le spese del doppio grado del giudizio di merito sono soggette a integrale compensazione, stante l’evoluzione della giurisprudenza; le spese del giudizio di legittimità sono soggette a soccombenza e liquidate come da dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo;

dichiara compensate le spese dei due gradi del giudizio di merito;

condanna l’intimato al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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