Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 976 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 24/09/2020, dep. 20/01/2021), n.976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11472/2018 proposto da:

(OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli

Avvocati Mariarosaria Cicatiello, e Paolo Pollice, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in persona del curatore

Dott. P.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio

Bertoloni n. 55, presso lo studio dell’Avvocato Cristina

Bertocchini, rappresentato e difeso dagli Avvocati Danilo Galletti,

e Anselmo Sovieni, giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè contro

Procura Generale presso la Corte di Cassazione, Procura Generale

presso la Corte di Appello di Bologna, Procura Generale della

Repubblica presso il Tribunale di Modena;

– intimate –

avverso la sentenza n. 10/2018 della Corte d’appello di Bologna,

pubblicata il 12/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/09/2020 dal cons. Dott. Alberto Pazzi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De

Renzis Luisa, che ha concluso per l’infondatezza delle eccezioni

preliminari e l’accoglimento del ricorso sotto il profilo della

mancata valutazione dello stato di insolvenza;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Cicatiello, che si riporta;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

Cristina Bertocchi, con delega, che si riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.p.a., a seguito del mancato raggiungimento delle necessarie maggioranze nel corso delle procedure di voto sulla proposta concordataria presentata, depositava – in data 5 giugno 2017 – una rinuncia alla procedura di concordato preventivo che aveva introdotto avanti al Tribunale di Modena.

Il Tribunale, con decreto del 7 giugno 2017, dichiarava comunque inammissibile il concordato preventivo proposto da (OMISSIS) s.p.a., segnalando al P.M. il giorno successivo l’insolvenza della società.

La medesima compagine presentava, il 25 luglio 2017, una seconda domanda di concordato preventivo, che il Tribunale – all’esito delle indagini svolte da un ausiliario, nominato al fine di effettuare una prima verifica dell’ammissibilità della proposta e del piano dichiarava inammissibile con decreto del 3 novembre 2017.

Nel contempo il Tribunale, in accoglimento della richiesta presentata dal P.M. il 21 giugno 2017, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione.

2. La Corte d’appello di Bologna, a seguito del reclamo presentato da (OMISSIS) s.p.a., fra l’altro e per quanto di interesse: i) riteneva legittima la segnalazione dell’insolvenza fatta dal Tribunale al P.M., osservando peraltro che quest’ultimo, una volta acquisita la notitia decoctionis nell’ambito del procedimento concordatario, ben poteva sollecitare la dichiarazione di fallimento a prescindere dalle vicende di quel procedimento; ii) reputava che la nomina di un ausiliario al fine di procedere a una verifica sommaria della seconda domanda di concordato non solo trovasse giustificazione nel disposto dell’art. 68 c.p.c., ma non avesse neppure leso alcun diritto della società debitrice; iii) ricordava che nel caso in cui alla dichiarazione di inammissibilità del concordato avesse fatto seguito la pronuncia dell’insolvenza le censure inerenti la prima statuizione avrebbero potuto essere fatte valere con il reclamo; iv) rilevava che la più recente proposta concordataria, da ricondurre alla disciplina del concordato in continuità, non appariva conforme a legge sotto vari profili; v) constatava che l’asserita impossibilità di accesso al sistema informativo della procedura non trovava riscontri probatori, non risultando comunque neppure allegata la concreta compromissione dei diritti di difesa della società debitrice.

3. Per la cassazione della sentenza del 12 marzo 2018 con cui la Corte distrettuale ha respinto il reclamo ha proposto ricorso (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, prospettando sette motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.p.a..

Quest’ultimo, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale, articolato in un unico motivo, subordinato all’accoglimento, anche parziale, dei motivi avversari.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il controricorrente ha sottolineato, in limine, da un lato che la notifica del ricorso per cassazione era stata fatta non al procuratore costituito, ma alla parte personalmente (e precisamente all’indirizzo di posta elettronica certificata della procedura fallimentare), dall’altro che il ricorso non conteneva alcun riferimento all’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio rivolta alla cancelleria della Corte d’appello.

Entrambe le osservazioni non assumono rilievo ai fini del decidere.

L’una perchè il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (Cass., Sez. U., 14916/2016), come avvenuto nel caso di specie; l’altra perchè il mancato deposito dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio di cui all’art. 369 c.p.c., u.c. determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione solo quando l’esame di detto fascicolo, non allegato agli atti del processo, risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimità (Cass. 3852/2002), condizione che non ricorre nel presente giudizio.

5. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 7 e 162, da cui deriverebbe la nullità del procedimento e della sentenza resa al suo esito, in ragione dell’illegittimità della segnalazione compiuta dal Tribunale e dell’iniziativa assunta dal P.M..

