Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 974 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 17/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.17/01/2017),  n. 974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27356-2011 proposto da:

ATLANTIA S.P.A., (c.f. (OMISSIS)), già AUTOSTRADE S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, e AUTOSTRADE PER L’ITALIA

S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso

l’avvocato MARIO SANINO, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, giusta procure a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

ANAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

ASTALDI S.P.A., FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A.;

– intimati –

Nonchè da:

ASTALDI S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), quale incorporante della ITALSTRADE

S.P.A., a sua volta cessionaria del ramo di azienda CELT (Consorzio

Iniziative Liguri Toscane), in proprio e quale mandataria delle

Imprese temporaneamente riunite TECNOSVILUPPO S.R.L., COOPSETTE SOC.

COOP., SIGIC S.P.A., LOMBARDINI S.P.A., FABBRONI S.P.A. (ora

BASILEUS S.P.A.) e CARENA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, e FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Curatore avv. G.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 290,

presso l’avvocato PAOLO CARBONE, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GUIDO MANCINI, MAURIZIO POLONI, giusta

procure a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

ATLANTIA S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), già AUTOSTRADE S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, e AUTOSTRADE PER L’ITALIA

S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso

l’avvocato MARIO SANINO, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, giusta procure a margine del ricorso

principale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

contro

ANAS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2357/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato GIUSEPPE BERNARDI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto dell’incidentale;

udito, per la controricorrente ANAS, l’Avvocato ETTORE FIGLIOLIA che

si riporta agli scritti;

uditi, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, gli Avvocati

GUIDO MANCINI e MAURIZIO POLONI che hanno chiesto in primis un

rinvio per integrazione del contraddittorio, in subordine il rigetto

del ricorso principale; l’accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo

del ricorso principale e per il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato l’11 marzo 1993, il Consorzio di imprese CILT (oggi Astaldi s.p.a.), in proprio e quale capogruppo del raggruppamento ricomprendente altre sette società, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma la società Autostrade s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento delle somme relative alle riserve iscritte negli atti contabili del contratto di appalto, stipulato il (OMISSIS), avente ad oggetto la realizzazione del collegamento tra lo svincolo di (OMISSIS), l’Aeroporto (OMISSIS), la sopraelevata e la SS. (OMISSIS) e la viabilità lungo il torrente (OMISSIS). La convenuta evocava in giudizio l’ANAS, con la quale aveva stipulato, in data (OMISSIS), una convenzione regolante il rapporto di concessione di sola costruzione, conferito dall’ANAS alla Autostrade, al fine di essere dalla medesima manlevata da quanto fosse stata condannata a pagare a favore dell’attore. La chiamata in causa si costituiva proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale di risarcimento danni per inadempimento nei confronti della società Autostrade e del CILT. Il Tribunale adito, con sentenza n. 4810/2005, accoglieva parzialmente la domanda attorea, mentre rigettava le domande tutte proposte dall’ANAS e dalla Autostrade s.p.a.

2. In parziale riforma della sentenza di prime cure, la Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2357/2011, depositata il 26 maggio 2011, dichiarava l’inammissibilità della domanda dell’appaltatore relativa alle riserve nn. 13, 15, 19 e 20, e la decadenza in relazione alla riserva n. 11, rigettava l’appello incidentale proposto dalla Astaldi s.p.a. (quale incorporante la società Italstrade s.p.a., a sua volta acquirente del ramo di azienda del CILT), e dichiarava assorbito l’appello incidentale condizionato proposto dall’ANAS.

3. Per la cassazione di tale decisione hanno proposto, quindi, ricorso principale le società Atlantia s.p.a. (già Autostrade s.p.a.) e Autostrade per l’Italia s.p.a., nei confronti della Astaldi s.p.a. e del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. (una delle imprese del raggruppamento), sulla base di sei motivi.

4. La resistente Astaldi s.p.a. ha replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi. Il fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.

5. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via pregiudiziale, ritiene la Corte che non debba essere disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ANAS da parte dell’Astaldi s.p.a., ricorrente in via incidentale, come dalla medesima richiesto, essendo stato l’ANAS già citato nel presente grado del giudizio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., dalle ricorrenti Atlantia s.p.a. e dalla Autostrade per l’Italia s.p.a., che avevano spiegato, in primo grado, domanda di manleva nei confronti dell’ente. Quest’ultimo era stato parte, quindi, del giudizio sia di primo che di secondo grado, oltre che ad esserlo – come dianzi detto – nel giudizio di legittimità. La giurisprudenza citata dalla Astaldi s.p.a., a sostegno della domanda di integrazione del contraddittorio (Cass. 20552/2014; 11055/2009), si riferisce, per contro, al diverso caso in cui il terzo chiamato in garanzia – che abbia contestato anche il titolo dell’obbligazione principale e, quindi, la fondatezza della domanda proposta nei confronti del proprio chiamante – non sia stato parte nel giudizio di appello, talchè debba essere integrato il contraddittorio nei suoi confronti da parte della Cassazione. D’altro canto, ad escludere ulteriormente la necessità di notifica del ricorso incidentale nei confronti dell’ANAS, contribuisce, altresì, il rilievo che il ricorso in questione è stato proposto dalla Astaldi s.p.a. esclusivamente nei confronti delle Autostrade, e non anche dell’ANAS.

2. Premesso quanto precede, va rilevato che, con il primo motivo di ricorso, Atlantia s.p.a. e Autostrade per l’Italia s.p.a. denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116, 132, 157, 161, 194 e 196 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

2.1. Le istanti si dolgono del fatto che la Corte di Appello abbia rigettato il motivo di gravame relativo alla dedotta nullità della c.t.u., espletata nel giudizio di primo grado, per non avere il consulente tenuto conto della nota del 4 febbraio 2004, depositata dai c.t. di parte delle odierne ricorrenti, nonchè della cospicua documentazione allegata alla stessa, “per assoluta indisponibilità di tempo”, e di non avere neppure allegato, ai documenti depositati dalle società Autostrade nel corso delle operazioni peritali, tre elaborati grafici recanti l’indicazione delle linee costituenti impedimenti all’ esecuzione dei lavori. Siffatte gravi omissioni di attività del consulente di ufficio avrebbero inciso in maniera evidente, ad avviso delle istanti, sulla regolarità del contraddittorio e sull’espletamento del loro diritto di difesa, determinando – contrariamente all’assunto della Corte di Appello – la radicale nullità dell’elaborato peritale.

2.2. La doglianza è fondata.

2.2.1. La motivazione della Corte territoriale sul punto si fonda, invero, su due assunti: a) l’essere stata la nullità della c.t.u. eccepita tardivamente in prime cure, non nella prima udienza o difesa successiva al deposito della relazione peritale; b) l’irrilevanza dell’omessa valutazione della documentazione in questione ai fini della difesa delle Autostrade, atteso “l’ampio spiegamento delle proprie ragioni” che le medesima avrebbero avuto modo di effettuare in ordine al quesito concernente la rilevanza degli impedimenti suindicati sul programma dei lavori.

2.2.1.1. Orbene, per quanto concerne il primo assunto, la giurisprudenza di questa Corte ha effettivamente affermato che l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito avendo natura giuridica di nullità relativa (cfr. Cass. 24996/2010; 1744/2013; 4448/2014). Senonchè, nel caso concreto, le contestazioni in questione alla c.t.u. risultano proposte nel verbale di udienza del 25 giugno 2004 (trascritto nel ricorso, pp. 33 e 34), fissata proprio per l’esame dell’elaborato peritale depositato il 13 aprile 2004, nel quale il difensore di Autostrade richiamava l’esplicita ammissione del c.t.u. di non avere tenuto conto della nota dei c.t. di parte del 4 febbraio 2004 e della relativa documentazione allegata. Nel medesimo verbale si faceva riferimento, altresì, alle note critiche alla consulenza in data 24 giugno 2004, redatte dai c.t.p. di Autostrade, nelle quali i consulenti rilevavano che “tutti i ragionamenti e le verifiche effettuate dal c.t.u. in relazione alla presenza degli impedimenti ed alla loro rimozione sono falsati per il fatto che lo stesso non ha tenuto in alcuna considerazione la nota (…) del 4.2.2004, dove sono riportati per le interferenze lamentate dall’impresa i dati necessari per la loro corretta valutazione”. Nella successiva udienza del 24 settembre 2004, il difensore di Autostrade insisteva, poi, nella richiesta di “revoca del c.t.u. con nomina di un nuovo perito”.

