Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9745 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. II, 23/04/2010, (ud. 05/11/2009, dep. 23/04/2010), n.9745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – President – –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consiglie – –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consiglie – –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consiglie – –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26809-2004 proposto da:

F.D. (OMISSIS), M.M.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato SCALONE DI MONTELAURO

LUCIA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAINENTI

CARMINE;

– ricorrente –

contro

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 27, presso lo studio dell’avvocato PIPERNO

PAOLO DAVIDE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ERCOLI PIERANTONIO, ERCOLI COSTANTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1976/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato MAINENTI Carmine, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza parziale depositata il 12 agosto 1999, il Tribunale di Lodi rigetto’ la domanda della signora F.A. di declaratoria di nullita’ dell’atto di donazione del cinquanta per cento di un immobile stipulato in data 28 novembre 1989 tra la propria madre N.M., ved. F., il fratello dell’attrice F.D. e la moglie di costui M. M.G., dichiarando la donazione lesiva della quota di legittima dell’attrice, e disponendone la riduzione nella misura di un terzo, con assegnazione della relativa quota del diritto di proprieta’ ad F.A.. Il Tribunale dispose poi la prosecuzione del giudizio per la formazione del progetto divisionale ed il rendiconto, rimettendo le parti dinanzi al g.i..

Espletata l’istruttoria, il Tribunale, con sentenza depositata il 15 maggio 2002, dispose la divisione con assegnazione di tre lotti, secondo un progetto non condiviso dal F. e dalla M., i quali impugnarono la decisione, censurata in via di appello incidentale anche dalla signora F.A., che chiese la declaratoria di inammissibilita’ o improcedibilita’ per tardivita’ e irritualita’ della domanda degli appellanti relativa allo scioglimento della comunione anche tra i convenuti ed alla separazione della quota ereditata da F.D. dalla madre dalla quota a loro congiuntamente pervenuta per donazione.

2. – La Corte d’appello di Milano, dopo aver disposto una c.t.u. con nomina dello stesso consulente che aveva gia’ valutato il compendio immobiliare di cui si tratta, con sentenza depositata il 26 maggio 2004, accolse il gravame incidentale, e dispose la divisione dell’immobile in due lotti, l’uno assegnato ad A., l’altro assegnato congiuntamente ai coniugi F. M..

Conseguentemente, in riforma delle pronunce di conguaglio, il giudice di secondo grado condanno’ F.A. a pagare in via solidale alla M. e al F. la somma di Euro 8124,00, mentre condanno’ il solo F.D. a pagare ad A. la somma di Euro 17277,96 a titolo di rimborso dei frutti della unita’ a lei assegnata prodotti negli anni 2002 e seguenti.

Rilevo’ la Corte di merito che la domanda degli appellanti, relativa allo scioglimento anche della comunione in essere tra loro in forza della donazione e di separazione tra loro della quota ereditata dal F. dalla quota loro congiuntamente pervenuta per donazione, era effettivamente inammissibile per tardivita’ ed irritualita’ di proposizione.

La Corte condivise poi i criteri utilizzati dal c.t.u. per la formazione dei lotti, rilevando, quanto al principale motivo di dissenso degli appellanti, che la ripartizione aveva comportato un’assegnazione ad entrambi i lotti, sia pur di minore entita’ per il F. e la M. quanto al primo ed al secondo piano, degli alloggi a fronte strada, mentre l’assegnazione a costoro della parte interna del piano terra e del primo piano era bilanciata dalla maggior quota ad essi spettante sii quei piani.

Il motivo di gravame che investiva la mancata rivalutazione del conguaglio e la pretesa di liquidazione d’ufficio del maggior danno per lievitazione del prezzo di mercato del bene fu ritenuto infondato alla stregua delle valutazioni del c.t.u..

