Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9737 del 22/04/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9737 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso 2645-2010 proposto da:
GESCOM DI VENANZI IMERIO & C S.A.S. (ex SUPERMERCATI
JUMBO S.R.L.) 00373570670, in persona del legale
rappresentante p.t. sig. IMERIO VENANZI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA E.MANFREDI 17, presso lo
studio
2013
604

dell’avvocato

FRANCESCA

TERRIBILE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CASSINI ADRIANO
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

FRATO’

MARIANNA

FRTMNN37R44I348G,

1

elettivamente

Data pubblicazione: 22/04/2013

domiciliata in ROMA, VIA DORA l, presso lo studio
dell’avvocato LORIZIO MARIA ATHENA, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FAGOTTI GIUSEPPE
giusta delega in atti;

controricorrente

di L’AQUILA, depositata il 10/12/2008 R.G.N. 381/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/03/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO DE
STEFANO;
udito l’Avvocato ADRIANO CASSINI;
udito l’Avvocato MARIA ATHENA LORIZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

avverso la sentenza n. 869/2008 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo

1. La corte d’appello dell’Aquila, con sentenza n. 869
del 10.12.08, respinse il gravame principale della GESCOM
sas di Venanzi Imerio & C, già Supermercati Jumbo srl,
avverso la sentenza del 27.12.05 del tribunale di Teramo,
resa su domanda notificata il 2.3.95 di Luigi Fratò – al

quale, deceduto nel frattempo, era subentrata la sorella ed
erede Marianna Fratò – ed avente ad oggetto il diritto di
prelazione agraria di questi proprietario di terreno
agricolo confinante – su di una porzione dì mq 2.328,
appartenente ad un più ampio terreno in Sant’Omero (TE),
venduto alla prima da tali Walter Albora e Felicia Ornella
Galletta con rogito del 29.11.94. La corte territoriale, in
accoglimento del gravame incidentale dispiegato da Marianna
Fratò, accertò il diritto di prelazione di costei, quale
erede dell’originario attore in primo grado, sulla porzione
del medesimo fondo individuata dal c.t.u. in primo grado in
mq 2.685, condizionando il trasferimento di proprietà al
pagamento del prezzo di riscatto in E 10.390,95 entro tre
mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre, affidandosi
a dieci motivi (l’ottavo essendo stato formulato due
volte), la GESCOM sas di Venanzi Imerio & C; resiste con
controricorso la Fratò; e, per la pubblica udienza del
14.3.13, entrambe le parti depositano memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ., mentre la controricorrente
produce altresì provvedimento di correzione di errore
materiale della gravata sentenza, ritualmente notificato
a

a controparte, nella parte in cui identifica quali

3

(l

destinatari del versamento del prezzo di retratto
venditori, anziché l’acquirente.
Motivi della decisione

2. Deve premettersi che alla fattispecie si applica
l’art. 366-bis cod. proc. civ.:

d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e resta applicabile – in
virtù del comma secondo dell’art. 27 del medesimo decreto ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e
gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data
di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006,
senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo
dal 4 luglio 2009 – ad opera dell’art. 47, comma
della legge 18 giugno 2009, n.

69,

i

lett. d)

in virtù della

disciplina transitoria dell’art. 58, comma quinto, di
quest’ultima (con ultra-attività ritenuta conforme a
Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre
2011, n. 23800);
2.2. i criteri elaborati per la valutazione della
rilevanza dei quesiti vanno applicati anche dopo la formale
abrogazione, nonostante i motivi che l’avrebbero
determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di
assicurare ultra-attività alla norma (per tutte, v.
espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass

24

luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079);
2.3. quanto ai quesiti previsti dal primo comma di tale
norma, in linea generale (tra le molte e per limitarsi alle
più recenti, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n.
2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo

4

2.1. tale norma è stata introdotta dall’art. 6 del

2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704), essi
devono compendiare (e tanto che la carenza di uno solo di
tali elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass.
30 settembre 2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b)

dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso
di specie;
2.4.