In tesi di parte ricorrente nessuna segnalazione poteva essere fatta dal Tribunale al magistrato requirente, dato che la L. Fall., art. 7 non troverebbe applicazione nel caso in cui questi sia stato parte del procedimento ed abbia già avuto conoscenza diretta della situazione eventualmente rilevante ai fini della dichiarazione di insolvenza.

La legittimazione del P.M. a sollecitare la dichiarazione di fallimento sarebbe stata compromessa, inoltre, dal fatto che la richiesta di fallimento era stata presentata con specifico riferimento alla prima procedura di concordato, ma non nell’ambito di questa, come previsto dalla L. Fall., art. 162, e solo a seguito del suo esaurimento, quando l’istante non aveva più un autonomo potere di iniziativa.

6. Il ricorrente intende sostenere, nella sostanza, che la presentazione di una domanda di concordato preventivo abbia limitato la legittimazione del Pubblico Ministero a richiedere il fallimento alle modalità previste dalla L. Fall., art. 162, rimanendogli invece precluso il ricorso alla disciplina generale prevista dalla L. Fall., art. 7, n. 2, a cui la Corte di merito ha fatto riferimento.

Ne discenderebbe – in tesi del ricorrente – un difetto di legittimazione a richiedere il fallimento, poichè nel caso di specie il Pubblico Ministero si era attivato non nell’ambito della procedura di concordato preventivo e dei poteri ivi riconosciutigli, bensì ai sensi della L. Fall., art. 7, n. 2, norma che però sarebbe stata erroneamente applicata, sia a causa della asserita specialità della L. Fall., art. 162, sia perchè la denuncia non era stata inviata dal Tribunale nel corso della (prima) procedura di concordato, bensì dopo la conclusione della stessa.

Una simile doglianza non può ritenersi fondata.

E’ ben vero che nel quadro di applicazione della L. Fall., art. 7 il potere di iniziativa del P.M. è innescato dalla segnalazione del giudice civile, mentre nel contesto del concordato preventivo, procedimento a cui il P.M. istituzionalmente prende parte L. Fall., ex art. 161, comma 5, il suo potere di richiedere il fallimento non è condizionato ad una qualche segnalazione del Tribunale, ma è direttamente ed espressamente contemplato dalla legge, ogni qual volta il procedimento non attinga il suo esito fisiologico, con l’omologazione. Ciò nonostante, non è esatto sostenere che la legittimazione del P.M. a richiedere il fallimento ai sensi della L. Fall., art. 162 non possa concorrere con (o, se si preferisce, escluda) quella prevista dalla L. Fall., art. 7, in assenza di alcuna ragione che possa fondare una simile affermazione, di modo che ove ricorrano i presupposti di entrambi i titoli di legittimazione, quest’ultima sussiste sotto il duplice profilo previsto dalle norme in discorso.

Non è poi revocabile in dubbio che nel caso di specie sussistesse la legittimazione L. Fall., ex art. 7, n. 2), stante la legittimità della segnalazione compiuta dal Tribunale: infatti, come ha osservato a ragione la Corte d’appello, anche il procedimento di concordato preventivo è un “procedimento civile” ai sensi della L. Fall., art. 7, n. 2); nè è necessario che la denuncia sia trasmessa al P.M. nel corso del procedimento stesso, ben potendo essere trasmessa anche all’esito di questo, dato che la norma prevede esclusivamente che la notizia dell’insolvenza sia stata rilevata “nel corso” del medesimo.

7.1 Il secondo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per la decisione, costituito dalla condizione di insolvenza: in tesi di parte ricorrente la Corte di appello avrebbe omesso di esaminare – o avrebbe fornito sul punto una motivazione soltanto apparente – la censura relativa alla mancata valutazione dell’effettiva sussistenza dello stato di insolvenza.

7.2 Il terzo motivo denuncia invece la violazione o falsa applicazione della L. Fall., artt. 1 e 5 e del principio dell’onere della prova, in quanto la Corte d’appello avrebbe ravvisato lo stato di insolvenza della compagine debitrice soltanto sulla base del deposito della domanda di concordato, senza ritenere onerato il P.M., quale unica parte istante, a dimostrare il ricorrere di una simile condizione in virtù di elementi sussistenti alla data di dichiarazione del fallimento.

8. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del comune riferimento critico alla verifica dello stato di insolvenza compiuto dalla Corte d’appello, sono fondati, nei termini che si vanno a illustrare.

8.1 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. U., 8053/2014).

8.2 Il secondo motivo di ricorso, ponendosi nella prospettiva sopra descritta, intende denunciare l’apparenza della motivazione laddove la stessa, pur registrando il motivo di reclamo con cui era stata denunciata la mancata valutazione dell’effettiva sussistenza di uno stato di insolvenza, non ha fornito alcuna reale argomentazione al riguardo.

