Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9753 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. II, 23/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. ODDO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.R. – rappresentato e difeso in virtù di procura speciale

del 17 ottobre 2008, autenticata per notaio Giustino Rossi di Napoli,

rep. N. 62897, dall’avv. CUCINELLA Aldo, presso il quale è

elettivamente domiciliato in Napoli, alla via G. Ribera, n. 1;

– ricorrente –

contro

Condominio dell’edificio in (OMISSIS), alla via (OMISSIS) –

elettivamente domiciliato in Napoli, alla via dei Mille, n. 16,

presso l’avv. Stefano Cutolo;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 3135 del 5

novembre 2004 – non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

marzo 2010 dal Consigliere Dott. Massimo Oddo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 10 luglio 1999, P.R. convenne il Condominio in (OMISSIS), alla via (OMISSIS), innanzi al locale Tribunale e, esponendo che il civico n. 19 dava accesso a due distinti condomini, le cui unità immobiliari erano contrassegnate, rispettivamente, da numeri interni romani e da numeri interni arabi, aventi in comune unicamente la proprietà della gabbia scale (rampante e pianerottoli), domandò la declaratoria di nullità della delibera adottata dall’assemblea congiunta dei condomini l’11 giugno 1999, che aveva ratificato la spesa di L. 1.707.000 per progetti e contratti relativi alla ristrutturazione delle facciate, benchè i lavori interessassero anche un altro fabbricato con accesso dal civico n. 5 e le facciate non rientrassero tra le cose comuni ai due condomini, e quella di L. 833.000 per relazione tecnica e capitolato di appalto di lavori di rifacimento delle scale e dell’androne, dei quali non aveva ancora deliberato l’esecuzione.

Resistette il Condominio, chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ed il Tribunale con sentenza del 21 ottobre 2002, respinse le domande di entrambe le parti.

La decisione, gravata dall’attore, venne confermata il 5 novembre 2004 dalla Corte di appello di Napoli, la quale, premesso che l’appellante non aveva censurato anche la declaratoria d’inammissibilità dell’impugnativa della ratifica della spesa di L. 853.000, rigettò il gravame, osservando che:

le facciate costituiscono parti comuni di un edificio indipendentemente dall’esistenza in esso di più verticali interne e la comunione non era esclusa dall’indicazione quali parti comuni nel regolamento del Condominio soltanto di quelle relativamente alle quali la quota di comproprietà delle singole verticali era diseguale;

la delibera impugnata, in ogni caso, era legittima perchè adottata dall’unanimità dai condomini presenti, previa separata verifica della sussistenza della maggioranza di legge per ciascuna delle due colletti vita di condomini;

era inammissibile per la sua novità in appello la questione relativa all’illegittimità della delibera per la mancata convocazione e partecipazione all’assemblea dei proprie tari delle unità immobiliari aventi accesso dalla via (OMISSIS), e non era documentato che l’adozione di essa avesse interessato anche le facciate del loro autonomo condominio.

Il P. è ricorso per la cassazione della sentenza con due motivi, illustrati da successiva memoria, e l’intimato Condominio non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., avendo ritenuto che i corpi di fabbrica, aventi accesso dal medesimo numero civico, costituissero le verticali interne di un unico edificio e non fosse esaustiva l’indicazione delle parti ad esse comuni contenuta nel regolamento del Condominio, benchè le due costruzioni fossero state realizzate in sola aderenza da soggetti ed in tempi diversi su fondi confinanti, e che l’adozione all’unanimità da parte dei condomini presenti escludesse la nullità della delibera dell’assembla non avente ad oggetto beni comuni.

Il motivo è fondato.

Pur se limitata nella sua enunciazione alla violazione della norma che individua le parti comuni di un edificio, ove dal titolo non risulti il contrario, la denuncia del ricorso è rivolta in particolare alla (in)adeguatezza della motivazione della sentenza d’appello alle censure mosse con il gravame alla decisione di primo grado, che aveva ritenuto valida la delibera riguardante le facciate “in quanto adottata congiuntamente in un’adunanza comune dei due condomini, con il rispetto delle maggioranze e degli altri requisiti di legge separatamente verificati per ciascuno condominio”.

Nel contestare la possibilità che la spesa relativa alle facciate potesse essere deliberata senza l’unanimità di tutti i condomini (e non anche soltanto di quelli presenti), l’appellante aveva ribadito che le verticali dell’edificio erano state costruite in aderenza su fondi confinanti, l’una, da D.P. e, l’altra, da C. e S. ed erano strutturalmente ed amministrativamente indipendenti e che la specificazione nel regolamento del Condominio, quali parti comuni, unicamente dell’androne, dell’alloggio del portiere, della scala e dell’impianto di ascensore, da un lato, confermava che le verticali costituivano degli autonomi corpi di fabbrica e, dall’altro, escludeva l’operatività della presunzione dettata dall’art. 1117 c.c., esaurendo la previsione dei beni relativamente ai quali l’assemblea comune ai due condomini poteva deliberare a maggioranza.

La Corte partenopea ha negato significato ai fini della validità della delibera all’esistenza nell’unico edificio di più verticali interne, e ritenuto non esaustiva la specificazione dei beni ad esse comuni contenuta nel regolamento del Condominio, senza in alcun modo chiarire le ragioni per le quali, nonostante le deduzioni dell’appellante sulle diversità di provenienza e particolarità strutturali delle costruzioni e sul riscontro della loro autonomia costituito dalle previsioni del regolamento condominiale, doveva escludersi che il civico n. 19 desse accesso a due distinti corpi di fabbrica tra loro unicamente aderenti ovvero poteva essere comunque fatta applicazione, in via analogica, della presunzione di comunione delle parti elencate nell’art. 1117 c.c..

Alla rilevanza della carenza di motivazione non osta l’ulteriore ratio decidendi della validità della delibera, in quanto adottata all’unanimità dei presenti “dopo la verifica della sussistenza della maggioranza di legge separatamente per ciascuna delle due collettività di condomini”, posto che la delibera, comportando la ratifica da parte di ciascuna “collettività” delle spese non solo relative alla facciata della propria verticale, ma anche di quelle relative all’altra, si risolveva, in ipotesi di autonomi corpi di fabbrica, nella reciproca assunzione di un obbligo di contribuire ad oneri concernenti cose di esclusiva proprietà altrui, che doveva essere necessariamente assentita da rutti i condomini del complesso immobiliare.

Alla fondatezza del primo motivo segue la cassazione della sentenza con assorbimento del secondo, che lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo la sentenza ritenuto inammissibile la deduzione dell’illegittimità della delibera per l’omessa partecipazione ad essa dei proprietari delle unità immobiliari con accesso dal civico n. 5, e non provata la loro qualità di condomini dell’edificio avente accesso dal n. 19.

La causa va rinviata per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche in ordine alle spese del grado di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito l’esame del secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

 

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