inoltre,

i

quesiti debbono porre questioni

pertinenti alla ratio decidendi,

perché, in contrario, essi

difetterebbero di decisività (sulla indispensabilità della
pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 18
novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n.
4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre
2011, n. 27901);
2.5. quanto poi al capoverso dell’art. 366-bis cod.
proc. civ., va rilevato che per le doglianze di vizio di
motivazione, occorre la formulazione – con articolazione
conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio
espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di
riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord.
n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da
Cass. Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603: v., tra le
ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680) il quale
indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al
tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto
controverso in riferimento al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, come pure se non

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la sintetica indicazione della regola di diritto applicata

soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n.
16002; da ultimo, v. Cass., ord. n. 27680 del 2009); tale
requisito non può ritenersi rispettato quando solo la

di un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su
indicazione della parte ricorrente consenta di
comprendere il contenuto ed il significato delle censure
(Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002);
2.6. non è consentita la congiunta proposizione di
doglianze ai sensi del n. 3 e del n. 5 dell’art. 360 cod.
proc. civ. se non accompagnate tanto dal quesito di diritto
previsto per il primo vizio che dal momento di sintesi o
riepilogo imposto per il secondo (per tutte,

a contrarlo:

Cass. Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770).
3. Ancora, deve premettersi che Il vizio di violazione
di legge consiste nella deduzione di una erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della
fattispecie astratta recata da una norma di legge e,
quindi, implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa (da cui la funzione di assicurare l’uniforme
interpretazione della legge assegnata alla Corte di
cassazione); viceversa, l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle
risultanze di causa, è esterna all’esatta interpretazione
della norma di legge ed impinge nella tipica valutazione
del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede
di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione;

completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito

lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di
legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione
dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea
applicazione della legge in ragione della carente o
contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta –

ultima censura e non anche la prima è mediata dalla
contestata valutazione delle risultanze di causa
(giurisprudenza fermissima; tra le ultime, v.: Cass. 20
aprile 2011, n. 9117; Cass. 12 aprile 2011, n. 8410; Cass.
31 marzo 2011, n. 7459; Cass. 28 settembre 2011, n. 19789).
4.

All’esito di queste preliminari puntualizzazioni,

possono esaminarsi partitamente le questioni poste dai
singoli motivi.
5.

Una prima doglianza, sviluppata con i primi due

motivi (entrambi formulati ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art.
360 cod. proc. civ.) attiene al riconoscimento della
qualifica di coltivatore diretto in capo al retraente
(primo motivo, in relazione agli artt. 2697 cod. civ. ed 8
e 31 della legge 590/65 e 7 della legge 817/71) ed alla
protrazione della coltivazione del fondo confinante per il
biennio anteriore all’esercizio del diritto di retratto
(secondo motivo, in relazione agli artt. 8, co. 2, legge
817/71 e 31 ed 8, co. l, legge 590/65).
5.1. La questione si pone in questi termini:
– la corte di appello, dopo avere precisato che la
contestazione anche tardiva era consentita al convenuto
retrattato in quanto trattavasi di rito anteriore alla
riforma di cui alla legge 353/90, fonda la prova della

7

è segnato, in modo evidente, nel senso che solo questa

relativa circostanza sul certificato di iscrizione del
Fratò alla CCIAA come imprenditore agricolo, sulla licenza
di esercizio di attività di molino sul terreno, nonché su
altri documenti, anche fiscali, sulle attività di molino ed
altre olivo-vinicole sul terreno stesso, questi ultimi

– la ricorrente deduce la necessità dì provare la
qualità di coltivatore in concreto, non rilevando alcuna
certificazione amministrativa (né della CCIAA, né fiscale),
protestando poi che l’esercizio di un molino è attività
commerciale, mentre la valutazione della presenza di segni
evidenti di coltivazione e di piccoli animali è incongrua,
perché riferita all’epoca di rilevamento da parte del
c.t.u., successiva di sei anni ai fatti, mentre
significativamente è mancata la considerazione dell’età
avanzata del retraente; e conclude con il solo quesito di
diritto;
– dal canto suo, la controricorrente ricorda avere la
corte territoriale ritenuto raggiunta la prova sia in base
alla valutazione del comportamento processuale delle parti
che sulle prove acquisite, tra queste essendo ammissibili
quelle indiziarie ritratte evidentemente anche dai
documenti, analiticamente riesaminati; ma deducendo di
avere comunque tempestivamente articolato, inoltre
specificamente richiamandole, anche prove costituende sulle
relative circostanze di fatto.
5.2. Ciò posto, per quanto premesso sopra, ai punti 2.6
e 2.5, va rilevato che sono inammissibili le doglianze di
vizio motivazionale, perché non corredate dai prescritti

8

relativi anche al biennio precedente l’alienazione;

momenti di sintesi, oltretutto dai rigorosi requisiti ivi
indicati.
5.3. Quanto alle doglianze di violazione di legge,
riscontrato che i quesiti a loro corredo sono in modo
soddisfacente corrispondenti ai requisiti di cui ai punti

– ai fini dell’esercizio della prelazione agraria da
parte del proprietario confinante, ai sensi dell’art. 7
della legge 14 agosto 1971, n. 817, è necessario non solo
che egli rivesta la qualifica di coltivatore diretto, ma
anche che coltivi direttamente il fondo adiacente a quello
posto in vendita, non essendo sufficiente che egli eserciti
altrove l’attività di agricoltore; ciò in quanto l’intento
perseguito dal legislatore è l’ampliamento dell’impresa
coltivatrice diretta finitima e non l’acquisto della
proprietà della terra da parte di qualsiasi coltivatore
diretto; ai fini della prova, peraltro, la qualità di
agricoltore non può desumersi da elementi formali

quali gli

elenchi redatti dal Servizio contributi agricoli unificati
(SCAU), atteso che detta certificazione, rilasciata a fini
essenzialmente assistenziali, è idonea soltanto a fornire
elementi indiziari (Cass. 27 gennaio 2010, n. 1712; Cass.
12 agosto 2000, n. 10789);
insomma,

ciò che rileva non è il dato formale

dell’iscrizione in elenchi o altre certificazioni
amministrative, bensì l’effettivo esercizio dell’attività
agricola con lavoro prevalentemente proprio o della propria
famiglia

(Cass. n. 5673/2003, Cass. n. 14450/2005; Cass. n.

15805/2005): ciò vale tanto più allorché si tratta

9

2.3 e 2.4., esse sono fondate:

dell’esercizio della prelazione o riscatto da parte del
proprietario del fondo confinante; il vigente sistema non
garantisce il diritto di prelazione, nell’acquisto di fondi
rustici, in genere ai coltivatori diretti, ma unicamente a
coloro che, essendo coltivatori diretti, si trovino in un

proprietario del fondo confinante con quello in vendita in
tanto è titolare del diritto prelazione (e, quindi, di
quello di riscatto), in quanto lo stesso non solo abbia la
qualità di coltivatore diretto ma, contemporaneamente,
coltivi direttamente i terreni confinanti con quello in
vendita (Cass. 6 marzo 2005, n. 5682; Cass. 9 marzo 2012,
n. 3727);
– non possono quindi idoneamente ritenersi accertati i
requisiti di coltivatore diretto e per di più del fondo
oggetto di retratto e nei due anni antecedenti l’esercizio
del relativo diritto soltanto in base a certificazioni
amministrative o fiscali, quand’anche relative ad attività
complementari rispetto ad altre in astratto qualificabili
agricole (come la gestione di un molino); e senza contare
che il riscontro sui luoghi di causa di altri elementi
indiziari (coltivazioni in atto, macchinari agricoli e
piccoli animali) è dalla corte territoriale riferito del
tutto incongruamente ad un tempo di molto successivo a
quello rilevante, essendo quello avvenuto in sede di
sopralluogo del c.t.u. e quindi almeno cinque anni dopo il
tempo a cui occorreva fare riferimento;
infatti, di per sé soli considerati, due o più
elementi indiziari, ciascuno dei quali inidoneo a riferirsi

