Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9761 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 23/04/2010), n.9761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – President – –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consiglie – –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consiglie – –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consiglie – –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e’ domiciliata;

– ricorrente –

contro

VIDEO SUONI S.R.L., in liquidazione, elettivamente domiciliata in

Roma,via Po, n. 9, nello studio dell’avv. Napolitano Francesco, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 14/10/04, depositata in data 20 settembre 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16.12.2009 dal Cons. Dr. Pietro Campanile;

Sentito l’Avv. Gen. Dello Stato, Fabrizio Urbani Neri, il quale ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

Sentito il difensore della controricorrente, Avv. Napoletano

Francesco, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Ennio Attilio Sepe, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

1.1 L’Ufficio delle Entrate di Roma emetteva avviso di rettifica nei confronti della S.r.l Video Suoni, in liquidazione, con cui, relativamente al periodo di imposta 1996, contestava la violazione relativa alla ricezione ed emissione di fatture usufruendo dell’aliquota IVA agevolata (4 per cento), prevista in generale per la produzione editoriale, ma esplicitamente esclusa per il settore pornografico, cui erano riconducibili le pubblicazioni della Video Suoni.

1.2 La Commissione tributaria provinciale di Roma, con decisione pubblicata in data 20 settembre 2004, respingeva il ricorso proposto dalla societa’, fondato principalmente sul rilievo che – avendo la norma introdotta con la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 28, in vigore dal 1 gennaio 1996, escluso dall’aliquota agevolata i “giornali” pornografici – tale previsione non sarebbe stata estensibile ai “periodici”, come quelli editi dalle Video Suoni.

1.3 La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la decisione meglio indicata in epigrafe, pronunciando sull’appello proposto dalla societa’, dichiarava, in riforma della decisione di primo grado, l’illegittimita’ dell’avviso di accertamento. Veniva in particolare affermato che la suindicata disposizione, riferendosi espressamente “ai giornali pornografici e ai cataloghi..”, non poteva essere estesa, trattandosi di deroga a un trattamento generale di favore, ai periodici, tanto piu’ che lo stesso legislatore aveva successivamente formulato la norma – con il D.Lgs. n. 313 del 1997 – escludendo espressamente l’aliquota agevolata, oltre che per i cataloghi, anche per i “giornali e periodici pornografici”.

1.4 Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo. La parte intimata si e’ costituita con controricorso.

Diritto

2.1 – Con unico e articolato motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 28, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74.

Si osserva che l’espressione “giornali”, utilizzata dal legislatore del 1995, non puo’ non riferirsi, tanto dal punto di vista letterale, quanto sotto il profilo sistematico, che a tutte le pubblicazioni, nella specie di carattere pornografico. Tale interpretazione, pienamente corrispondente alla ratio della norma, sarebbe confermata dalla formulazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, lett. c), quale risultante dalla modifica introdotta con il D.Lgs. n. 313 del 1997, che, per l’appunto, contrappone “i giornali quotidiani” ai periodici. Invero si dovrebbe desumere, per converso, che l’utilizzo esclusivo dell’espressione “giornali” comporti il riferimento al complesso delle pubblicazioni, vale a dire sia ai giornali quotidiani che ai giornali periodici.

2.2 – Il ricorso e’ fondato.

Secondo l’art. 12 preleggi, comma 1, non si puo’ attribuire alla legge altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che attribuire al termine “giornali” il significato (anche) di “periodici” potesse comportare uno sconfinamento da quella interpretazione rigorosa richiesta dalla natura derogatrice della norma. In realta’, quando si ricerca, nell’ambito di un’operazione ermeneutica, il valore lessicale di un’espressione, si rimane nell’ambito dell’interpretazione letterale, dovendosi in ogni caso tener presente che non sempre il legislatore impiega termini dal valore semantico costante e ben definito. Orbene, l’espressione “giornale”, se da un punto di vista etimologico sembra rimandare a una pubblicazione a carattere giornaliero, come il quotidiano, nel tempo ha assunto un significato piu’ ampio, tale da ricomprendere anche il riferimento alle cc.dd. riviste, o pubblicazioni periodiche.

Nel caso di specie, il contesto in cui l’espressione e’ stata adoperata lascia chiaramente intendere che il legislatore abbia voluto riferirsi a qualsiasi tipo di pubblicazione, in quanto – a prescindere dal dato relativo, per quanto risulta, all’inesistenza di quotidiani a carattere pornografico – un esame dei testi normativi relativi alla disciplina dell’IVA in relazione all’editoria consente di stabilire che sovente il legislatore ha attribuito al termine “giornale” un ampio significato, nel senso che ha utilizzato tale sostantivo per poi specificare, mediante una serie di aggettivi, la portata precettiva della disposizione.