E’ di tutta evidenza, pertanto, che la sussistenza di un vizio procedurale della consulenza disposta in prime cure, tale da determinare un pregiudizio per la difesa di Autostrade, alla luce di quanto sopra rilevato, sia stata tempestivamente evidenziata dalla parte interessata. Ebbene, le irritualità poste in essere nell’espletamento della consulenza ne determinano la nullità ove procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, fermo restando che è onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano conseguite alla denunciata irregolarità (cfr. Cass. 13428/2007; 15874/2010).

2.2.1.2. A tale ultimo riguardo, non convince, peraltro, I’ apodittico assunto del giudice di appello, secondo cui l’omesso esame della nota e dei documenti allegati non avrebbe avuto incidenza alcuna sul diritto di difesa di Autostrade, atteso “l’ampio spiegamento delle proprie ragioni” da parte della medesima. Ed invero, oltre a quanto è possibile desumere dalla predetta nota difensiva circa il carattere palesemente “falsato” – per ovvie ragioni – che la c.t.u. avrebbe assunto per effetto del mancato esame dei documenti in questione, in relazione al quesito n. 2 (impedimenti all’esecuzione delle opere), va rilevato che dalla stessa sentenza di appello (p. 8) si evince che il consulente, nell’accesso del 23 luglio 2003, aveva consegnato alle parti una tabella in bianco proprio ” al fine di conoscere la rilevanza degli impedimenti sul programma di lavoro”. E tuttavia, lo stesso consulente ammetteva, poi, di non avere tenuto conto della nota esplicativa e della “cospicua documentazione ad essa allegata”, per mancanza di tempo, sebbene tale nota (4 febbraio 2004) gli fosse stata messa a disposizione più di due mesi prima della data di deposito della relazione peritale (13 aprile 2004), salvo, poi, a concludere che Autostrade non aveva fornito risposte su molti degli impedimenti che avevano determinato l’interruzione dei lavori, indispensabili per una corretta quantificazione delle riserve (ricorso, p. 40). Sicchè è del tutto evidente il vulnus che il diritto di difesa di Autostrade ha subito per effetto di tale condotta omissiva del consulente, erroneamente avvallata della Corte di merito.

2.2.2. Nè può in alcun modo rilevare il fatto che le parti – come si rileva dalla sentenza di appello (p. 8) – avessero stabilito d’accordo il termine ultimo per relative note e deduzioni, fissandolo inderogabilmente entro il 15 dicembre 2003, atteso che i soggetti privati non possono stabilire termini processuali perentori, essendo tale potere riservato, ai sensi dell’art. 152 c.p.c., solo alla legge o al giudice che dalla legge sia stato autorizzato a farlo. In ogni caso i rilievi critici alla consulenza avrebbero dovuto essere presi in considerazione dal giudice di seconde cure anche se successivi al deposito della relazione di c.t.u. Ed invero, nel regime precedente la modifica dell’art. 195 c.p.c. ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, nessuna norma del codice di rito impone al c.t.u. di fornire ai consulenti di parte una “bozza” della propria relazione, in quanto, al contrario, le parti possono legittimamente formulare critiche anche dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico d’ufficio, atteso che il diritto di esse ad intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al consulente d’ufficio, ma soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. 24792/2010; 5897/2011).

