Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9753 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. I, 04/05/2011, (ud. 22/02/2011, dep. 04/05/2011), n.9753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15781/2007 proposto da:

KARAL S.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO (P.I. (OMISSIS)), in

persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 14, presso l’avvocato BARONE

Carlo Maria, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BARONE ANSELMO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, V. MONTE SANTO 25, presso l’avvocato PATERNO’

RADDUSA Pietro, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

contro

G.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 83/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 01/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/02/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato BARONE (rinuncia a tutte le

censure contenute in tutti e 5 i motivi relative ai vizi di

motivazione e insiste in quelle attinenti le violazioni di legge) che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato PATERNO’ che ha chiesto il

rigetto o inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Karal s.r.l., società avente ad oggetto l’attività di commercio all’ingrosso di oro e pietre preziose, in persona dell’a.u. Ca.

A., agiva nei confronti del notaio C.M., esponendo: che il Ca., recatosi il 28/6/1995 presso la sede di (OMISSIS) della Banca Cattolica per l’accensione di un mutuo, conferendo con i funzionari B. e M., aveva appreso, sulla base della consultazione del Ce., che nel marzo 1995 erano stati elevati a danno della Karal due protesti, per complessive lire 33.586.560, e tanto aveva impedito l’avvio delle trattative; che la Karal non aveva mai sottoscritto cambiali; che il Ca. aveva verificato che il 1/3/95 il notaio C., su richiesta della B.N.A., aveva elevato due protesti per due tratte, una di L. 17.086.560 e l’altra di L. 16.500.000, con scadenza 27/2/95 ed a firma di G.A.; che la comunicazione dei protesti era stata inserita, su impulso del notaio, nell’elenco ufficiale dei protesti cambiari pubblicati dalla CCIA di Bari nel Bollettino n. 5 del 5/4/95, con l’erronea indicazione di Karal s.n.c., ancorchè allo stesso indirizzo della Karal s.r.l.; che i titoli erano due tratte non autorizzate abusivamente emesse dalla ditta G.A. da (OMISSIS), a fronte della fattura n. (OMISSIS), per la quale erano state pattuite modalità di pagamento diverse e per la quale nulla era dovuto, a ragione degli accordi intervenuti tra Karal s.r.l. ed il G.; che il notaio C., reso edotto del fatto, nella nota del 12/7/95, si era dichiarato disponibile alle rettifiche, ma che tuttavia i decreti di cancellazione dei protesti erano stati resi dal Presidente del Tribunale solo nel settembre 1995.

Tanto premesso, la Karal s.r.l. faceva presente di avere subito gravi danni all’immagine e conseguenti pregiudizi di carattere commerciale e finanziario, avendo gli istituti di credito, all’esito della pubblicazione dei protesti, richiesto l’immediato rientro dei fidi e successivamente la revoca; che il Presidente del Tribunale di Torino aveva ingiunto il 25/9/95 alla Karal ed ai fideiussori Ca.

A. e C.M. di pagare immediatamente la somma di L. 102.468.207, dichiarando il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo a ragione dei protesti; che il danno subito dalla società era stato quantificato dal commercialista nell’importo di L. 1.313.247.303, per il quale pertanto la società agiva in via risarcitoria nei confronti del notaio, anche nella diversa somma maggiore o minore equitativamente ritenuta.

Il notaio eccepiva di avere ritualmente elevato il protesto dei titoli rispondenti a regolari vaglia cambiari, di essersi, in ogni caso, reso disponibile alla rettifica, ritardata per la mancata collaborazione della società attrice, e che le difficoltà economiche della Karal erano antecedenti ai fatti; chiedeva ed otteneva l’autorizzazione alla chiamata in causa del G., responsabile dell’abusivo riempimento dei titoli.

Il G. rimaneva contumace.

La causa veniva istruita con audizione di testi; veniva disposta ed espletata C.T.U..

Il Tribunale, con sentenza del 15/4/2004, ha escluso la responsabilità extracontrattuale del notaio per l’illegittima elevazione e l’erroneo inserimento del protesto nell’elenco ufficiale dei protesti cambiar, per costituire i titoli vaglia cambiari non onorati, e non già cambiali tratte.

Appellava la Karal in concordato preventivo; si difendeva il notaio C.; rimaneva contumace il G..

La corte d’appello, con sentenza 1 febbraio 2007, premesso che la Karal, facendo valere la responsabilità del notaio per avere elevato il protesto ai danni della Karal, anzichè di G.A., si era limitata alla mera specificazione della domanda di responsabilità extracontrattuale del notaio per l’illegittimità della pubblicazione dei protesti, ha respinto nel merito l’appello.

La corte territoriale, a riguardo, ha rilevato che le due cambiali erano state protestate come pagherò cambiari e tali erano, non tratte, nè era strano che coincidessero i nomi dell’emittente ( G.A.) e del soggetto prenditore (ditta G.A.), potendo astrattamente ricorrere un caso di omonimia; si trattava quindi di titoli a cui dare pubblicità L. n. 77 del 1955, ex art. 1;

quanto ai presupposti dell’atto di protesto, la corte ha rilevato che chi eleva il protesto non è tenuto ad accertare la validità del titolo, stante la qualificazione dello stesso, era irrilevante la procedura di rettifica, trattandosi di questione di fatto, superata dalla qualificazione dei titoli, nè infine assumeva alcuna valenza la lettera del notaio, che, in quanto risolventesi in una indiretta forma di qualificazione dei titoli, non poteva vincolare in alcun modo il giudice.

