Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9738 del 22/04/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 9738 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO
SENTENZA
sul ricorso 29917-2010 proposto da:
GIACONI
ELENA GCNLNE20M57G713S,
PCNSLD59C10G713G,
PACINI
FABIO
PACINI
OSVALDO
PCNFBA61L13G713L,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA APRICALE 31,
presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BALLATI
2013
FRANCO giusta delega in atti;
– ricorrenti –
606
contro
BARGHINI VALERIANO BRGVRN54D06G7130, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo
1
Data pubblicazione: 22/04/2013
studio
dell’avvocato
MATTIOLI
ANNA,
che
lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERI
FRANCESCA, GHELLI ANDREA giusta delega in atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 428/2010 della CORTE D’APPELLO
618/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/03/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato MASSIMO VITOLO;
udito l’Avvocato ANNA MATTIOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
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di FIRENZE, depositata il 23/03/2010, R.G.N.
Svolgimento del processo
1.
Il tribunale di Pistoia accolse la domanda di
retratto agrario dispiegata, con atto notificato il
24.5.94, da Arturo Pacini nei confronti di Valeriano
Barghini, acquirente di un immobile in agro di Pistola per
Giancarlo Gai, Teresina Giannetti, Beny Bani, Rosanna Bani,
Marcello Gai e Giuseppe Marini); in particolare, fu
accertata sia la circostanza della coltivazione diretta del
fondo confinante da parte del retraente, sia la sussistenza
della capacità lavorativa sua e dei suoi familiari dei
fondi, mentre fu negata la prova della qualità di
affittuario del fondo oggetto di retratto in capo al
convenuto.
Questi interpose appello: adducendo la carenza di prova
sulla mancata vendita di fondi rustici nel biennio
antecedente l’esercizio del diritto di prelazione; negando
l’idoneità della prova sulla coltivazione da parte del
prelazionante e degli accertamenti del c.t.u. sulla
capacità del retraente di occuparsi della coltivazione del
suo fondo e di quello prelazionato; contestando
l’esclusione
della
sua
qualità
di
affittuario,
per
l’erroneità della tesi della necessità di una prova scritta
e
la
sussistenza di
elementi desunti
dalle prove
testimoniali. Gli eredi del retraente addussero
l’inesigibilità della prova della mancata vendita dei fondi
rustici nel biennio anteriore e ribatterono partitamente ai
singoli motivi di gravame: che però fu accolto, con
sentenza n. 428 del 23.3.10, avendo ritenuto la corte
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rogito del 26.11.93 (in cui alienanti figuravano tali
territoriale parte retraente inadempiente agli oneri, su di
essa sola gravanti, in tema di prova dell’inesistenza delle
vendite di fondi rustici nel biennio antecedente e di uno
stabile rapporto agrario sul fondo oggetto di retratto.
Per la cassazione di tale ultima pronuncia ricorrono –
Pacini e Fabio Pacini; resiste con controricorso il
Barghini; e, per la pubblica udienza del 14.3.13,
ricorrenti depositano altresì memoria ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
2. I ricorrenti Elena Giaconi, Osvaldo Pacini e Fabio
Pacini sviluppano quattro motivi.
2.1. Con un primo – senza ricondurlo ad alcuna specifica
tra le previsioni di cui all’art. 360 cod. proc. civ.,
genericamente invocata quest’ultima norma nel suo complesso
– si dolgono dell’omessa valutazione di un elemento di
prova sulla mancata vendita di fondi rustici, di valore
imponibile superiore a lire mille, da parte del loro dante
causa Arturo Pacini nel biennio 1991-93.
2.2. Con un secondo, prospettano un vizio motivazionale
della gravata sentenza, nella parte in cui ha ritenuto
insufficiente la prova, incombente su di essi ricorrenti,
dell’inesistenza, sul fondo venduto, di uno stabile
insediamento agrario qualificato, contestando, in special
modo, la lettura della c.t.u. data dalla corte
territoriale.
2.3. Con un terzo
riconducendolo ai nn. 5 e 3
dell’art. 360 cod. proc. civ. – lamentano un vizio della
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affidandosi a quattro motivi – Elena Giaconi, Osvaldo
motivazione sul requisito della stabilità dell’asserito
insediamento agricolo di controparte, da cui sarebbe
derivata una violazione o falsa applicazione dell’art. 7,
comma 2, n. 2, della legge 817 del 1971 e dell’art. 8 della
legge 590 del 1965.
360
cod.
proc.
civ.
adducono
essere
“omessa,
insufficiente, contraddittoria” la motivazione, perché
fondata su fatti non determinanti o irrilevanti e su di una
valutazione non equilibrata di tutti gli elementi acquisiti
con l’istruttoria, ribadendo le tesi della sussistenza e
della prova di tutti i requisiti necessari e sufficienti
per l’accoglimento della domanda in primo grado dispiegata
dal loro dante causa.
3.
Dal canto suo, il controricorrente, che riporta
amplissimamente lo svolgimento del processo,
contesta
preliminarmente l’ammissibilità del ricorso e: quanto al
primo
motivo,
rimarcato
che
le
controparti
hanno
abbandonato l’originaria impostazione difensiva della non
spettanza dell’onere della prova della circostanza della
mancata alienazione nel biennio antecedente la prelazione,
nega che i documenti prodotti possano fornire la prova,
limitandosi essi a descrivere le estensioni dei fondi per
cui è causa; quanto al secondo ed al terzo motivo, rileva
la piena condivisibilità delle valutazioni, in fatto,
operata dalla corte territoriale del materiale probatorio a
disposizione; quanto al quarto, eccepisce involgere una
complessiva rivalutazione del merito della controversia.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
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2.4. Con un quarto – riconducendolo al n. 3 dell’art.
4.1. In primo luogo, non è censurata l’affermazione
specifica, contenuta nella gravata sentenza (pagine 4 e
seguente), della ritualità di una contestazione anche
tardiva del requisito in esame; mentre dalla medesima
sentenza si deduce che uno dei motivi di gravame era
medesimo, nonché dalla considerazione della condotta
inidonea degli onerati, che si erano limitati a contestare
il proprio onere. Né può rilevare – ad esonerare gli
odierni ricorrenti da quanto loro incombente – il silenzio
sulla specifica circostanza, ovvero il dispiegamento di
difese su aspetti o fatti che, per come si avrà modo di
vedere, non possono comportare una implicita ammissione dei
fatti costitutivi del diritto dei retraenti. A ben vedere,
poi, non integrerebbe neppure una valida censura in questa
sede l’adduzione di pacificità della circostanza per
carenza di contestazione originaria: la quale, poi, sarebbe
insussistente nella specie, stando al tenore della comparsa
di costituzione riportato in controricorso.
4.2. In secondo luogo, non è idoneamente censurata
l’affermazione della corte territoriale sulla spettanza
dell’onere della prova al retraente, atteso lo specifico
tenore letterale delle espressioni a piè di pag. 41 ed alle
pagine successive del ricorso.
Tale affermazione corrisponde poi alla giurisprudenza di
legittimità (v., ad es., Cass. 19 novembre 1994, n. 9806),
per la quale
la prova della mancata vendita di fondi
rustici – di valore imponibile superiore a lire mille – da
parte del retrattato nel biennio antecedente la vendita,
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costituito proprio dalla contestazione della prova sul
trattandosi di una condizione dell’azione, deve essere
fornita da colui che esercita il diritto di prelazione, a
nulla rilevando che si tratti di un fatto negativo, perché
questa circostanza non implica affatto inversione
dell’onere della prova ma soltanto che questa sia fornita
Ora, è bensì vero che la prova del fatto negativo
mediante la prova dei fatti negativi contrari
(giurisprudenza costante; tra le ultime: Cass. l aprile
2003, n. 4909), anche con presunzioni (ma esclusa ora la
rilevanza di dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà: Cass. Sez. Un., 14 ottobre 1998, n. 10153) o
testimoni; e però i documenti o degli atti processuali che
si assumono pretermessi sono tutt’altro che idonei a dar
conto di tale circostanza, essendo a tal fine
effettivamente del tutto irrilevante il loro contenuto.
Infatti, essi non contengono altro che la descrizione
dei soli fondi per cui era causa, cioè di quello di
proprietà del retraente e di quello oggetto di retratto,
anche per i due anni precedenti il rogito; ma possedere per
due anni un determinato fondo rimasto immutato non
significa anche non averne mai avuto altri o non averne mai
venduti altri: al riguardo occorrendo una visura effettuata
presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari al nome
del retraente e non bastando, avendo efficace a meri fini
fiscali, una certificazione degli uffici catastali.
4.3. Deve concludersi nel senso che la prova che si
assume essere stata in concreto fornita e pretermessa non è
invece di per sé idonea a dar conto della diversa
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attraverso la prova dei fatti positivi contrari.
circostanza della mancata alienazione di fondi, intesa come è ovvio – anche riferita ad altri
fondi. La censura
sulla ritenuta carenza di prova sul requisito della mancata
alienazione è quindi da respingersi, con conseguente
definitività della statuizione della corte territoriale sul
5.
Possono essere,
a questo punto,
unitariamente
considerati Gli altri motivi: i quali censurano le
conclusioni della corte territoriale sulla carenza di prova
dell’inesistenza di uno stabile insediamento agrario sul
terreno oggetto di retratto (secondo e terzo motivo) oppure
comportano (quarto motivo) la riproposìzione complessiva
degli altri profili di possibile fondatezza della domanda
originaria.
5.1. Ora, la stessa corte di merito, peraltro, dopo
avere motivato sull’insussistenza di valida prova sulla
mancata alienazione di fondi rustici nel biennio
precedente, statuisce
che tanto
correttamente
sufficiente per ritenere non provata la domanda di riscatto
e, in accoglimento dell’appello, per rigettarla, procedendo
“per completezza” (v. pag. 5) a sviluppare l’ulteriore
argomento della mancanza di prova sull’assenza di uno
stabile
insediamento
agrario
sul
fondo
retrattato:
l’accertata carenza di uno solo dì detti requisiti,
necessari in compresenza
(anche con altri),
per la
sussistenza di un diritto rende irrilevante ogni questione
sugli altri.
Pertanto, le due motivazioni, quella sulla carenza di
prova sulla mancata alienazione di fondi rustici e quella
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punto specifico.
sulla carenza di prova sull’assenza di stabile insediamento
agrario sul terreno oggetto di retratto, costituiscono
pertanto due autonome
rationes decidendl,
ciascuna delle
quali è di per sé sola a fondare la decisione di rigetto
della domanda.
Cass. 24 maggio 2006, n. 12372), qualora la decisione di
merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro
distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul
piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle
censure mosse ad una delle
rationes decidendi
rende
inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le
censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte
oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non
potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta
definitività delle altre, alla cassazione della decisione
stessa.
Deve, quindi, concludersi per l’inammissibilità dei
motivi diversi dal primo, in quanto relativi ad una
decidendi
ratio
indipendente rispetto ad altra, che qui si è
visto resistere alle critiche mossele e quindi di per sé
idonea a reggere, anche da sola, la gravata sentenza.
6. L’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità
degli altri comportano il rigetto del ricorso e la condanna
dei soccombenti ricorrenti – tra loro in solido per il pari
interesse in causa alle spese del giudizio di
legittimità.
P.
Q
M.
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5.2. Ma è noto che (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108;
La Corte rigetta il ricorso; condanna Elena Giaconi,
Osvaldo Pacini e Fabio Pacini, tra loro in solido, al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore
di Valeriano Barghini, liquidate in
5.200,00, di cui
200,00 per esborsi.
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 14 marzo 2013.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della