2.2.3. Neppure può dubitarsi che abbia inciso in maniera rilevante sul diritto di difesa delle odierne ricorrenti, la mancata allegazione alla relazione di consulenza degli elaborati grafici, contenenti l’indicazione delle zone di esistenza dei sottoservizi, omissione giustificata dal c.t.u. adducendo la mancanza di “garanzia di origine” di tale documentazione. Nel caso di dubbi sull’origine di tali documenti, e qualora fosse insorta controversia sugli stessi tra le parti, il consulente avrebbe dovuto, infatti, investirne il giudice ex art. 92 disp. att. c.p.c., non rientrando nei suoi poteri decidere circa l’ammissibilità o la rilevanza di elementi probatori prodotti dalle parti. Il potere spettante al consulente tecnico di procedere, anche di sua propria iniziativa, all’accertamento di concrete circostanze di fatto presuppone, per vero, che tale accertamento sia necessario per la soluzione di questioni che richiedano la conoscenza di norme tecniche ed, inoltre, che i fatti da accertare siano talmente collegati con la situazione, in ordine alla quale e insorta la esigenza della consulenza, da non consentire al giudice, se accertati o valutati in modo inadeguato, di stabilire la loro reale incidenza sulla soluzione giuridica da adottare. Al consulente tecnico è, invece, interdetto di accertare fatti che non comportino una valutazione tecnica, ma che debbono essere dimostrati dalle parti, con i mezzi consueti, in base alla ripartizione dell’onere probatorio, ovvero di esprimere giudizi circa l’idoneità dei mezzi di prova documentale allegati a comprovare tali fatti (cfr. Cass. 4173/1975).

2.3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il motivo deve essere accolto.

3. Con il secondo motivo di ricorso Atlantia s.p.a. e Autostrade per l’Italia s.p.a. denunciano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

3.1. Le ricorrenti lamentano che la Corte di Appello abbia respinto senza, peraltro, adeguata motivazione – la domanda di manleva proposta da Autostrade nei confronti dell’ANAS, sebbene le appellanti avessero dedotto che tale ente era l’esclusivo beneficiario dell’opera de qua, e come tale era tenuto a sostenerne integralmente i costi, e che dalla convenzione (di sola costruzione) intercorsa tra le parti era dato desumere che l’importo stabilito a carico dell’ANAS sarebbe stato modificato in caso di perizie di variante approvate dall’ente concedente.

3.2. La censura è fondata.

3.2.1. Va rilevato, infatti, che tra Autostrade ed ANAS è, invero, intercorsa una convenzione, in data (OMISSIS), di sola costruzione dell’opera pubblica, consistente nella realizzazione del collegamento tra lo svincolo di (OMISSIS), l’Aeroporto (OMISSIS), la sopraelevata e la SS. (OMISSIS) e la viabilità lungo il torrente (OMISSIS). Orbene, alla stregua della disciplina anteriore alla L. n. 109 del 1994, la concessione di sola costruzione non solo obbliga il concessionario a compiere l’opera pubblica (cioè a svolgere la semplice attività materiale di sua costruzione, come nell’appalto), ma lo investe di poteri e facoltà proprie dell’ente concedente, quali, ad esempio, la progettazione dell’opera o dei lavori, la direzione degli stessi, la sorveglianza, la scelta degli appaltatori, sicchè al medesimo competono, insieme alla realizzazione dell’opera, tutte indistintamente le fasi dei lavori pubblici commissionati, ivi incluse le attività tecniche e/o amministrative preparatorie o connesse o comunque accessorie (Cass. 2308/2016). Ne discende che il concessionario risponde direttamente dei danni cagionati a terzi dall’opera pubblica, sia per attività legittima che per illecito aquiliano, ed in questo secondo caso anche se la colpa sia riferibile al concedente nella predisposizione del progetto e nella imposizione delle direttive, salvo l’eventuale rivalsa nei rapporti interni derivanti dalla concessione (Cass. 4145/2003).

3.2.2. Nel caso di specie, l’art. 4 della convenzione del (OMISSIS), trascritta nel ricorso (p. 47), nel porre a carico dell’ANAS la somma onnicomprensiva (delle spese di esecuzione dei lavori, delle riserve dell’impresa, della revisione dei prezzi, e per espropriazioni ed indennizzi) di Lire 210 miliardi, poneva, nondimeno, a carico della concedente i “maggiori importi conseguenti all’approvazione da parte dell’ANAS di perizie di variante ai lavori stessi”, oltre che per maggiori spese sostenute da Autostrade e riconosciute dall’ANAS. Ebbene, nell’esaminare la pretesa di rivalsa nei rapporti interni, la Corte territoriale non ha tenuto in alcun conto il fatto che l’art. 2 della convenzione – trascritto nel ricorso (p. 45) – stabiliva che il corrispettivo per la costruzione dell’opera da parte della concessionaria, “in conformità del progetto esecutivo previamente approvato”, era determinato in misura di L.. 220.934.000.000 comprensiva di tutte le spese, “salvo modifica dell’importo stesso a seguito di perizie di variante regolarmente approvate dall’ANAS”.