Ad esempio, nell’art. 74, D.P.R. n. 633 del 1972, al comma 1, lett. c), ci si riferisce al “commercio di giornali quotidiani, di periodici,..”; nel secondo inciso, in tema di forfetizzazione delle rese, si indica la percentuale “dell’80 per cento per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici..”. Nella parte seconda della Tabella allegata al citato D.P.R. n. 633 del 1972 – nel testo introdotto dal D.L. n. 328 del 1997, convertito dalla L. n. 410 del 1997 – al n. 18 si fa riferimento ai “giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici, ad eccezione dei giornali e periodici pornografici”.

Maggiore rilevanza, per i fini che qui interessano, assume poi la formulazione della citato art. 18 della Tabella cosi’ come vigente al momento dell’emanazione della L. n. 594 del 1995, art. 2, comma, della cui interpretazione si discute. Tale disposizione – introdotta con il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito nella L. 27 aprile 1989, n. 154 – era dettata in termini non dissimili da quella teste’ richiamata: “giornali quotidiani, libri, periodici, edizioni musicali a stampa e carte geografiche; carta occorrente per la stampa degli stessi e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

Deve pertanto ritenersi che l’esclusione dei giornali pornografici dall’agevolazione tariffaria, contenuta nella norma successivamente emanata, dovesse far riferimento, quanto al termine “giornali”, all’accezione contenuta nella disposizione di carattere generale in relazione alla quale si introduceva una deroga. Nella stessa, come appare evidente, il termine assume una portata ampia e generica, tanto che ad esso viene immediatamente posposta, in funzione di aggettivo, la parola “quotidiani”.

Ne consegue che l’interpretazione resa dalla Commissione tributaria regionale, anche sotto il profilo letterale, non puo’ essere condivisa, in quanto non e’ emersa, nel linguaggio normalmente utilizzato da legislatore in materia tributaria, una contrapposizione fra giornali (intesi come quotidiani) e periodici, bensi’ fra giornali quotidiani e periodici, con la conseguenza che l’utilizzazione tout court del termine “giornali” indica chiaramente il riferimento ad entrambi. La normativa successivamente emanata, vale a dire il D.Lgs. n. 313 del 1997, quindi, contrariamente a quanto dedotto dalla parte controricorrente, non ha in parte qua valenza innovativa, ma rende ancora piu’ esplicito, nell’ambito di un piu’ organico assetto dei testi normativi, il contenuto della disposizione gia’ vigente.

Mette conto di osservare, per completezza di esposizione, che, nella misura in cui l’intenzione del legislatore era quella di escludere dalla tariffa agevolata la stampa pornografica, il mero riferimento ai soli quotidiani di tal genere (per altro non riscontrabili nella realta’ del mondo editoriale), sarebbe stato contraddittorio e privo di effetti di natura sostanziale.

2.3 – La controricorrente, oltre a richiamare questioni assorbite, da riproporsi nel giudizio di rinvio, ha affermato che la norma di esclusione della tariffa agevolata, cosi’ come quella che prevede l’inapplicabilita’ del metodo tariffario per i prodotti editoriali di carattere pornografico, si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza, di liberta’ di stampa, di liberta’ di iniziativa economica e di capacita’ contributiva.

Tali deduzioni si rivelano manifestamente infondate, ove solo si consideri, quanto al principio di cui all’art. 3 Cost., che in materia di agevolazioni non puo’ disconoscersi la discrezionalita’ del legislatore, che ha la facolta’ di non estendere agevolazioni e benefici tributari a fattispecie prive della necessaria omogeneita’ e, per altro verso, non e’ obbligato a mantenere il regime derogatorio, qualora mutino o siano diversamente valutate le condizioni per le quali il detto regime era stato disposto, purche’ cio’ avvenga nei limiti della non arbitrarieta’ e della ragionevolezza e nel rispetto dei principi costituzionali in materia (Corte Cost., 31 maggio 2001, n. 174). Non appare di certo irrazionale la scelta di non applicare la tariffa agevolata nei confronti di quelle pubblicazioni che non svolgono attivita’ informativa, ne’ diffondono cultura, come quelle di natura pornografica ed i cataloghi. D’altra parte, appare evidente come la previsione, per le pubblicazioni de quibus, di un regime tributario non deteriore rispetto a quello ordinario, non attiene ne’ alla liberta’ di stampa (lesa allorche’ si esercitino controlli, segnatamente di tipo preventivo, sulle pubblicazioni), ne’ alla liberta’ di iniziativa economica, ne’, infine, alla capacita’ contributiva, che si presuppone anche nei confronti dei soggetti che godono di agevolazioni e che, in relazione a un’imposta di carattere neutrale come l’IVA, a ben vedere riguarda il consumatore finale e non il soggetto passivo.

2.4 – L’impugnata decisione, in conseguenza della fondatezza del ricorso, deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che applichera’ la norma di riferimento nei termini sopra delineati, provvedendo, altresi’, alla regolazione delle spese processuali anche in relazione al presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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