Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9750 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 26/05/2020), n.9750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29224-2018 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati MARIA DEL PRETE, VINCENZO DI ROBBIO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATRIZIA CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1082/2018 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE, depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.

MARGHERITA MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., con la sentenza n. 1082/2018 aveva dichiarato C.F. in possesso delle condizioni sanitarie utili alla indennità di accompagnamento con decorrenza dal 21.1.2014 e revisione al giugno 2020, con condanna dell’Inps al pagamento per la metà delle spese di giudizio liquidata in 1000,00. Avverso tale statuizione, solo con riguardo alle spese di lite, il

ricorrente proponeva ricorso per cassazione affidato ad un solo

motivo.

L’Inps rimaneva intimato.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con un solo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto quali il D.M. n. 55 del 2014.

Rilevava il ricorrente la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicando in E. 2099,25 l’importo invece dovuto (con riguardo alla metà liquidata) per le due fasi del giudizio. Il motivo risulta fondato. Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015). Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra E. 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4,) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 cit., art. 4).

Con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede una riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase. Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito individuando le spese complessive Euro 3.162,00 e la metà liquidata in favore del ricorrente in E. 1581,00,(da cui va detratta la somma già liquidata) per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Resta ferma la compensazione per la residua metà, come stabilito dalla corte territoriale.

Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza.

In considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro 1581,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15%ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Condanna il controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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