Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9750 del 22/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9750 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 23531-2011 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro t’ empore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
D’ALOIA VITO;

– intimato avverso la sentenza n. 4943/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 28/9/2010, depositata il 0″f/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

Data pubblicazione: 22/04/2013

udito per il ricorrente l’Avvocato EMANUELE DE ROSE che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
1 – Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc.

cod. proc. civ.:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Bari, Vito D’Aloia,
operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in giudizio l’I.N.P.S.,
chiedendo la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola
per l’anno 1998. Il ricorrente, premesso che il suddetto trattamento di
disoccupazione gli era stato corrisposto dall’Ente previdenziale sulla
base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995,
sosteneva che lo stesso dovesse essere invece calcolato, ai sensi dell’art.
4 del d.lgs. n. 146 del 1997, sui minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito. L’adito Tribunale
rigettava la domanda. A seguito dell’appello proposto dalla parte
privata, la Corte di appello di Bari, con sentenza del 5 ottobre 2010, n.
5247/2010, accoglieva la domanda includendo nella base di calcolo per
la liquidazione dell’indennità di disoccupazione anche le somme
corrisposte a titolo di quota di T.F.R..
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre
l’I.N.P.S., affidandosi a tre motivi.
Il D’Aloia è rimasto intimato.
Con il primo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denunzia
violazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639/70, eccependo la decadenza.
Con secondo e terzo motivo di ricorso l’I.N.P.S. lamenta violazione
e falsa applicazione dell’art. 18, coma 18, del D.L. n. 98/2011
Ric. 2011 n. 23531 sez. ML – ud. 07-03-2013
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civ., ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380 bis e 375

convertito in legge n.11/2011 (art. 360, n.3, cod. proc. civ.) nonché
violazione degli artt. 44, 49 e 53 del C.C.N.L. per gli operai agricoli e
florovivaisfi del 10 luglio 1998 in relazione all’art. 6, comma 4, lett. a)
del d.lgs. n. 314 del 1997 ed all’art. 3 del D.L. 14 giugno 1996, n. 318,
conv. nella legge 29 luglio 1996, n. 402, nonché in relazione agli artt.

maggio 1982 n. 297 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) censurando la
sentenza per avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce
denominata quota di T.F.R, voce che – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – ha natura di retribuzione differita.
Il primo motivo è manifestamente infondato, non ravvisandosi la
decadenza in caso di riliquidazione della prestazione previdenziale,
secondo il principio affermato dalla sentenza delle Sez. U, n. 12720 del
29/05/2009: «La decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R 30 aprile 1970,
n. 639 – come interpretato dall’art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con modificazioni, nella legge I giugno 1991, n. 166 – non
può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale
sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello
dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso
in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o
ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non
soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione
decennale».
Nello stesso senso da ultimo è stato affermato (cfr. Cass. n. 6959
del 08/05/2012 e successive conformi) che: « In tema di decadenza
delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una
Ric. 2011 n. 23531 sez. ML – ud. 07-03-2013
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1362 e segg., 2120 cod. civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge 29

prestazione parzialmente riconosciuta, la novella dell’art. 38 lett. d) del
d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in 1. 111 del 2011 – che prevede
l’applicazione del termine decadenziale di cui all’art. 47 del d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del

limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore
delle nuove disposizioni, con la conseguenza che, ove la nuova
disciplina non trovi applicazione, come nel caso di giudizi pendenti in
appello alla data predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità
del termine decadenziale».
E’, invece, manifestamente fondato il terzo motivo (con
assorbimento del secondo) alla stregua della recente giurisprudenza di
questa S.C. secondo cui, ai fini della liquidazione delle prestazioni
temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario
medio convenzionale d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto. Ne consegue che la voce
denominata quota di T.F.R. dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, evidenziata nei prospetti paga ma non erogata se
non alla fine del rapporto di lavoro, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa
dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui al d.l. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito nella
legge 29 luglio 1996, n. 402, a norma della quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli
accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
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credito -, detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva

illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia
collettiva (cfr. Cass. n. 200 del 5 gennaio 2011, id n. 11152 del 20
maggio 2011, n. 17832 del 30 agosto 2011, n. 7118 del 10 maggio 2012
e numerose altre conformi). Recentemente, peraltro, il significato della
norma di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 146 del 1997, individuato dalla

al d.l. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18, conv. nella legge n. 111 dello
stesso anno, ha specificato che « il d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e
il d.l. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5 conv. con modificazioni
dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva».
Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del
terzo motivo di ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc.
civ., n. 5”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata da parte ricorrente che non ha depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale,
che ha aderito alla relazione.
3 – Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando
la domanda di inclusione della quota di T.F.R. nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione agricola.
Ric. 2011 n. 23531 sez. ML – ud. 07-03-2013
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giurisprudenza sopra citata, è stato esplicitato anche dal legislatore, che

4 – L’esito complessivo del giudizio e la relativa novità della tesi
propugnata dalla sentenza impugnata consigliano la compensazione
delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,

quota di T.F.R. nella base di calcolo delle indennità di disoccupazione
agricola per cui è causa. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2013.

decidendo nel merito, rigetta la domanda quanto alla inclusione della

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