Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9748 del 13/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9748 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 27282-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SOCIETA’ PDP ECOLOGIA SRL IN LIQUIDAZIONE in persona
del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LIMA 7 – interno 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE
IANNUCCILLI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO
SAGLIOCCO, giusta mandato a margine del controricorso;

controricorrente –

Data pubblicazione: 13/05/2015

avverso la sentenza n. 64/44/2013 della Commissione Tributaria
Regionale di NAPOLI del 28.2.2013, depositata il 02/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
La società PDP Ecologia s.r.l. impugnava la sanzione emessa a proprio carico
dall’Ufficio per tardiva emissione di fatture relative a pagherò cambiari ricevuti
negli anni di imposta 2005 e 2006 dal Consorzio Esecuzioni speciali.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con sentenza impugnata
dall’Ufficio.
La CTR della Campania, con sentenza n.64144/13, depositata il 2.7.2013,
rigettava l’appello.
Secondo la CTR l’appello era infondato in quanto le cambiali non costituivano
finanziamento straordinario ottenuto per fare fronte ai lavori commissionati,
senza che vi fosse mai stata corrispondenza fra importo dei titoli cambiari e
fatture per le prestazioni effettuate.
Inoltre, l’importo relativo alle fatture era stato in parte onorato dal consorzio.
Per altro verso, la consegna delle cambiali costituiva una promessa di
pagamento, sicché l’imponibilità della somma era coincidente con la data di
scadenza del titolo e non con quella di consegna dello stesso. Inoltre, l’atto di
contestazione era da considerare generico in quanto privo dell’allegazione degli
elementi ai quali rinviava per relationen, da ciò derivando la nullità del
medesimo. Erano parimenti evidenti gli errori contenuti nell’avviso di
accertamento, consistenti nell’indicazione di documenti fiscali afferenti ad
annualità diverse e nella mancata considerazione che talune fatture erano state
regolate con assegni bancari. Da ciò derivava la nullità dell’atto di
contestazione per mancanza di adeguata motivazione.
L’Agenzia delle entrate ha dedotto, con il primo motivo, la violazione dell’art.6
del DPR n.633/72, nonché dell’art.21 del dPR n.633/72.
Erroneamente la CTR aveva considerato rilevante, ai fini dell’insorgenza del
momento impositivo previsto dall’art.6 cit., la data di scadenza della cambiale,
in ciò tralasciando di considerare numerose risoluzioni dell’amministrazione
fiscale, come anche Cass.n.15372/2008, tutte convergenti nel considerare
elemento idoneo a far sorgere l’obbligo impositivo la consegna dell’effetto
cambiario non contenente la clausola di non cedibilità- come era accaduto nel
caso di specie-. Peraltro, analoghe considerazioni dovevano esporsi rispetto agli
assegni bancari, per i quali rilevava, in quanto titoli esigibili a vista, il momento
del rilascio e non quello dell’incasso.
Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione dell’art.42 dPR
n600/73. La CTR aveva tralasciato di considerare che in forza della ricordata
disposizione e dell’art.7 1.n.212/2000 ai fini della validità dell’atto emesso
dall’amministrazione era sufficiente che lo stesso contenesse un rinvio per
relationein agli elementi documentali sui quali si fondava o comunque la
riproduzione degli elementi essenziali dello stesso. Ciò che era accaduto nel
Ric. 2013 n. 27282 sez. MT – ud. 25-03-2015
-2-

CONTI.

Ric. 2013 n. 27282 sez. MT – ud. 25-03-2015
-3-

o

ti

caso di specie.
Con il controricorso depositato la società contribuente ha dedotto
l’inammissibilità del ricorso — in ragione della mancata impugnazione di
un’autonoma ratio decidendi posta a base dalla decisione- e comunque la sua
infondatezza, non potendo rilevare, ai fmi del momento impositivo, mero
rilascio della cambiale.
Ad onta di quanto ritenuto dalla controricorrente non può ritenersi che la
decisione impugnata si fondasse su elementi non impugnati dall’Agenzia,
trovando invece compiuta giustificazione nella ritenuta illegittimità dell’atto per
difetto di motivazione, alla quale risultava correlata la questione relativa alla
mancata indicazione di fatture per annualità diverse e al pagamento di talune di
queste ultime con mezzi diversi da effetti cambiari.
Ciò posto, il secondo motivo è inammissibile e assorbe l’esame del primo.
Giova rammentare che il requisito motivazionale dell’accertamento, ai sensi
dell’art. 42, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, esige, oltre
alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione
creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di
essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio
nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio
d’impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti
stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva-cfr.Cass.
n.23615/2011,
Si è poi aggiunto che nel procedimento tributario, la motivazione dell’avviso di
accertamento assolve ad una pluralità di funzioni atteso che garantisce il diritto
di difesa del contribuente, delimitando l’ambito delle ragioni deducibili
dall’ufficio nella successiva fase processuale contenziosa, consente una corretta
dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a
pena di inammissibilità, e la presenza di leggibili argomentazioni dell’atto
amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione, e, infine,
assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione,
un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge,
permettendo di comprendere la “ratio” della decisione adottata. (Nella specie, la
S.C. ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato per
vizio di motivazione e ha precisato che, avendo l’amministrazione censurato la
sentenza di merito sotto il profilo della congruità del giudizio espresso su tale
aspetto, il ricorso per cassazione avrebbe dovuto riportare la motivazione in
concreto adottata, in ragione del principio di autosufficienza)-cfr.Cass. n.
22003/2013 -.
In tema di imposte sui redditi, l’art. 42, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre
1973 n. 600 richiede l’indicazione nell’avviso di accertamento non soltanto degli
estremi del titolo e della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e
delle ragioni giuridiche che lo giustificano, al fine di porre il contribuente in
condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in
caso positivo, di contestare efficacemente ‘man” ed il “quantum debeatur”. Tali
elementi conoscitivi devono essere forniti non solo tempestivamente (“ab
origine” nel provvedimento) ma anche con quel grado di determinatezza ed
intelligibilità che permetta all’interessato un esercizio non difficoltoso del diritto
di difesa-cfr.Cass. n. 16836 del 24/07/2014-.

Peraltro, questa Corte è ferma nel ritenere che la motivazione per relationem di
un avviso di accertamento è legittima non solo quando ratto richiamato sia
allegato all’avviso, ma anche se di quest’ultimo sia ivi riprodotto il contenuto
essenziale —v. Cass.1907/08; conf.Cass.6914/11, dove peraltro si precisa che
non è censurabile in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito in
ordine alla sufficienza degli stralci dell’atto di riferimento, ai fini della
rappresentazione del contenuto essenziale del medesimo-.
Orbene, nel caso di specie l’Agenzia ha censurato la decisione impugnata che
ha ritenuto l’illegittimità dell’atto per genericità della contestazione e per
l’omessa allegazione di documenti ai quali la contribuente non aveva preso
parte senza tuttavia riprodurre in ricorso il contenuto dell’accertamento dal
quale poteva univocamente desumersi l’esistenza di elementi minimali idonei a
mettere in condizione la parte contribuente di esercitare il proprio diritto di
difesa.
Ed è appena il caso di evidenziare che il mero richiamo alla segnalazione
trasmessa dalla Direzione regionale della Campania non soddisfa il canone di
autosufficienza, non rinvenendosi in ricorso il contenuto di tale segnalazione,
anche solo in stralcio, al fine di verificarne l’idoneità a sorreggere l’atto di
contestazione.
Tale omissione impedisce dunque a questa a Corte di valutare la fondatezza nel
merito della censura.
Ne consegue il rigetto dell’intero ricorso, risultando assorbito il primo motivo
in relazione al passaggio in giudicato della statuizione che ha ritenuto
l’illegittimità dell’atto per genericità e carenza di idonea motivazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore della parte
controricorrente come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia al pagamento delle spese processuali che liquida in favore
della controricorrente in euro 8.000,00 per compensi, oltre euro 100,00 per
esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della sesta sezione civile in Roma il
25.3.2015.

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