Inoltre, continua la corte d’appello, non era vero che il protesto dovesse essere elevato nei confronti di G.A., che aveva firmato i titoli, atteso che negli stessi risultava indicata la Karal s.n.c., (OMISSIS), nel riquadro riservato al nome ed indirizzo del debitore, e l’omissione della qualifica di rappresentante accanto al nome del sottoscrittore poteva essere integrata dall’indicazione del nome della società nello spazio riservato all’indicazione del domicilio (così Cass. 4808/1988).

Ricorre per cassazione la Karal s.r.l. in concordato preventivo, sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso il notaio C.; non ha svolto difese il G..

La ricorrente ed il controricorrente hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Premesso che la difesa della società ricorrente all’udienza ha dichiarato di abbandonare le censure di difetto di motivazione (sull’ammissibilità della rinuncia ad uno o più motivi di ricorso da parte del difensore, senza necessità di ulteriore mandato o della sottoscrizione della parte, vedi Cass. 11154/2006 e Cass. 15962/2003), vanno sintetizzati i motivi da esaminare nell’ordine che segue.

1.2.- Con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 100, 101 e 102;

della L. n. 77 del 1955, art. 1; dell’art. 2043 c.c.; degli artt. 99, 112, 115, 342 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la corte del merito radicalmente violato il principio secondo il quale il vaglia cambiario è caratterizzato dalla presenza di due diversi soggetti, emittente e prenditore, non essendo configurabile il vaglia cambiario all’ordine proprio, essendo i titoli in discussione privi della diversità tra emittente e prenditore e la coincidenza nella stessa persona della duplice qualità di emittente e prenditore impedisce di acquisire perfino la natura di titolo di credito all’ordine.

1.3.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 342 e 345 c.p.c.; R.D. n. 1669 del 1933, artt. 100, 101 e 102; L. n. 77 del 1955, art. 1;

artt. 2043 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la corte territoriale “ipotizzato” la ricorrenza di omonimia tra emittente e prenditore, non dedotta nè tanto meno provata dal notaio, andando così ultra petita (la restante parte del motivo, argomentata con riferimento alla insufficienza ed incongruenza della effettuata “ipotizzazione”, riguarda il vizio di motivazione, rinunciato dalla parte).

1.4.- Con il terzo motivo, la ricorrente si lamenta della violazione e falsa applicazione R.D. n. 1669 del 1933, artt. 100, 101 e 102; L. n. 77 del 1955, art. 1; art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la corte barese, alla stregua della errata qualificazione in termini di vaglia cambiari, escluso che il notaio dovesse eseguire un’indagine diversa dalla verifica della qualificazione formale dei titoli e del mancato pagamento degli stessi, mentre, secondo la ricorrente, proprio la verifica della qualificazione formale dei titoli, effettuata con la diligenza e la scrupolosità necessarie, avrebbe consentito al notaio di rilevare l’identità dell’emittente e del prenditore, così da escludere la natura di vaglia cambiari, ed a monte, di titoli di credito.

1.5.- Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 100, 101 e 102; artt. 99, 100, 112, 115, 116, 342, 343 e 345 c.p.c.; L. n. 77 del 1955, art. 3; L. n. 349 del 1973, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la corte territoriale ritenuto erroneamente l’ininfluenza della lettera notarile di ammissione dell’errore commesso e delle istanze di rettifica presentate dal notaio, non solo perchè partita dal presupposto errato della qualificazione dei titoli come vaglia cambiari, ma anche per non avere apprezzato tali fatti, congiuntamente con i decreti di accoglimento del Presidente del Tribunale di Bari del 22 e 27 settembre 1995, quantomeno nel senso della impossibilità giuridica della “ipotizzazione” adombrata (la restante parte del motivo afferisce al vizio di motivazione).

1.6.- Con il quinto motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 100, 101 e 102; artt. 99, 100, 112, 115, 116, 342, 343 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, attesa la giuridica impossibilità di qualificare i titoli di cui si tratta come vaglia cambiari ed a monte come titoli di credito, ed in ogni caso, l’erroneità del presupposto che il sottoscrittore del titolo fosse il legale rappresentante della società indicata nello spazio riservato all’indicazione del domicilio del debitore, secondo la ricorrente, si pone non solo in violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè articolato d’ufficio, ma in frontale contrasto con l’art. 102 L. cambiaria, che, attraverso l’esplicito richiamo alla previsione dell’art. 11, subordina la validità dell’assunzione dell’obbligazione in nome altrui non soltanto all’esistenza di una procura e/o di uno specifico potere ex lege, ma anche all’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità di rappresentante dell’obbligato (per la restante parte, il motivo riguarda il vizio rinunciato).

