Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9762 del 08/04/2019

Cassazione civile sez. I, 08/04/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 08/04/2019), n.9762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9863/2018 proposto da:

B.D., alias B.D., domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Varone Francesca, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura della Provincia di Milano;

– intimata –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di MILANO, del

09/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, cittadino del Senegal, destinatario di un decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso dal Prefetto di Milano, proponeva ricorso avverso tale provvedimento dinanzi al Giudice di Pace del medesimo capoluogo di regione.

Il GdP emetteva provvedimento di rigetto del ricorso sostenendo la legittimità della procedura di espulsione, sulla base dei seguenti rilievi.

In primo luogo, vi è l’inammissibilità della richiesta di protezione internazionale non essendo mai stata presentata alcuna istanza in tal senso.

Premesso che non constava essere mai stata presentata alcuna richiesta di protezione internazionale, il GdP rilevava che, con riferimento alla particolare situazione politica del paese di origine del ricorrente, dalla documentazione in atti, risultavano solo “saltuari conflitti armati” tra forze senegalesi e ribelli con riferimento a un trentennale conflitto di matrice indipendentista, non essendo neppure sconsigliati eventuali viaggi nella zona ma solo raccomandato un livello di attenzione consistente.

Inoltre, è infondata, la doglianza relativa alla mancanza di certificazione di conformità sulla copia del provvedimento consegnato al ricorrente, posto che allo stesso era stato consegnato uno dei due originali.

Nel merito della decisione espulsiva impugnata, lo straniero era entrato sul territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera con la conseguenza che l’addebito era fondato è il provvedimento espulsivo, del D.Lgs. n. 289 del 1998, ex art. 13, commi 2 e 3, era un atto obbligatorio a carattere vincolato.

Contro il provvedimento del GdP propone ricorso in cassazione B.D. sulla base di un unico motivo, con cui deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 2 e 3 e art. 19, comma 1, dell’art. 33 della Convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 18 luglio 1951, ratificata con la L. 24 luglio 1954, n. 722, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Giudice di pace rilevato la sussistenza del divieto di espulsione previsto a favore di straniero per motivi umanitari e per il concreto pericolo di vita in caso di rimpatrio.

Il Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In materia di protezione internazionale dello straniero, l’istituto del divieto di espulsione o di respingimento previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, impone al giudice di pace, in sede di opposizione alla misura espulsiva, di esaminare e pronunciarsi sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel paese di origine, in quanto la norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, qualora tale condizione venga positivamente accertata dal giudice”(Cas. n. 3898/11).

Nel caso di specie, viene dedotto un generico riferimento alla situazione socio ambientale del Senegal che in sè non integra alcuno dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, secondo cui “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”. Infatti, pur al lume dell’esposto principio, va rilevato che spetta al giudice del merito di valutare in concreto la sussistenza delle condizioni ostative all’espulsione o al respingimento che devono, comunque, essere allegate, e nella specie, il ricorrente non allega nulla di specifico in termini di pericolo di vita o di ragioni personali, mentre le riferite minacce del datore di lavoro o le violenze della moglie di quest’ultimo appaiono riconducibili a questioni private e non ai motivi richiesti dalla normativa; inoltre, l’ordinanza dà conto che nella zona di provenienza dell’espulso non vi sono situazioni di conflitto armato (la motivazione evoca ragioni di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e le esclude). Nulla spese, per l’assenza di attività difensiva della parte intimata. Non si fa luogo al raddoppio del contributo unificato trattandosi di processo esente.

P.Q.M.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2019

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