Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9742 del 13/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9742 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 15957-2013 proposto da:
ISF SRL 02179670548, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO TIEGHI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati DANIELA CUTARELLI, ROBERTO
ALTIERI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

2326
—15

Data pubblicazione: 13/05/2015

avverso la sentenza n. 214/1/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PERUGIA del 13/11/2012,
depositata il 19/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

udito l’Avvocato Daniela Cutarelli difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti ed insiste per raccoglimento del ricorso.
In fatto e in diritto
La società I.S.F. s.r.l.propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo, contro la sentenza resa dalla C’TR Umbria n.214/1/12 depositata il
19.12.2012.La CTR, nel rigettare l’appello proposto dalla società contribuente,
ha ritenuto la legittimità della pretesa fiscale relativa alla ripresa a tassazione di
IVA per l’anno 2005, in ragione del carattere imponibile delle operazioni di cui
a n.11 fatture emesse dalla ISF nei confronti di Eumedica Pharmaceuticals.
Secondo il giudice di appello non ricorrevano i presupposti per l’applicazione
del regime di esenzione previsto per le operazioni intracomunitarie, in quanto la
)„… cegente non aveva indicato nelle fatture il nome e il numero di partita Iva del
ra present4 fiscale in Belgio della Eumedica, consegnando effettivamente la
merce nella sede belga.
La società contribuente lamenta la violazione degli artt.41 c.1 letta) 46 c.2 e 50
c.1 d..1.n.331/1993, nonché dell’art.3 dIgs.n.472/1997 e degli artt.22 e 28
novies della sesta direttiva CEE.
Deduce che essendo certa e pacifica la consegna della merce in territorio
comunitario da parte della cedente, l’omessa indicazione del numero di partita
IVA del cessionario non incideva sulla natura esente dell’operazione di
cessione intracomunitaria, come aveva riconosciuto questa Corte nelle sentenze
n.12455/2007 e 23075/2012, una volta che fosse risultato provato il
trasferimento e consegna della merce in Paese UE.
L’Agenzia delle entrate non ha depositato difese scritte.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha ritenuto che “Ai fini del riconoscimento della non imponibilità
ai fini IVA delle cessioni intracomunitarie la procedura di attribuzione del
codice identificativo del cessionario, pur rimanendo centrale ai fini della
sussumibilità dell’operazione nell’ambito di quelle regolate dagli artt.41 e 50
din.331/1993, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, non può
determinare, se mancante, il venir meno della possibilità di inquadrare la
stessa nell’ambito di quelle intracomunitarie, allorchè l’operatore provi in
modo rigoroso tutti i requisiti sostanziali dalla normativa di settore sulla base
degli elementi ritualmente prodotti nel corso del procedimento.”cfr. Cas s.n.17254/2014-.
Ora, tale indirizzo attribuisce all’indicazione del codice identificativo un rilievo
meramente formale ai fini dell’esenzione, in ciò uniformandosi alla

0 Th

Ric. 2013 n. 15957
-2-

sez.

MT – ud. 25-03-2615

CONTI;

giurisprudenza eurounitaria che ha escluso la natura di requisito sostanziale a
detto codice – Corte giust., 6 settembre 2012, C-273/11, Mecsek-Gabona Kft,
Corte giust. 27 settembre 2012, C- 587/10, Vogtlandische Strafien-, Tief- und
Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch; Corte giust.14 marzo 2013 causa C527/11, Ablessio, p.32-, come sintetizzato dalla successiva giurisprudenza di
questa stessa Corte – Cass.n.22127/2013 e Cass.n.1725412014-.
In definitiva, secondo la giurisprudenza
appena ricordata, il nucleo
fondamentale posto a giustificazione del carattere esente dell’operazione è
rappresentato dalla consegna della merce in Paese UE, al quale si aggiunge la
sicura identificabilità del soggetto cessionario, senza che l’omessa indicazione
del codice identificativo IVA possa rappresentare un ostacolo alla natura non
imponibile dell’operazione quando non vi siano dubbi in ordine all’esistenza di
tale soggetto.
Nella prospettiva evidenziata dalla Corte di Giustizia lo status di soggetto
passivo non dipende dall’attribuzione di un numero di identificazione fiscale,
potendo e dovendo tale condizione essere eventualmente provata con altri dati
oggettivi.
In definitiva, il meccanismo fissato a livello UE è teso a garantire che l’imposta
sia pagata nello Stato membro in cui avviene il consumo finale del bene, sicchè
per assicurare una corretta applicazione di tale regime, appare utile identificare
determinati soggetti passivi IVA attraverso un numero individuale indicante lo
Stato membro che lo aveva attribuito. Ne consegue che detto numero di
identificazione costituisce un’indicazione abbreviata della posizione fiscale del
soggetto passivo a fini IVA, utile per agevolare il controllo fiscale delle
operazioni intracomunitarie.
Dai principi esposti dal giudice UE appena ricordati possono individuarsi due
ulteriori corollari e precisamente che:a) lo status di soggetto passivo non si
acquista esclusivamente ottenendo il numero di identificazione, non costituendo
l’indicazione di questo l’unico mezzo per dimostrare che l’acquirente,
nell’operazione in questione, ha agito in qualità di soggetto passivo. Ne
consegue che l’inadempimento di siffatto obbligo non può privare il venditore
dell’esenzione cui ha diritto;b) in assenza dell’indicazione del codice
identificativo, per provare lo status di soggetto passivo il venditore può
utilizzare altri «elementi oggettivi» – Corte giust., 27 settembre 2007, Teleos
e a., C-409/04, p. 40-per dimostrare che l’acquirente ha agito in tale qualità —
cffiConcl.Avv.Gen.Pedro Cruz Villalòn presentate il 21.6.2012 nella causa
587/10, Vogtlandische Strafien-, Tief- und Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch
(VSTR), sub nota 17: <<...Riprova di ciò è anche il disposto dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 77, pag. 1), a tenore del quale «[s]alvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che un destinatario stabilito nella Comunità ha lo status di soggetto passivo: a) se il destinatario gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA (...); b) se il destinatario non ha ancora ricevuto un numero individuale di identificazione IVA, ma lo informa che ne ha fatto richiesta, qualora ottenga qualsiasi altra prova (...)». Ric. 2013 n. 15957 -3- sez. MT - ud. 25-03-2015 e A tali principi non si è uniformata la sentenza impugnata che, pur dando atto dell'avvenuta consegna della merce in Paese comunitario presso la sede belga della società cessionaria, ha dato esclusiva rilevanza all'omessa (formale) indicazione del codice identificativo IVA per escludere il carattere esente dell'operazione senza valutare la ricorrenza dei presupposti per fruire del regime di non imponibilità ai fini IVA connesso alle operazioni intracomunitarie. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell'Umbria per nuovo esame e per la liquidazione delle spese dell'intero giudizio PQM La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis cpc Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell'Umbria per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso il 25.3.2015 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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