2.1.- I cinque motivi di ricorso, in quanto connessi, vanno esaminati congiuntamente e sono da ritenersi infondati. E’ opportuno premettere che il riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, è del tutto privo di motivazione nel terzo motivo.

Ciò posto, si rileva che, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa del notaio C., il primo ed il quarto motivo non si appalesano in violazione del principio di autosufficienza, per risultare il contenuto dei titoli, per quanto rileva ai fini della decisione, nell’originale del ricorso.

I quesiti di diritto sono ammissibili, in quanto sostanzialmente in grado di porre il giudice di legittimità nella condizione di comprendere l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice, e di rispondere enunciando una regula iuris (così Cass. SU 2658/2008);

va altresì rilevato che, atteso che il giudizio di legittimità deve essere limitato a quanto forma oggetto del quesito, rispetto al quale il motivo assolve alla funzione di illustrazione, ne consegue che non può essere valutato quanto nel motivo possa essere esorbitante rispetto al quesito.

Tanto premesso, si deve rilevare che la corte territoriale ha esaminato i titoli in questione, riscontrando gli elementi in fatto rilevanti (denominazione di cambiale nel testo del titolo e la promessa incondizionata di pagare una somma determinata), pervenendo alla qualificazione dei titoli stessi alla stregua delle valutazioni effettuate, senza incorrere nè nel vizio di violazione di legge, inteso come affermazione di norma inesistente o negazione di norma vigente o attribuzione alla norma di contenuto che la stessa non ha, nè in falsa applicazione, cioè in vizio di sussunzione del caso di specie in una norma che non gli si addice perchè contempla diversa fattispecie, oppure riguardante gli effetti che il giudice ricollega a determinata normativa, traendo dalla norma correttamente individuata conseguenze diverse (in termini di errore di sussunzione si esprime la pronuncia delle Sezioni unite, n. 5 del 2001, e in senso conforme, vedi Cass. 15968 del 2004 e 24756 del 2007).

La ricorrente, con i quesiti articolati nei primi tre motivi, e che come tali, circoscrivono il limite oggettivo della decisione in sede di legittimità, intende prospettare le dedotte violazioni di legge da parte della corte territoriale in modo “frontale”, violazioni come tali non sussistenti, perchè il giudice del merito ha tratto le conseguenze di legge dalla qualificazione della fattispecie, effettuata secondo le norme in materia di titoli di credito; di fondo, ciò che la parte vorrebbe addebitare alla corte d’appello non è di non avere correttamente individuato la norma regolatrice o di averla applicata in difformità dal contenuto precettivo, ma di avere ravvisato nell’esame dei titoli in concreto la ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie giuridicamente connotata del vaglia cambiario, da cui tutte le conseguenze proprie, in termini di legittimità del protesto, così escludendo la responsabilità del notaio, tenuto alla sola verifica della qualificazione formale del titolo e del mancato pagamento.

I vizi denunciati, lungi dal riguardare l’esattezza intrinseca della decisione in diritto, riguardano invece sostanzialmente Inadeguatezza della motivazione posta a base della decisione.

Quanto al vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4, si rileva che non sussiste la lamentata ultrapetizione, avendo la corte territoriale limitato la verifica all’esame formale del titolo, nè la decisione è basata sull’ipotizzata omonimia, peraltro dalla stessa corte superata con il successivo rilievo, secondo cui la persona fisica G.A. avrebbe sottoscritto il vaglia in rappresentanza della Karal.

Quanto al vizio di violazione di legge, dedotto nel quarto motivo, con riferimento alla ritenuta ininfluenza della lettera del notaio, ammissiva dell’errore commesso, delle istanze di cancellazione e dei decreti di accoglimento, almeno allo scopo di vanificare la supposta omonimia, si deve concludere per l’infondatezza della censura, atteso che la Corte del merito ha qualificato i titoli alla stregua del principio di letteralità, da cui l’irrilevanza del comportamento successivo delle parti, delle richieste e dei decreti di cancellazione.

Anche l’ultimo motivo è infondato, atteso che non è stato in alcun modo violato l’art. 11, come richiamato dal R.D. n. 1669 del 1933, art. 102: la corte del merito ha infatti applicato il principio secondo cui la validità dell’assunzione dell’obbligazione cambiaria in nome altrui esige che la sottoscrizione provenga da chi ne abbia la legale rappresentanza e che sia indicata la qualità di rappresentante dell’obbligato, ritenendo nel caso, alla stregua degli elementi in concreto presenti, che all’omissione della qualità di rappresentante accanto al nome del sottoscrittore suppliva l’indicazione del nome della società da questi) rappresentata nello spazio riservato all’indicazione del domicilio del debitore cambiario.

La censura fatta valere in termini di violazione di legge è pertanto infondata; nel resto, le censure avanzate sotto il profilo della carenza di ogni riferimento ad un rapporto di rappresentanza collegante l’emittente dei titoli alla società Karal riguardano il vizio motivazionale, rinunciato dalla parte.

Conclusivamente, il ricorso va respinto.

La particolarità del caso di specie induce a compensare tra le parti per intero le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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