Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9742 del 18/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/04/2017, (ud. 16/02/2017, dep.18/04/2017),  n. 9742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25717/2012 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici domicilia

in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente

contro

M.R.M., D.R., F.S.,

C.G.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 584/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/07/2012 R.G.N. 2751/11.

Fatto

RILEVATO

Che con sentenza in data 26/07/2012 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano n. 4947/2011, la quale accoglieva la domanda di M.R.M., D.R., F.S., C.G., tutte titolari di una serie ininterrotta contratti a termine, con cui le stesse chiedevano il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in corrispondenza dei contratti a termine intercorsi con la parte convenuta, a tutti gli effetti giuridici ed economici, con esito sulla posizione stipendiale progressiva e sulla ricostruzione della carriera.

Che la domanda era accolta dai giudici del merito in conformità della clausola 4, punto 1 dell’Accordo Quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato (e della Direttiva 1999/70/CE recepita in Italia dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6), la quale dispone che, per quanto riguarda le condizioni d’impiego i lavoratori a tempo determinato “…non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.

Che avverso tale sentenza il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha proposto ricorso affidato a due motivi, mentre le lavoratrici sono rimaste intimate.

Diritto

CONSIDERATO

Che nel primo motivo la parte ricorrente appunta le sue censure sulla circostanza per la quale, la specialità della normativa sui rapporti di lavoro nel settore scolastico (D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 389 e segg. e artt. 520-523, modificati dalla L. n. 124 del 1999, art. 4, nonchè dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che richiama il T.U. n. 297 del 1994, quanto alle procedure di reclutamento del personale) consentirebbe di stipulare contratti a termine per il personale non di ruolo per far fronte a esigenze contingenti, e che pertanto l’esclusione della progressione economica legata all’anzianità di servizio sarebbe sorretta da ragioni oggettive che escludono qualsiasi profilo di disparità di trattamento con i lavoratori a tempo indeterminato dello stesso comparto.

Che nel secondo motivo il Ministero contesta la sentenza gravata nella parte in cui, respingendo l’eccezione di prescrizione, ha sostenuto la decorrenza decennale e non invece quinquennale della prescrizione, trattandosi di crediti retributivi (art. 2947 c.c. e art. 2948 c.c., n. 4).

Che codesta Corte, con sentenza n. 22558 del 7/11/2016 ha riconosciuto che nel settore scolastico, la clausola dell’Accordo Quadro sul rapporto a tempo determinato recepito nella Direttiva n. 1999/70/CE di diretta applicazione “…impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”.

Che a dette conclusioni, codesta Corte è giunta valorizzando la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia Europea sulla clausola 4 dell’Accordo Quadro, la quale afferma l’illegittimità di qualsiasi disparità di trattamento con riguardo alle condizioni d’impiego in base alla mera natura temporanea di un rapporto di lavoro e pone in capo agli Stati membri l’obbligo di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, prescindendo dal termine apposto al contratto (Corte di Giustizia 13/09/2007 C-307/5 Del Cerro; Corte di Giustizia 22/12/2010 C444/09 Gavieiro).

Che il primo motivo di ricorso del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca non prospetta argomenti tali da indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio.

Che il ricorso prospetta inammissibilmente questioni, implicanti accertamento di fatto, sulla durata della supplenza, sulle modalità di calcolo della anzianità di servizio alle quali non è fatto alcun cenno nel ricorso e nella motivazione della sentenza impugnata.

Che il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il capo della decisione relativo al rigetto della eccezione di prescrizione, per violazione dell’art. 2947 c.c. e art. 2948 c.c., n. 4, è inammissibile innanzitutto perchè il ricorrente non indica in che termini la questione potrebbe incidere sulla fattispecie concreta, ossia se e in quale misura la pretesa della controricorrente potrebbe essere paralizzata dalla eccepita prescrizione quinquennale.

Che nel giudizio di cassazione l’interesse all’impugnazione va valutato in relazione ad ogni singolo motivo e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, bensì deve essere apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile dall’eventuale accoglimento del gravame della parte (Cass. n. 13373/2008 e n. 15353/2010) utilità che deve poter essere desunta dagli elementi che la parte è tenuta a indicare nel ricorso.

Che, pertanto, il ricorso va rigettato nulla dovendosi disporre delle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensive.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2017

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