Infine, poiche’ gli originari convenuti non avevano reso il conto della gestione, occorreva, secondo la Corte, stabilire il reddito derivato dalla gestione degli immobili posseduti e determinare la quota di spettanza della F., detratto il valore locativo dell’unita’ dalla stessa goduta. Al riguardo, il c.t.u. aveva indicato il canone percepito dal F. sugli appartamenti da lui posseduti sulla base del valore di mercato, e la Corte ritenne equo decurtare la somma cosi’ ottenuta del venti per cento, rilevando che non era dimostrato che tutti gli appartamenti fossero stati locati per l’intero periodo di cui si tratta.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono F.D. e M.M.G. sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso F.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, si deduce il vizio di omessa motivazione in ordine ai rilievi mossi dagli appellanti, attuali ricorrenti, sui criteri adottarti dal c.t.u. per la formazione dei lotti e sui valori attribuiti agli stessi. La Corte di merito si sarebbe uniformata al parere del consulente, senza alcun esame delle contestazioni mosse alla relazione del c.t.u.. Parimenti, il giudice di secondo grado avrebbe omesso di motivare anche in ordine agli ulteriori rilievi mossi dagli appellanti alla sentenza di primo grado, con riguardo alla disposta assegnazione alla F. dell’alloggio di maggior valore, dalla stessa occupato, e di altri alloggi collocati a fronte strada, in una posizione privilegiata rispetto a quelli, posti nella parte retrostante del fabbricato, attribuiti al D. ed alla M..

2.1. – La censura non puo’ trovare ingresso nel presente giudizio di legittimita’.

2.2. – Essa, che attiene sostanzialmente al quantum delle assegnazioni, impinge all’evidenza in valutazioni di merito, concernenti i criteri cui si e’ attenuto il c.t.u. nella valutazione del compendio immobiliare e nella predisposizione del progetto divisionale, condivisi nel giudizio di merito.

Tra l’altro, deve porsi in rilievo la genericita’ dei rilievi, limitati alla sottolineatura di una pretesa iniquita’ della formazione dei lotti, in assenza di piu’ specifiche contestazioni delle scelte adottate. Per contro, la Corte ambrosiana ha congruamente motivato in ordine alla condivisione dei criteri adottati dal c.t.u., gia’ positivamente vagliati dal giudice di primo grado, con riferimento alla costituzione di porzioni di fabbricato omogenee “da cielo a terra” per favorire l’accorpamento dei locali ed evitare la costituzione di vincoli e servitu’, ovvero con riferimento all’assegnazione di alloggi gia’ occupati dagli assegnatari ed oggetto di migliorie.

Il giudice di secondo grado si e’ altresi’ fatto carico dell’apparente maggior vantaggio acquisito, in sede di assegnazione, da F.A. in relazione al conseguimento di alloggi fronte strada, laddove quelli attribuiti ai coniugi F. M. erano per lo piu’ collocati nella parte retrostante del medesimo fabbricato; ed ha, in proposito, per un verso, rilevato che anche costoro avevano conseguito alloggi a fronte strada, pur se in misura ridotta al primo ed al secondo piano del medesimo fabbricato (ma maggiore al piano terreno), e, per l’altro, che siffatta ripartizione aveva anche comportato l’assegnazione alla coppia della quota maggioritaria dei lotti.

3. – Con la seconda doglianza, si denuncia la violazione dell’art. 263 cod. proc. civ. La Corte di merito, avendo omesso di ordinare, ai sensi della disposizione invocata, la presentazione del conto, avrebbe errato nell’imputare agli attuali ricorrenti tale inadempimento e farne conseguire la condanna al pagamento dei frutti.

4.1. – La censura e’ destituita di fondamento.

4.2. – Essa si basa all’evidenza sull’erroneo presupposto che la condanna al pagamento dei frutti degli immobili gia’ posseduti dagli stessi fosse configurabile alla stregua di una sanzione per la mancata presentazione del rendiconto, laddove essa rappresenta semplicemente la esecuzione di un obbligo conseguente all’avvenuto conseguimento, da parte degli attuali ricorrenti, del reddito dei beni da essi goduti e successivamente assegnati alla F..