Ora, la motivazione che il giudice deve offrire, a mente dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, costituisce la rappresentazione dell’iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione, di modo che la stessa riveste i caratteri dell’apparenza ove sia intrinsecamente inidonea ad assolvere una simile funzione.

La motivazione assume perciò carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016).

Nel caso di specie la Corte territoriale, malgrado la dichiarazione del fallimento non consegua automaticamente all’inammissibilità del concordato preventivo e necessiti comunque di un apprezzamento della condizione di insolvenza in cui si trovi il debitore, si è limitata a fornire argomenti prettamente procedurali riguardanti la concentrazione in sede di reclamo di ogni motivo di doglianza riguardante anche il procedimento concordatario, ma, così facendo, non ha offerto alcuna reale risposta alla reclamante, secondo cui il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare il fallimento “facendo un mero richiamo al decreto di inammissibilità del secondo c.p. e senza valutare la effettiva sussistenza dello stato di insolvenza” (pag. 6 della sentenza impugnata).

Siffatta motivazione non offre ragioni perscrutabili che giustifichino la statuizione resa, non raggiungendo il limito minimo di consistenza necessario per esplicitare, in maniera chiara e inequivoca, il fondamento della decisione.

Ciò tanto più ove si consideri che la sentenza, pur dando atto nel proprio corpo dello stato di liquidazione in cui versava la compagine poi dichiarata fallita, trascura completamente questo dato al fine di verificare la sussistenza di uno stato di insolvenza sotto il profilo dell’esistenza di elementi attivi del patrimonio sociale capaci di assicurare l’eguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali.

9. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 68 c.p.c., poichè la Corte d’appello, nel ritenere rituale la nomina di un ausiliario compiuta dal Tribunale, avrebbe trascurato di considerare il carattere di specialità che la legge fallimentare assume rispetto alla generale disciplina processuale; non sarebbe stato quindi possibile – in tesi di parte ricorrente – fare ricorso alla disciplina processual-civilistica, poichè la normativa di settore individua nel Tribunale fallimentare l’ufficio destinato a valutare direttamente l’ammissibilità della procedura concordataria, con la possibilità di fare ricorso a figure tipiche, quali il commissario giudiziale.

10. Il motivo non è fondato.

Le disposizioni previste dal libro I del codice di procedura civile dettano regole di portata generale che trovano comune applicazione ai vari tipi di giudizio previsti dall’ordinamento.

Pertanto, pur in presenza di strutture procedimentali che prevedano la nomina di figure prestabilite di ausiliari (come nel caso del concordato preventivo, nel cui ambito è possibile la nomina di un commissario giudiziale in caso di presentazione di una domanda anticipata di concordato, L. Fall., ex art. 161, comma 6, o è necessaria la nomina del medesimo ausiliario ove il Tribunale provveda, a seguito di domanda ordinaria, all’apertura del procedimento, a mente della L. Fall., art. 163, commi 1 e 2), non è comunque precluso all’organo giudicante di fare ricorso al generale disposto dell’art. 68 c.p.c. allo scopo di sopperire a peculiari esigenze che si presentino nel corso della procedura.

Anche in questi ambiti procedimentali il giudice di merito può quindi provvedere alla nomina di un ausiliario, in applicazione della regola di cui all’art. 68 c.p.c., ove ravvisi la necessità, con una valutazione non sindacabile in questa sede di legittimità se congruamente motivata, di fare ricorso a un organo accidentale e occasionale che gli presti assistenza in un particolare frangente onde assicurare il migliore sviluppo della procedura.

Non si presta, quindi, a censure l’approvazione da parte del collegio del reclamo del ricorso all’ausilio di un professionista capace di coadiuvare il Tribunale nella comprensione degli aspetti contabili correlati alla presentazione della domanda concordataria prima dell’apertura nelle forme ordinarie della procedura.

11. Il quinto motivo di ricorso assume la nullità del procedimento per violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., in quanto il mancato accesso alla procedura telematica, puntualmente dimostrato dai documenti prodotti in uno con il reclamo, avrebbe impedito la conoscenza degli atti processuali posti a fondamento della decisione di inammissibilità, con la conseguente violazione del diritto di difesa, e la possibilità di poter contraddire rispetto al parere negativo espresso dal P.M. rispetto al nuovo concordato preventivo presentato.

12. La doglianza è inammissibile.

Quanto alla dedotta allegazione di prove dell’avvenuta interruzione del servizio informatico la censura si limita a richiamare i documenti allegati al reclamo, dei quali tuttavia non specifica in alcun modo il contenuto, malgrado in caso di riferimento a documenti o atti processuali la necessaria autosufficienza del ricorso prevista dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, imponga che gli stessi siano non solo specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì oggetto di integrale trascrizione rispetto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto (cfr. Cass. 16900/2015, Cass. 4980/2014, Cass. 5478/2018, Cass. 14784/2015 e Cass. 8569/2013).

Si tratterebbe, peraltro, di schermate di computer dalle quali risulterebbe l’interruzione del servizio, senza tuttavia che la parte si periti di precisare, al fine di consentire l’apprezzamento della decisività della doglianza, per quanto tempo esse siano comparse e dunque per quanto tempo si sia verificata l’interruzione asseritamente lesiva del diritto di difesa.

La censura risulta parimenti generica rispetto all’omessa comunicazione del parere del P.M. sul secondo concordato proposto, dato che non illustra la rilevanza di tale atto nell’economia del giudizio malgrado la decisione della Corte di merito non si basi su di esso, non sia dedotto che su di esso si basasse la decisione del Tribunale, nè sia indicato, altresì, il contenuto di tale parere.

13.1 Il sesto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del nuovo piano presentato dalla compagine debitrice, in quanto la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto, omettendone del tutto l’esame, della proposta integrata e modificata contenuta nella memoria depositata dalla società ricorrente dopo la concessione del termine previsto dalla L. Fall., art. 162, comma 1, e si sarebbe limitata a vagliare la proposta che così era stata sostituita.

13.2 Il settimo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. Fall., art. 186-bis, sostenendo che la Corte di merito, in presenza di un concordato misto con una componente di continuità indiretta, avrebbe dovuto applicare le norme che disciplinavano i singoli schemi procedimentali dei quali la proposta era composta.

14. Entrambi i motivi sono inammissibili.

Va detto anzitutto, rispetto al sesto motivo, che il canone di critica di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non può essere utilizzato per l’omesso esame di domande o questioni contenute all’interno di scritti difensivi.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel suo attuale testo riguarda, infatti, un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e non ricomprendente questioni o argomentazioni, dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 21152/2014, Cass. 14802/2017).

Non risulta perciò censurabile sotto il profilo dedotto la mancata valutazione della proposta sostituiva illustrata nella memoria depositata.

Peraltro, ambedue le doglianze propongono critiche che non sono state portate all’attenzione della Corte d’appello con il reclamo (che non ha carattere pienamente devolutivo, poichè l’ambito dell’impugnazione resta circoscritto alle sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante; Cass. 12706/2014) e risultano di conseguenza inammissibili, giacchè investono questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito nè rilevabili d’ufficio che, non essendo già compresi nel tema del decidere del giudizio di gravame, non sono prospettabili per la prima volta in sede di legittimità.

Per di più le censure, vertendo sul tenore della proposta concordataria, risultano di nessuna decisività, ove si consideri che la Corte di merito non si è limitata a rilevare una serie di passaggi, della proposta e del piano, non conformi alle prescrizioni di legge, ma ha osservato, in aggiunta, che ostava all’ammissione del concordato l’irrituale redazione tanto della relazione di attestazione di cui alla L. Fall., art. 161, comma 3, quanto della relazione giurata di stima prescritta dalla L. Fall., art. 160, comma 2.

Un simile argomento, distinto e autonomo rispetto alla valutazione del contenuto della proposta di concordato e del relativo piano, è di per sè logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione, di modo che l’odierna ricorrente, non avendo formulato alcuna impugnazione sul punto, non ha interesse a censurare le ulteriori valutazioni compiute dalla Corte di merito, dato che queste critiche, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbero produrre l’annullamento della sentenza.

15. Rimane assorbito, in senso proprio, il ricorso incidentale, espressamente “subordinato all’accoglimento dei motivi avversari”, poichè la decisione sullo stesso è divenuta superflua, per sopravvenuto difetto di interesse, con la pronuncia sui due motivi da ultimo presi in esame.

Giova osservare che la dizione utilizzata dal controricorrente a contenimento dell’impugnazione deve intendersi circoscritta all’accoglimento delle doglianze presentate rispetto alla declaratoria di inammissibilità del concordato, dato che il motivo si limita a sostenere il difetto di interesse concreto del debitore all’esame dei motivi di impugnazione addotti avanti alla Corte di merito al fine di rappresentare l’ammissibilità del concordato, stante la mancata contestazione di alcuni argomenti offerti dal Tribunale.

16. In conclusione, in virtù delle ragioni sopra illustrate, la sentenza impugnata andrà cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Rimane invece assorbito dall’inammissibilità del sesto e del settimo motivo del ricorso principale il ricorso incidentale condizionato presentato dalla procedura controricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, rigetta il primo e il quarto motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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