Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9751 del 22/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9751 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 24383-2011 proposto da:
CARABELLESE MAURO CRBMRA59M23F2840, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI PAOLO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BETTI STEFANO, giusta delega a margine
del ricorso;

– ricorrente contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI
CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI,
GIUSEPPINA GIANNICO, giusta procura speciale in calce al
controricorso;

Data pubblicazione: 22/04/2013

- controrkorrente –

avverso la sentenza n. 720/2010 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA del 13/10/2010, depositata il 19/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per il ricorrente l’Avvocato PAOLO PANARITI che si riporta ai
motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato ANTONELLA PATTERI
che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
1 – Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc.
civ., ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380 bis e 375
cod. proc. civ.:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Genova, Mauro
Carabellese, dipendente prima della Costa Crociere e quindi della
Mariotti S.p.A. con qualifiche varie (da mozzo ad operaio meccanico),
chiedeva il riconoscimento della rivalutazione contributiva di cui alla
legge 257/92 in ragione dell’ultradecennale esposizione all’amianto. Il
Tribunale rigettava la domanda ritenendo che, circoscritta l’esposizione
qualificata ai periodi dal 13/5/78 al 31/7/83 e dal 5/12/1983 al
31/12/1990, al netto dei periodi di cassa integrazione e di
disoccupazione risultanti dai prospetti prodotti dal convenuto I.N.P.S.,
la complessiva esposizione fosse inferiore ai dieci anni. Tale pronuncia
veniva confermata dalla Corte di appello di Genova che, in particolare,
riteneva convincenti le spiegazioni fornite dal c.t.u. con riguardo sia al
fatto che dal 1988 l’attività di costruzione dei nuovi natanti da parte
dell’azienda coprisse circa il 90% della produzione mentre solo il

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07/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

restante 10°/0 era riservato alla riparazione e manutenzione sia al fatto
che a partire dal 1987 gli interventi in presenza di amianto erano stati
svolti, sotto il controllo della USL, esclusivamente da aziende esterne.
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale il
Carabellese propone ricorso affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia: “Omessa motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio sulla irritualità della
c.t.u. e suo mancato rinnovo (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.); violazione
del contraddittorio su testimonianze nella c.t.u. non introdotte nel
contraddittorio tra le parti e violazione tra il chiesto ed il pronunciato
con violazione degli artt. 101, 112 e 115 cod. proc. civ. e diritto di
difesa ex art. 24 Cost. (art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.)” . Lamenta la
nullità della consulenza tecnica d’ufficio per la ragione che l’ausiliare,
senza preventiva autorizzazione del giudice, avrebbe attinto dalla
Mariotti S.p.A. informazioni relative alle modalità di impiego
dell’amianto.
Il motivo, sotto i vari profili in cui è articolato, è infondato.
Costituisce jus recotum che la consulenza tecnica d’ufficio non è
mezzo istruttorio in senso proprio

(ex plurimis Cass. n. 9461

del 21/04/2010; id. n. 4660 del 2/03/2006) e che il consulente non ha
il potere di accertare i fatti posti a fondamento di domande ed
eccezioni, i quali sono demandati alle iniziative allegatorie e agli oneri
probatori delle parti stesse (cfr. Cass. n. 6502 del 10/5/2001; id. n.
12869 del 4/09/2003).
Tuttavia la stessa giurisprudenza di legittimità distingue due figure
o meglio ruoli del consulente, quello cd. deducente, quando il giudice
affida al consulente tecnico solo l’incarico di valutare i fatti accertati
dallo stesso giudice o dati per esistenti, e del consulente cd.
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L’I.N.P.S. resiste con controricorso.

percipiente, quando il giudice gli assegna altresì il compito di accertare
i fatti stessi. Nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto
espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti
i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel
secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di

all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti
all’attività del consulente.
In particolare nel secondo caso, che è quello ricorrente nella
fattispecie in esame, nell’espletamento del mandato ricevuto, il
consulente può acquisire ai sensi dell’art. 194 cod. proc. civ. – che
consente di chiedere chiarimenti alle parti ed assumere informazioni
dai terzi – circostanze di fatto relative alla controversia e all’oggetto
dell’incarico. Tali circostanze di fatto, se accompagnate dall’indicazione
delle fonti e se non contestate nella prima difesa utile, costituiscono
fatti accessori validamente acquisiti al processo che possono
concorrere con le altre risultanze di causa alla formazione del
convincimento del giudice ed essere da questi posti a base della
decisione unitamente ai fatti principali (cfr. in tal senso Cass. n. 6195
del 17/04/2003,

id.

n. 4252 del 02/03/2004, n. 24323

del 22/11/2007).
Nella specie, come si evince dallo stesso contenuto della
consulenza tecnica d’ufficio riportato dal ricorrente a pag. 11 del
ricorso, tale indicazione è stata fornita dall’ausiliare; né è dedotta la
tempestiva denuncia nel giudizio di primo grado della lamentata
nullità della c.t.u. (svolta, appunto, in tale giudizio) per irritualità
nell’assunzione di informazioni che si sarebbe risolta in una violazione
del contraddittorio e del diritto di difesa (si veda anche Cass. 10
dicembre 2010, n. 24996 secondo cui: “L’eccezione
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prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi

di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali
inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata
se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito
avendo natura giuridica di nullità relativa” nonché in senso conforme
Cass. n. 8347 dell’8/04/2010, id. n. 22843 del 25/10/2006).

insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.)”. Deduce che la
Corte territoriale non ha motivato in ordine al diniego di rinnovo della
c.t.u..
Il motivo è infondato.
In tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è
tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una
nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica
rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è
neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass., n. 20227
del 24/9/2010). La motivazione del diniego della nomina del
consulente tecnico d’ufficio può, peraltro, anche essere implicitamente
desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla
valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata
dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 6479 del 6/05/2002; id. n. 4660 del
2/03/2006).
Nella specie, la Corte di appello, con congrua e corretta
motivazione, ha recepito l’accertamento effettuato dal consulente
nominato nel corso del giudizio di primo grado, rilevando che lo stesso
aveva fornito, per il periodo successivo al 31/12/1990 una spiegazione
convincente, nei termini sopra riportati, in ordine al giudizio di non
esposizione qualificata.

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Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: “Omessa,

Si può, in proposito, ricordare che è inammissibile il motivo di
ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga
censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc.
civ. qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione
dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della

coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio,
interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di
prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso
formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione
citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in
una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei
convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta
all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura
ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr. ex multis Cass., n. 7394 del
23/3/2010).
Dalla motivazione della Corte territoriale si desume, poi,
implicitamente il giudizio di superfluità di un nuovo accertamento
tecnico, essendosi ritenuti più che sufficienti gli elementi acquisiti in
atti ed in particolare puntuali ed argomentate le spiegazioni fornite dal
c.t.u..
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia: “Violazione e
falsa applicazione dell’art. 421 cod. proc. civ. nonché degli artt. 194
cod. proc. civ., 261 cod. proc. civ., 132 e 134 cod. proc. civ. e dell’art.
111 Cost.” . Deduce che al fine di contestare le risultanze della c.t.u., in
sede di appello il ricorrente aveva chiesto alcuni approfondimenti
istruttori (chiamata a chiarimento dei testimoni e/o rinnovo della
c.t.u.). La Corte di appello avrebbe dovuto svolgere i suddetti
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parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante

approfondimenti, ai sensi dell’art. 421 cod. proc. civ. ed invece aveva
violato quest’ultima e le altre disposizioni sopra richiamate.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.)”. Deduce che la Corte

mezzi istruttori chiesti da esso ricorrente, ex art. 421 cod. proc. civ.
benché gli stessi avrebbero consentito di fare chiarezza e in ordine alla
condivisione della c.t.u..
Anche il terzo e quarto motivo, da trattarsi congiuntamente in
ragione della intrinseca connessione, sono infondati.
Ai fini dell’adeguata motivazione della sentenza, secondo le
indicazioni desumibili, in particolare, dal combinato disposto dagli arti.
132, secondo comma, n. 4, 115 e 116 cod. proc. civ., è necessario che il
raggiunto convincimento del giudice risulti da un esame logico e
coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze
istruttorie, siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a
giustificarlo, mentre non si deve dar conto dell’esito dell’esame di tutte
le prove prospettate o comunque acquisite (cfr. in tal senso Cass., n.
5241 del 4/3/2011).
L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni,
nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova
testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di
alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze
probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il
quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di
indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a
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territoriale non ha motivato in ordine al perché non ha dato ingresso ai

discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni
difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e
circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., n. 17097 del
21/7/2010).

discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione
mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere
sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori
assunti dal giudice ai sensi dell’art. 356 cod. proc. civ., salvo che le
ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo
palesemente incongruo o contraddittorio (cfr. Cass. n. 1754
dell’8/02/2012).
Orbene, nella specie, la sentenza in maniera congrua e logica dà
conto delle ragioni (sufficienza degli elementi acquisiti in atti ed
esaustività delle spiegazioni fornite dal c.t.u.) che hanno reso superflua
la chiamata a chiarimento dei testimoni e/o il rinnovo della c.t.u..
Per il resto, le censure di vizio di motivazione che il ricorrente
addebita alla sentenza impugnata non evidenziano lacune o vizi logici
del suo impianto motivazionale, tali da rendere la decisione priva di
razionale giustificazione, ma si risolvono, per la gran parte, attraverso
la messa in discussione dell’operato e delle conclusioni del c.t.u., in
critiche strumentali a una revisione del merito del convincimento del
giudice (che quelle conclusioni ha fatto proprie) e, per ciò stesso,
devono ritenersi inammissibili, in quanto incompatibili con il sindacato
di (sola) legittimità proprio del giudizio di cassazione.
Per quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con
ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5″.

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Il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere

2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili e che ricorra con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata da parte ricorrente che non ha depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale,

3 – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
4 – La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
in favore dell’I.N.P.S. segue la soccombenza.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento,
in favore dell’I.N.P.S., delle spese del presente giudizio di legittimità
che liquida in euro 50,00 per esborsi ed euro 1.500,00 per compensi
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2013.

che ha aderito alla relazione.

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