Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9741 del 13/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9741 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 14091-2013 proposto da:
RISCOSSIONE SICILIA SPA 00833920150 – già SERIT SICILIA
SPA (per atto di fusione) quale Agente della Riscossione per le
province siciliane in persona del Direttore Generale, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, presso lo studio
dell’avvocato MARIA TARANTINO (Studio Legale avv. Daniele
Urbani), rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI DI SALVO,
giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
PREFETTURA DI PALERMO in persona dcl Prefetto pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 13/05/2015

- controricorrente
nonché contro
D’ ACQUISTO GASPARE;

– intimato –

20.8.2012, depositata il 24/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/02/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHIN1;
premesso in fatto
che Gaspare D’Acquisto, con ricorso del 31 maggio 2008,
propose opposizione all’intimazione di pagamento emessa dalla
spa Serit Sicilia per il recupero di sanzioni amministrative dovute
ad infrazioni del 1997 , iscritte a ruolo nel 2003, evocando innanzi
al Giudice di Pace di Palermo sia la delegata alla riscossione sia la
Prefettura di quella città, che aveva formato il ruolo, eccependo la
prescrizione del diritto a procedere alla riscossione;
che la Serit Sicilia eccepì di non essere legittimata passiva
dell’opposizione in quanto estranea al rapporto creditorio dedotto.
che il Giudice di Pace accolse l’opposizione e condannò sia la Serit
Sicilia che la Prefettura, in solido, al pagamento delle spese di lite;
che la Serit Sicilia propose appello in relazione al capo attinente
alla ripartizione delle spese del giudizio; nel contraddittorio .delle
altre parti, il Tribunale di Palermo confermò la precedente
decisione, condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori
spese di lite;
che la spa Riscossione Sicilia — risultante dalla fusione con la Serit
Sicilia – ha proposto ricorso per la cassazione dell’indicata
decisione, sulla base di tre motivi di annullamento;
Ric, 2013 n. 14091 sez. M2 – ud. 12-02-2015
-2-

avverso la sentenza n. 3452/2012 del TRIBUNALE di PALERMO del

che la Prefettura — Ufficio territoriale del Governo — ha risposto
con controricorso; il D’Acquisto non ha svolto difese;
che è stata depositata e ritualmente comunicata alle parti relazione
a’ sensi dell’art. 380 bis cpc del seguente tenore:
“i — Con il primo motivo si denunzia l’omessa motivazione sulla
conferma della condanna al pagamento delle spese del primo grado di
giudizio, pur essendosi dedotta la carenza di responsabilità dell’ente
preposto alla riscossione nell’aver notificato un ruolo formato quando
cià era maturato il termine di prescrizione della pretesa azionata; con
il secondo motivo viene eccepita la omessa pronunzia su tale motivo
di gravame; con il terzo mezzo si lamenta la violazione dell’art. 91 cpc
perché la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese pur
non essendo parte soccombente.
I.a II primo motivo non è ammissibile per non idoneità del mezzo a
far emergere il vizio descritto dall’art. 360, I comma n.5 cpc, in quanto
oggetto dell’impugnazione è l’omessa pronunzia su un motivo di
gravame e non già una carenza motivazionale su una censura
comunque esaminata.
I.b — Il secondo mezzo è fondato perché il giudice dell’appello — al
quale era stato commesso l’esame dei presupposti della soccombenza,
per riscontrare la legittimità della condanna in via solidale al
pagamento delle spese- si è limitato a ribadire la prescrizione del diritto
alla riscossione, mancando la prova di atti interruttivi della stessa,
dunque non percependo quale fosse la effettiva materia controversa
oggetto di gravame e, di conseguenza, omettendo qualsiasi pronunzia
in merito ad essa.
I.c — Il terzo mezzo rimane assorbito.”
*****
rilevato altresì
Ric. 2013 n. 14091 sez. M2 – ud. 12-02-2015
-3-

4

che è stata depositata memoria e che procuratori delle parti non hanno
partecipato all’adunanza camerale.
Osserva in diritto
La Corte condivide la soluzione proposta quanto al primo motivo ma
non quella di accoglimento del secondo mezzo ( restando peraltro

la necessità di rinvio alla pubblica udienza, essendo rimasto il thema
decidendum nell’ambito dell’ipotesi di cui all’art. 375 n.5 cpc: vedi Cass.
Sez. Un. n.8999/2009), perchè la censura , da un lato difetta di
specificità, per non aver riportato il relativo motivo di appello e,
dall’altro, difetta anche di interesse là dove non viene impugnata in sè
la omessa pronuncia ( o, se vuolsi, l’implicito rigetto) sulla censura con
la quale la Serit voleva far valere la propria estraneità al decorso del
termine prescrizionale per inattività da imputarsi al solo ente
impositore, così che la statuizione di conferma della solidale
responsabilità per le spese, ne risultava ribadita; uguale esito va dato
anche al terzo motivo.
Il ricorso va dunque rigettato e parte ricorrente condannata al
pagamento delle spese di lite secondo la liquidazione indicata in
dispositivo; sussistono altresì i presupposti per il versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 qua ter dell’art. 13,
d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese che liquida in euro 2.700,00 oltre spese prenotate e prenotande
a debito, in favore della parte controricorrente; a’ sensi dell’art. 13,
comma I ‘9″t” , del d.P.R. n. 115/2002, dichiara la sussistenza dei
Ric. 2013 n. 14091 sez. M2 – ud. 12-02-2015
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ferma la possibilità di decisione in camera di consiglio , senza dunque

presupposti per il versamento, da parte della medesima ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso stesso, a norma del comma I bis dello stesso art.
13.
Così deciso il 12 febbraio 2015 in Roma, nella camera di consiglio

della sez VI-2 della Suprema Corte di Cassazione

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