5. – Con il terzo motivo, si lamenta il vizio di mancanza di motivazione in ordine alle doglianze espresse in sede di gravame sui criteri adottati dal Tribunale per riconoscere in favore della F. la somma di L. 17.277,96 a titolo di frutti. Gli appellanti avevano sostenuto, sulla base della stessa relazione del c.t.u., che le unita’ immobiliari in questione almeno fino al 1996 non avevano dato frutti per non essere state locate, in quanto degradati e vetusti e percio’ abbisognevoli di interventi di manutenzione. La Corte di merito, sul punto, si era limitata a richiamare le argomentazioni del giudice di primo grado, che si era avvalso della c.t.u. contestata dagli appellanti.

6.1. – La doglianza e’ inammissibile.

6.2. – Il convincimento del giudice di secondo grado sul punto e’ sorretto da motivazione adeguata e priva di vizi logico-giuridici, che fa riferimento, oltre che alla inesistenza della dimostrazione della impossibilita’ di locazione delle unita’ abitative di cui si tratta, alla pretestuosita’ della difesa degli appellanti, nonche’ alla decurtazione, gia’ effettuata nella misura del 20 per cento, della somma corrispondente ai valori locativi degli immobili de quibus, alla stregua della considerazione del periodo di inutilizzabilita’ dei locali in coincidenza con i necessari interventi di ristrutturazione.

In presenza di siffatto percorso argomentativo, risulta inibita a questa Corte alcuna possibilita’ di compiere rivalutazioni degli apprezzamenti svolti dal giudice del merito.

7. – Con la quarta censura si denuncia ancora il vizio di omessa motivazione in ordine alla doglianza degli appellanti relativa alla mancata rivalutazione della somma corrisposta a titolo di conguaglio, ritenuta inferiore a quella dovuta dalla F., ed alla mancata determinazione del valore degli immobili in questione con riferimento ai prezzi, di mercato al momento della conclusione del giudizio di divisione. Il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a confermare la valutazione operata dal c.t.u., contestata dai ricorrenti.

8.1. – La censura e’ immeritevole di accoglimento.

8.2. – Ed infatti, la mancata rivalutazione del conguaglio trova adeguata giustificazione, nella motivazione della sentenza censurata, con riferimento nella vetusta’, accresciuta negli anni, dell’immobile e nel conseguente progressivo degrado dello stesso, che compensava l’incremento dei valori immobiliari intervenuto nelle more.

9. – La quinta doglianza riguarda la asserita violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., con riguardo alla liquidazione delle spese del giudizio a carico degli appellanti. Avrebbe errato la Corte territoriale, avendo accolto, sia pure parzialmente, il gravame, nel porre a carico della parte vittoriosa le spese processuali.

10.1. – Il motivo e’ infondato.

10.2. – Invero, gli attuali ricorrenti non rappresentano la parte vittoriosa nel giudizio di merito, se solo si consideri che la sentenza impugnata ha parzialmente accolto l’appello incidentale dell’appellata, attuale resistente. E, dunque, non puo’ configurarsi alcun divieto per il giudice di secondo grado di porre a carico degli stessi il pagamento delle spese del giudizio di appello.

11. – Con il sesto motivo, si lamenta il vizio di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovo della c.t.u. e nomina di un nuovo consulente tecnico, sul cui rigetto il giudice di secondo grado non avrebbe fornito argomentazioni.

12.1. – La censura e’ destituita di fondamento.

12.2. – Al riguardo, deve sottolinearsi che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, come di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice.

L’esercizio di tale potere non e’ sindacabile in sede di legittimita’, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (v., in tal senso, tra le piu’ recenti, Cass., sentt. n. 27427 del 2008, n. 26499 del 2009).

Di piu’: non e’ neppure necessaria espressa pronunzia sul punto, quando risulti, dal complesso della motivazione, che lo stesso giudice ha ritenuto esaurienti i risultati conseguiti con gli accertamenti svolti (v. Cass., sentt. n. 20821 del 2006).

13. – Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. In ossequio al criterio della soccombenza, le spese del presente giudizio – che vengono liquidate come da dispositivo – devono essere poste a carico dei ricorrenti in solido.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1200,00, di cui Euro 1000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA