Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9748 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. II, 23/04/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 23/04/2010), n.9748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24845-2008 proposto da:

M.I., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 31, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO ASTONE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MORANO DOMENICO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

COGEME SRL, in persona dell’Amministratore pro tempore M.

B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6,

presso lo studio dell’avvocato OTTAVI LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CALABRO’ LUIGI, FERRARI MARIA

CRISTINA;

– controricorrente –

e contro

CAMPOREGGIO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

R.V.;

– intimato –

nonchè da:

CAMPOREGGIO SRL in persona del Liquidatore pro tempore R.

V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 46, presso lo

studio dell’avvocato NOSCHESE GIOVANNI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CENTOLA GIUSEPPE;

– ricorrente incidentale –

e contro

M.I. (OMISSIS), COGEME SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1675/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato ASTONE Francesco, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi alle difese depositate;

uditi gli Avvocati OTTAVI e CESTOLA, difensori dei resistenti che

hanno chiesto di riportarsi anche loro alle difese depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel (OMISSIS) M.I. stipulava con la promittente venditrice Camporeggio srl un preliminare di compravendita di un terreno edificabile sito in (OMISSIS). Le parti assumevano obblighi reciproci, tra i quali per parte venditrice vi era l’impegno di rinnovare la convenzione con il comune in ordine alla volumetria da destinare, incrementata rispetto al 70% già accordato, a residenziale e per parte acquirente l’impegno alla presentazione dei progetti, a nome della Camporeggio, entro 90 giorni. Nell'(OMISSIS) la venditrice comunicava la sottoscrizione della Convenzione di lottizzazione con il Comune e invitava l’odierno ricorrente al rogito. Il M. rispondeva che era necessario modificare il prezzo della compravendita a causa delle diminuzioni di volumetria verificatesi. La società, promittente replicava comunicando la risoluzione del “diritto di opzione accordato” e nell’ottobre rifiutava di presentarsi davanti al notaio presso la quale era stata convocata. Qualche giorno dopo vendeva il terreno alla società Cogeme srl, prima con scrittura privata (risalente al (OMISSIS)) e poco dopo con atto pubblico.

M. agiva in giudizio contro le due società per ottenere sentenza che tenesse luogo del contratto non concluso, “opponibile” anche all’acquirente. Il tribunale di Como il 12 luglio 2007 dichiarava però improponibile la domanda, accogliendo un’eccezione delle convenute, relativa al deferimento della controversia ad arbitrato irritale.

La Corte d’appello di Milano con sentenza dell’11 giugno 2008 confermava l’improponibilità delle domande relative all’esecuzione del contratto proposte nei confronti della promittente venditrice Camporeggio srl e, modificando sul punto la pronuncia di primo grado, rigettava quelle proposte nei confronti di CogeMe.

Rilevava che erano state proposte domande dirette nei confronti di quest’ultima, miranti a far affermare la conoscenza del precedente preliminare e la conseguente nullità, annullabilità e non opponibilità della vendita, domande indispensabili in via preliminare per dare ingresso e rendere possibile un’azione ex art. 2932 c.c.; riteneva non fondate le istanze di nullità e annullabilità e qualificava come azione revocatoria l’ultima domanda; la respingeva per mancanza di prova in ordine alla conoscenza da parte del terzo acquirente dell’esistenza del precedente preliminare.

La Corte milanese, nel lasciare agli arbitri la decisione sulle domande di adempimento proposte contro Camporeggio srl, in quanto attinenti all’esecuzione del contratto, chiariva che la domanda subordinata proposta dall’attore per ottenere la risoluzione del contratto preliminare, avrebbe dovuto e potuto essere riproposta all’AGO, dopo l’esito della domanda di esecuzione. Il M. ha proposto ricorso per cassazione articolato su cinque motivi e illustrato da memoria. Hanno resistito con controricorso la Cogeme srl e la Camporeggio srl, la quale ha proposto ricorso incidentale sulla compensazione delle spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti ex art 335 c.p.c..

1) Con il primo motivo parte ricorrente denuncia vizi. di motivazione relativi alla asserita “proponibilità dell’azione nonostante la presenza della clausola arbitrale”. Vi sarebbe intima contraddizione della sentenza nella parte in cui in motivazione sembra esprimersi per la infondatezza dell’eccezione di improponibilità dell’azione, mentre in dispositivo conferma detta improponibilità relativamente alle domande relative all’esecuzione del contratto proposte dal M. nei confronti della Camporeggio srl. Il fatto controverso è così sintetizzato: “in quanto giunge a ritenere non applicabile la clausola arbitrale mentre il dispositivo contiene una pronuncia di inammissibilità dell’azione per la presenza della clausola arbitrale medesima”. Il quarto motivo, sempre relativo a vizio di motivazione, sembra riproporre la medesima questione, come si desume dalla sintesi del fatto controverso, formulata ex art. 366 bis c.p.c. (erroneamente facendo riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5). Viene denunciata infatti contraddittorietà della sentenza per avere prima ritenuto inscindibili e proponibili le cause proposte contro le due società convenute e poi dichiarato l’improponibilità delle domande di adempimento proposte contro Camporeggio srl. (cfr.

ricorso pag. 33).

Le censure, che pure colgono snodi imprecisi e formalmente contraddittori della sentenza impugnata, non sono fondate.

Chiaro è dal dispositivo della sentenza che il giudice d’appello ha ben distinto la sorte delle domande proposte dal M. nei confronti di Cogeme dal giudizio su quelle proposte nei confronti della sua controparte contrattuale Camporeggio, ritenute improponibili.

La linea di ragionamento che ha condotto la Corte a questa decisione è la seguente. Essa ha rilevato che la domanda ex art. 2932 c.c. proposta avverso Camporeggio era legata da un vincolo di dipendenza logica rispetto alle domanda volta a dichiarare la nullità, l’annullabilità o l’inefficacia nei confronti dell’attore della vendita a Cogeme. Solo venuto meno questo contratto, sarebbe stata concepibile l’azione ex art 2932 c.c.; in caso contrario, cioè ove fosse risultata validamente effettuata e opponibile ai terzi la (“seconda”) vendita, l’accoglimento della domanda ex art 2932 c.c., proposta dopo la vendita suddetta, sarebbe stato impossibile (cfr. in tal senso Cass. n. 42 del 1998 e anche 3239/94; 13282/92; 915/83).

La Corte d’appello ha pertanto esaminato le domande di nullità e annullabilità e ne ha rilevato la inconsistenza, perchè basate dall’attore sulla sola asserita circostanza che Cogeme avesse conoscenza del precedente preliminare con Camporeggio, circostanza che di per se non avrebbe potuto in alcun modo cagionare la invalidità del secondo contratto, ma tutt’al più la inefficacia di esso ex art 2901 c.c..

In questo modo la Corte ha segnato un netto discrimine tra la domanda di esecuzione specifica rivolta avverso Camporeggio e le domande proposte avverso Cogeme, che ha ritenuto esaminabili sia perchè non toccate dalla clausola compromissoria, sia perchè pregiudiziali rispetto alla prima. Stride rispetto a questa congrua e logica motivazione, l’affermazione, censurata dal ricorrente, che le due cause (più esattamente i due gruppi di domande ricolte verso convenuto diverso) fossero tra loro “inscindibili o addirittura integrassero “un’unica causa della quale tanto Camporeggio quanto Cogeme sono parti necessarie”. Si tratta di affermazione errata, ma che non vizia il resto della motivazione, che questa Corte, nell’esercizio dei poteri di cui all’art 384 c.p.c. può emendare. La decisione è infatti corretta nell’affermare la logica pregiudizialità dell’esame delle domande di Cogeme e nell’escludere la loro sottoponibilità al giudizio arbitrale, posto che nessun vincolo contrattuale contenente una clausola compromissoria vi era tra M. e Cogeme. Bene ha fatto quindi la Corte territoriale a distinguere in dispositivo la sorte delle domande rivolte verso i due diversi convenuti.

2) Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla decisione resa su un’eccezione non proposta nè rilevabile d’ufficio.

La ricorrente sostiene, formulando apposito quesito, che la Corte territoriale non poteva dichiarare l’improponibilità della domanda rivolta avverso Camporeggio, perchè detta eccezione sarebbe stata “sollevata dalla parte sotto altri profili (di difetto di giurisdizione, di incompetenza, di improcedibilità)”. La censura, poichè verte sull’ultrapetizione denunciata e non sulla validità e applicabilità della clausola compromissoria, è inesattamente prospettata con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè con riguardo al n. 4, cui ineriscono i vizi del procedimento, quale è quello denunciato. In ogni caso essa è manifestamente infondata.

Spetta infatti al giudice il potere di dare qualificazione giuridica alle eccezioni proposte; tale potere trova un limite solo in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto, nel senso che la prospettazione di parte vincola il giudice a trarre dai fatti esposti l’effetto giuridico domandato (Cass. 21484/07). Orbene, se si ricorda che la qualificazione giuridica dell’eccezione proposta va fatta alla stregua del suo contenuto reale con particolare riferimento allo scopo dell’atto, senza che possa attribuirsi rilievo a mere imperfezioni formali ovvero ad espressioni impropriamente adoperate, emerge con evidenza la capziosità della doglianza dell’istante. Il giudice di merito, ove venga, eccepita l’eccezione di compromesso arbitrale, è infatti tenuto ad accertare – con un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, se esente da vizi logici e giuridici – la sussistenza di una non equivoca manifestazione di volontà finalizzata ad ottenere l’applicazione della clausola compromissoria, restando irrilevante la deduzione di parte quale eccezione di incompetenza, difetto di giurisdizione o improponibilità, distinzione che ha diviso a lungo la giurisprudenza (v. Cass. 2486/006; 7525/07), ma che con ogni evidenza non può limitare il potere di qualificazione dell’eccezione. Non sussiste pertanto la denunciata ultrapetizione.

3) Il terzo motivo (vizio di motivazione) attiene alla “omessa valutazione di un capitolo di prova dedotto, volto a dimostrare la conoscenza in capo a Cogeme del contratto preliminare concluso fra M. e la Camporeggio”. Più precisamente solo dall’esposizione del motivo (pag. 23, punto 35) si comprende che il M. lamenta la omessa considerazione e valutazione del capitolo di prova testimoniale contenuto in sede di precisazione delle conclusioni “nella parte relativa alle richieste istruttorie”, ove si formulava un capo di prova, sempre mirante a dar prova della conoscenza del primo contratto preliminare da parte di Cogeme, diverso da quelli, articolati in altri atti, esaminati e respinti dalla Corte territoriale perchè generici. Il motivo è da rigettare per tre ragioni.

a) In primo luogo perchè la sintesi ex art. 366 bis c.p.c. omette di specificare la determinante circostanza che si trattava di un capo di prova dedotto in conclusioni e diverso dai precedenti espressamente esaminati; dunque il fatto controverso è articolato in modo insufficiente, perchè non fa comprendere, come si dirà sub b), la rilevanza dell’istanza e trascura una circostanza decisiva per valutare detta rilevanza. La carente indicazione del fatto controverso determina l’inammissibilità del motivo, per difetto della specificità richiesta dal disposto dell’art 366 bis c.p.c..

b) In secondo luogo perchè parte ricorrente omette di allegare se il capo di prova era stato articolato tempestivamente, cioè sin dal primo grado di giudizio entro il termine per memorie, ove concesso, di cui all’art. 183 c.p.c.; altresì omette dì specificare che l’istanza – eventualmente disattesa in prima battuta dal giudice di primo grado – era stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni davanti al tribunale. In difetto di tali allegazioni, la censura è inammissibile. Va infatti ribadito che la censura contenuta nel ricorso per Cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare – elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto – non alleghi e indichi la prova della tempestività’ e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire “ex actis” alla Cassazione di verificare la veridicità dell’asserzione (Cass. 19138/04).

c) Da ultimo va rilevato che il capo di prova dedotto non appare decisivo, perchè non idoneo a superare il difetto di genericità rimproverate dalla Corte territoriale alle analoghe deduzioni istruttorie aventi il medesimo obbiettivo. La Corte aveva ad esse rimproverato di non indicare come fosse stata fatta la comunicazione dell’esistenza del primo preliminare da M.I. a M.B. e S., in che termini fosse stata effettuata, nè in quale periodo. Il capo di prova non esaminato non avrebbe soddisfatto comunque i requisiti di ammissibilità, poichè restava vaga la data dei contatti tra le parti (gennaio 2004 e luglio 2004);

restavano ignote le modalità dei contatti stessi (telefonici, incontri diretti, appuntamenti prestabiliti, etc.), il luogo in cui erano avvenuti, nonchè l’occasione dalla quale erano scaturiti e le circostanze in forza delle quali a tali rapporti avevano assistito i due testi indicati.

4) L’ultimo motivo del ricorso principale lamenta un vizio di motivazione e omessa pronuncia “in merito alla domanda svolta in via subordinata”. La domanda cui il motivo si riferisce è la richiesta di declaratoria di risoluzione del contratto per fatto e colpa imputabili alla Camporeggio e di condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni. Su questo punto la Corte milanese, dopo aver ribadito che le questioni attinenti all’esecuzione del contratto dovevano essere deferite agli arbitri, ha chiarito che l’azione di risoluzione del contratto preliminare proposta “in via di estremo subordine” avrebbe potuto essere “successivamente riproposta, in quanto estranea al “concetto di esecuzione del contratto. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. E’ certamente inammissibile laddove sembra denunciare una violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia senza formulare il quesito di diritto. Attesa la puntuale motivazione data dalla Corte circa il mancato esame della domanda subordinata, in quanto rinviato ad un successivo giudizio da instaurare all’esito del giudizio sulla domanda ex art. 2932 c.c., da sottoporre agli arbitri, la censura circa la sussistenza del dovere di decidere comunque la domanda subordinata doveva esprimersi con una critica al principio di diritto sotteso alla decisione e con il relativo quesito. In assenza del quesito, questo profilo del motivo è, come detto, inammissibile.

Non sussiste neppure contraddittorietà o insufficienza della motivazione sul punto. Il ricorso rimprovera alla Corte d’appello di aver ritenuto di non poter esaminare la domanda principale ai sensi dell’art. 2932 c.c. e contemporaneamente di aver omesso l’esame della subordinata. Le due decisioni non si pongono in logica contraddizione. Contraddizione vi sarebbe stata se la Corte avesse esaminato e respinto la domanda principale e poi avesse negato l’esame di quella subordinata. Ma la Corte territoriale ha motivato diversamente, perchè ha ritenuto la necessità che, come opposto dalla Camporeggio, il giudizio pregiudiziale fosse deferito agli arbitri, lasciando così aperta la strada per l’accoglimento della domanda di esecuzione del contratto, incompatibile con quella subordinata di risoluzione del contratto stesso. L’eventuale erroneità di tale statuizione, come sopra detto, non è stata idoneamente censurata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 366 bis c.p.c., come sarebbe stato indispensabile per il fine desiderato.

5) Il ricorso incidentale proposto dalla srl Camporeggio, che denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. si chiude con la formulazione del “seguente quesito: Può essere considerato legittimo, pur in presenza di accoglimento integrale delle difese della parte convenuta appellata, il provvedimento con cui la Corte d’appello di Milano ha compensato tra le parti le spese del giudizio di primo grado e del giudizio di appello?”.

Il quesito, che mira a una risposta negativa, merita invece risposta positiva, poichè a norma dell’art. 92 c.p.c. nel testo applicabile ai giudizi instaurati prima del 2 marzo 2006, il giudice poteva compensare le spese di causa purchè concorressero giusti motivi. La decisione di compensare le spese era quindi immune dal vizio denunciato, poichè non violava la normativa applicabile. Parte ricorrente avrebbe dovuto denunciare, in ipotesi, un vizio di motivazione della decisione assunta dai giudici di merito, ma per far ciò avrebbe dovuto proporre il motivo riassumendo il fatto controverso, che non è stato esplicitato. Peraltro la complessità del caso e il parziale accoglimento dell’appello rendevano evidenti (Cass. SU 20598/08) le ragioni implicite della compensazione. Di qui il rigetto della censura.

La soccombenza delle due parti ricorrenti, in via principale e incidentale, e la revisione della motivazione relativamente a un capo di ricorso rivolto avverso Cogeme giustificano la compensazione delle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Spese compensate tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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