Dalla stessa sentenza di appello (p. 10) si desume, peraltro, che “i lavori appaltati al CILT avrebbero dovuto essere ultimati entro il 30.8.1992 mentre si protraevano per oltre dieci anni, nel corso dei quali si procedeva all’approvazione di ben tre perizie di variante, e venivano in via definitiva ultimati solo nel settembre 2001”. E tuttavia, delle sospensioni determinate dalle suddette perizie di varianti (approvate il 19 agosto 1992, il 19 aprile 1996 ed il 18 novembre 1997), il cui onere – ai sensi dell’art. 4 della convenzione – costituiva un supero compensabile a parte, rispetto all’importo onnicomprensivo di Lire 210 miliardi posto a carico dell’ANAS, la sentenza impugnata non ha tenuto conto alcuno.

3.2.3. Di più, la medesima decisione non ha neppure considerato, nel porre apoditticamente a carico di Autostrade la responsabilità per i ritardi dovuti – a detta della Corte – alla “lacunosità della progettazione dell’opera”, quanto riferito, al riguardo, dal C.T.U. (trascritto nel ricorso, pp. 52 e 53), secondo cui le variazioni del progetto originario erano state effettuate, non per la presunta inadeguatezza del progetto originario, bensì “al fine di garantire la necessaria completezza e funzionalità dell’insieme degli interventi (…) in funzione del traffico e delle situazioni locali e per tenere conto delle specifiche richieste formulate dal Comune di Genova”. Circostanze, queste, di certo non imputabili alla concessionaria appaltante.

3.3. Il motivo in esame deve, di conseguenza, trovare accoglimento.

4. Con il terzo motivo di ricorso, Atlantia s.p.a. e Autostrade per l’Italia s.p.a. denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

4.1. Si dolgono le ricorrenti del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto che la clausola 13 del contratto di appalto, in forza della quale l’ATI appaltatrice rinunciava agli interessi per il ritardo dei pagamenti da parte di Autostrade, dovuti alla ritardata erogazione del relativo finanziamento da parte di ANAS che ne aveva assunto l’onere, fosse inefficace ai sensi dell’art. 1341 c.c., poichè predisposta unilateralmente dalla concessionaria appaltante, e non sottoscritta specificamente dalla società appaltatrice.

4.2. Il motivo è fondato.

4.2.1. Osserva la Corte che la giurisprudenza citata dalla sentenza impugnata (Cass. 6043/1998) si riferisce al diverso caso della rinuncia tout court, da parte dell’appaltatore, agli interessi di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35 nonchè alla L. n. 741 del 1981, art. 4. Nel caso concreto, invece, si è in presenza di una clausola fondata sulla particolare modalità di pagamento del corrispettivo dell’appalto, che avvenivano in connessione ai finanziamenti erogati, a tal fine, dall’ANAS. Orbene, questa Corte ha già avuto modo di precisare, al riguardo, che, in tema di appalto di opere pubbliche, la clausola che impegni l’appaltante a pagare la sorte capitale (per stati di avanzamento e saldo finale dei lavori) al momento della effettiva acquisizione dei finanziamenti da parte di un altro ente, non è nulla L. 10 dicembre 1981, n. 741, ex art. 4, comma 3, (“ratione temporis” applicabile), che sancisce la nullità dei patti contrari o in deroga alla disciplina degli interessi per ritardato pagamento, poichè, senza implicare alcuna rinuncia, ha la funzione di determinare il termine dell’adempimento dell’obbligazione e, con esso, il momento in cui il credito dell’appaltatore diventi esigibile in concomitanza con la disponibilità delle somme accreditate all’appaltante. Ne consegue che gli interessi moratori sono dovuti quando quest’ultimo, pur avendo ricevuto tempestivamente l’accredito delle somme da parte dell’ente finanziatore, abbia ritardato il versamento nel termine pattuito (Cass. 22996/2014).

4.2.2. Alla stregua di quanto suesposto, pertanto, deve escludersi che, nel caso concreto, l’art. 13 del contratto di appalto configuri una clausola vessatoria ex art. 1341 c.c., sfavorevole all’appaltatore, dal momento che non implica rinuncia alcuna agli interessi. Ad ogni buon conto, va altresì osservato che, in tema di condizioni generali di contratto, l’efficacia delle clausole onerose è subordinata alla specifica approvazione per iscritto nei soli casi in cui le dette clausole siano inserite in strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie). La mera attività di formulazione del regolamento contrattuale è da tenere, pertanto, distinta dalla predisposizione delle condizioni generali di contratto, non potendo considerarsi tali le clausole contrattuali elaborate da uno dei contraenti in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio, ed a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto (cfr. Cass. 12153/2006; 14790/2007; 17073/2013).

4.3. La censura deve, pertanto, trovare accoglimento.

5. Restano assorbiti il quarto, quinto e sesto motivo, concernenti le statuizioni della sentenza di appello concernenti le singole riserve, secondo quanto dedotto dalle stesse ricorrenti (p. 56), dovendo demandarsi al giudice di rinvio ogni ulteriore valutazione di merito in ordine al contenuto di tali riserve, alla luce dell’eventuale rinnovamento delle indagini peritali.

6. Passando, quindi, all’esame del ricorso incidentale proposto dalla Astaldi s.p.a. (già CILT), va rilevato che, con i due motivi di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 184 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

6.1. La ricorrente in via incidentale lamenta, invero, che la Corte territoriale abbia ritenuto nuova e, quindi, inammissibile, la domanda relativa alla riserva n. 13, poichè proposta tardivamente nel corso del giudizio di primo grado, senza che sulla stessa vi fosse stata accettazione del contraddittorio da parte di Autostrade. Rileva, per contro, l’istante che la mancata accettazione del contraddittorio da parte della concessionaria avrebbe riguardato solo le riserve dalla 15 alla 20, non costituenti un aggiornamento di quelle già proposte con l’atto di citazione, laddove la riserva n. 13 costituirebbe soltanto uno sviluppo – sul piano temporale – della doglianza proposta dall’impresa con l’atto di citazione, concernente l’anomalo andamento dell’appalto. Sicchè ci si troverebbe in presenza di una mera emendatio e non di una, non consentita, mutatio della domanda originaria.

6.2. La doglianza è fondata.

6.2.1. L’assunto della Corte di Appello circa la tardività del mutamento dell’originaria domanda deve essere, invero, rivisitato alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass. S.U. 12310/2015).

6.2.2. Ed è del tutto evidente che, nella specie, si verta in ipotesi di un ampliamento della domanda originaria, come tale ricompreso nella medesima vicenda sostanziale (lo stesso contratto di appalto) dedotta in giudizio.

6.3. La censura deve essere, di conseguenza, accolta.

7. L’accoglimento del primo, secondo e terzo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, motivando adeguatamente in ordine a tutti i punti suesposti, e facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: “le irritualità poste in essere nell’espletamento della consulenza ne determinano la nullità ove procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, fermo restando che è onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano conseguite alla denunciata irregolarità”; “al consulente tecnico è interdetto di accertare fatti che non comportino una valutazione tecnica, ma che debbono essere dimostrati dalle parti, con i mezzi consueti, in base alla ripartizione dell’onere probatorio, ovvero di esprimere giudizi circa l’idoneità dei mezzi di prova documentale allegati a comprovare tali fatti”; “in tema di appalto di opere pubbliche, la clausola che impegni l’appaltante a pagare la sorte capitale (per stati di avanzamento e saldo finale dei lavori) al momento della effettiva acquisizione dei finanziamenti da parte di un altro ente, non è nulla L. 10 dicembre 1981, n. 741, ex art. 4, comma 3, (“ratione temporis” applicabile), che sancisce la nullità dei patti contrari o in deroga alla disciplina degli interessi per ritardato pagamento, poichè, senza implicare alcuna rinuncia, ha la funzione di determinare il termine dell’adempimento dell’obbligazione e, con esso, il momento in cui il credito dell’appaltatore diventi esigibile in concomitanza con la disponibilità delle somme accreditate all’appaltante”; “la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali”.

8. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il primo, secondo e terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, nonchè il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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