Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9738 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. I, 23/04/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28126-2008 proposto da:

F.L. (C.F. (OMISSIS)), in proprio e nella

qualità di tutore provvisorio di F.M., F.

A. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di tutrice di

F.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DONIZETTI 20, presso l’avvocato MANDORLO ANNA, rappresentati e difesi

dagli avvocati CENTOLA ANGELO, CENTOLA ROBERTO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA depositato il

06/11/2007, n. 52142/06 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2010 dal Presidente Dott.ssa MARIA GABRIELLA LUCCIOLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L. ed F.A., nella qualità rispettivamente di tutore provvisorio e di tutore di F.M., chiedevano alla Corte di Appello di Roma la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’equo indennizzo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, in relazione alla durata non ragionevole di un procedimento penale e poi di un giudizio civile. Deducevano che nell’interesse dell’interdetta F.M. avevano presentato denuncia per una violenza carnale dalla medesima subita nell’Istituto Riabilitativo (OMISSIS) nel quale era ricoverata, che il procedimento si era concluso con sentenza di non doversi procedere per essere rimasti gli autori ignoti; che essi avevano quindi citato in giudizio detto Istituto con atto notificato il 15 maggio 1990; che tale giudizio era stato definito con sentenza depositata il 27 marzo 2002; che l’appello proposto era stato deciso con sentenza depositata il 11 febbraio 2005.

Costituitasi la parte intimata, con decreto del 12 marzo – 6 novembre 2007 la Corte adita, ravvisato un ritardo irragionevole del solo giudizio civile pari ad otto anni, condannava il Ministero al pagamento della somma di Euro 8.000,00, con gli interessi legali dalla domanda.

Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione F.L., in proprio e nella qualità, ed F. A., nella qualità di tutrice. Non vi è controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001, art. 2 e della L. n. 858 del 1955, si censura il provvedimento impugnato per avere determinato il periodo di durata irragionevole in soli otto anni, tenuto conto che la durata complessiva del procedimento penale, conclusosi con sentenza di non doversi procedere perchè rimasti ignoti gli autori del reato, e del giudizio risarcitorio civile era stata pari a diciotto anni.

Il motivo è fondato, nei termini che seguono. Premesso che correttamente la Corte di Appello ha fatto riferimento alla durata del solo giudizio civile, in applicazione del principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo il quale in tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo penale non può essere riconosciuto alla persona offesa il diritto all’indennizzo se non a partire dal momento in cui essa abbia assunto la qualità di parte costituendosi parte civile, indipendentemente dalla precedente proposizione di querela o denuncia (v. per tutte Cass. 2007 n. 569; 2006 n. 1184; 2003 n. 1405; 2003 n. 996), e non avendo i ricorrenti dedotto di essersi costituiti parti civili, va osservato che la medesima Corte, ravvisando in relazione ad un processo civile durato complessivamente nei due gradi quattordici anni e nove mesi una durata irragionevole di soli otto anni, si è discostata in modo significativo e senza fornire adeguata motivazione dai parametri dettati dalla CEDU. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con assorbimento del secondo motivo di ricorso, concernente la quantificazione dell’indennizzo.

Ritenuta, in applicazione dei richiamati parametri, una irragionevole durata pari a nove anni e nove mesi complessivi, va determinato l’indennizzo in Euro 9.750,00, corrispondenti a Euro 1.000,00 annui (conformemente alla valutazione della Corte di Appello), che appaiono adeguati in relazione alla natura ed all’oggetto della causa.

Il Ministero intimato va pertanto condannato al pagamento delle spese del giudizio di merito, con la distrazione già disposta, e di quelle di questo giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo;

cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 9.750,00, con gli interessi legali dalla domanda. Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi Euro 1.350,00, di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, con la distrazione già disposta, e di quelle di questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1^ sezione civile, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

 

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