Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 976 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 17/01/2020), n.976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11119-2019 proposto da:

C.F.P., rappresentato e difeso dall’avvocato ENNIO

CERIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

C.F.P.;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositato il

18/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

C.F.P. propone ricorso in unico motivo avverso il decreto n. 20/2018 reso il 18 ottobre 2018 dalla Corte d’Appello di Campobasso.

L’intimato Ministero della Giustizia resiste con controricorso e propone ricorso incidentale in un motivo.

Il decreto impugnato ha pronunciato sulla domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 formulata in data 4 gennaio 2018 da C.F.P. in relazione alla durata non ragionevole di un giudizio fallimentare svoltosi nei suoi confronti dalla sentenza dichiarativa di fallimento del 17 gennaio 1990 al decreto di chiusura del 10 giugno 2017. La Corte di Campobasso ha detratto dalla complessiva durata di 27 anni, 4 mesi e 29 giorni il tempo occorso per la definizione dei sub-procedimenti innestatisi nella procedura fallimentare (ovvero, tre anni per un’azione di recupero somme, nonchè due anni e sei mesi per la definizione di un’opposizione a stato passivo), ed ha così stimato non ragionevole la durata di quindici anni, dieci mesi e venticinque giorni, per i quali ha ritenuto congruo l’indennizzo annuo di Euro 600,00 per il primo triennio e di Euro 700,00 per gli anni successivi, così condannando il Ministero della Giustizia alla somma di Euro 10.900,00, oltre interessi.

C.F.P. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 p. 1 CEDU e della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-bis, in relazione alla determinazione del periodi di ragionevole durata della procedura fallimentare. L’unico motivo del ricorso incidentale del Ministero della Giustizia denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 2 bis, quanto alla misura del moltiplicatore annuo, che doveva stimarsi in Euro 400,00.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso principale potesse essere dichiarato manifestamente fondato, rimanendo assorbito il ricorso incidentale, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, stabilisce che “si considera rispettato il termine ragionevole se… la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni”.

Secondo, peraltro, il consolidato orientamento di questa Corte, alla quale non si è uniformato l’impugnato decreto (che ha detratto tre anni per un’azione di recupero somme e due anni e sei mesi per la definizione di un’opposizione a stato passivo), senza offrire elementi che inducano a mutare tale indirizzo, nella durata complessiva delle procedure fallimentari devono essere inclusi anche i tempi impiegati per la risoluzione di vicende processuali parallele o incidentali, trattandosi di fasi ed attività processuali eventuali, che comunque ineriscono all’unico processo concorsuale, dovendosi la durata ulteriore ragionevolmente attribuire a disfunzioni o inadeguatezze del sistema giudiziario, così arrivando al più a ritenere ragionevole una durata fino a sette anni, allorquando il procedimento fallimentare si sia presentato particolarmente complesso, anche appunto per la proliferazione di giudizi connessi (Cass. Sez. 1, 23/09/2005, n. 18686; Cass. Sez. 1, 27/12/2011, n. 28858; Cass. Sez. 6 – 1, 07/06/2012, n. 9254; Cass. Sez. 2, 03/01/2019, n. 7).

Il ricorso incidentale, attinente alla determinazione dell’importo annuo dell’indennizzo, rimane assorbito dall’accoglimento del ricorso principale, essendo la somma da liquidare a titolo di equa riparazione correlata all’esatta determinazione, che dovrà effettuare il giudice di rinvio, della eccedenza dal termine ragionevole di durata del processo.

Conseguono l’accoglimento del ricorso principale, l’assorbimento del ricorso incidentale e la cassazione del decreto impugnato, in ragione della censura accolta, con rinvio alla Corte d’Appello di Campobasso, che, in diversa composizione, provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 18 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 17 gennaio 2020

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