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particolare rapporto con il fondo in vendita: il

ai fatti da accertare, normalmente non fondano la certezza
dell’esistenza di questi:

ma devono essere valutati

complessivamente in relazione alla possibilità di
rappresentare, con l’evidenziazione di specifici nessi
logici, quelli ignoti; e, se del caso, occorrerà valutare

dall’onerato retraente: non potendo certo in questa sede di
legittimità compiersi una valutazione comparativa,
risolvendosi essa in un autentico apprezzamento di fatto;
– non rileva, una volta non impugnato lo specifico
passaggio motivazionale della gravata sentenza sulla
legittimità della contestazione, da parte del retrattato,
di tali requisiti anche solo in sede di precisazione delle
conclusioni in primo grado o con l’atto di appello (v. piè
di pag. 5), il tempo in cui essa sia stata in concreto
dispiegata: avendo comunque esaminato la corte di merito lo
specifico materiale probatorio indicato in motivazione;
i relativi motivi sono pertanto fondati e la corte
territoriale dovrà procedere ad una nuova valutazione del
materiale probatorio, se del caso ove cioè sia
impossibile fondare un’efficace illazione sulla base dei
documenti già esaminati in uno ad altri elementi anche di
quello offerto o richiesto, al fine di verificare in
concreto l’esistenza dei detti due requisiti.
6. Ulteriore doglianza, sviluppata con il terzo motivo
(non ricondotto specificamente ad alcuna, in particolare,
delle categorie di cui all’art. 360 cod. proc. civ.),
attiene alla motivazione sulla sussistenza della capacità
lavorativa del retraente.

11

anche gli ulteriori elementi probatori offerti o richiesti

6.1. La questione si pone in questi termini:

la corte territoriale motiva sulla sola modesta

estensione del fondo;
– la ricorrente si duole dell’assoluta carenza di tale
motivazione, anche perché ignara della necessità di una

retratto e di quella già coltivata dal retraente;
– la controricorrente ribatte essere stata raggiunta la
prova all’esito di una valida valutazione complessiva del
materiale

istruttorio,

comprese

le

risultanze

della

consulenza tecnica di ufficio; e comunque ribadisce di
avere, anche sul punto, offerto prova orale e richiesto
supplemento di indagine del consulente.
6.2.

Il motivo è però inammissibile, perché non

assistito da alcun quesito o da alcun momento di sintesi,
invece indispensabili.
7. Con il quarto motivo – formulato ai sensi del n. 3
dell’art. 360 cod. proc. civ. ed in relazione all’art. 2697
cod. civ., all’art. 8 della legge 590/65 ed all’art. 7
della legge 817/71 – è poi proposta la questione del
positivo accertamento della capacità lavorativa del
retraente e dei componenti del suo nucleo familiare.
7.1. La questione si pone in questi termini:
– la corte di merito motiva anche in questo caso in
relazione alla sola modesta estensione del fondo;
– la ricorrente si duole della mancanza di qualsiasi
accertamento in concreto e, comunque, della estensione di
questi al cumulo delle due aree, quella oggetto di retratto
e quella addotta come in atto coltivata dal retraente,

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considerazione congiunta della superficie oggetto di

nonché

accertamento della presenza

del mancato

di

collaboratori e della loro incidenza sulla capacità stessa;
– anche in tal caso la controricorrente ribatte per la
correttezza di una valutazione complessiva del materiale
probatorio fornito e, comunque, ricorda di avere articolato
idonei mezzi istruttori.

7.2. Una volta rilevato che il quesito di diritto a
corredo del motivo può dirsi in linea con i principi di cui
sub 2, si osserva:

non rileva, una volta non impugnato lo specifico

passaggio motivazionale della gravata sentenza sulla
legittimità della contestazione, da parte del retrattato,
di tali requisiti anche solo in sede di precisazione delle
conclusioni in primo grado o con l’atto di appello (v. piè
di pag. 5), il tempo in cui essa sia stata in concreto
dispiegata: avendo comunque esaminato la corte di merito lo
specifico materiale probatorio indicato in motivazione;
– e la questione è fondata, in applicazione della già
ribadita giurisprudenza sulla necessità di un positivo
accertamento in concreto di tutti i requisiti per la
sussistenza del diritto di riscatto e di tutte le
condizioni della relativa azione:

sicché la semplice

menzione della modesta estensione del fondo ed oltretutto
del

solo

fondo

retrattato

senza

considerare,

incongruamente e diversamente da quanto richiesto dalla
norma, in aggiunta quello confinante già oggetto della
diretta coltivazione da parte del retraente – non è di per
sé sufficiente, mentre il riferimento ai “collaboratori
familiari”, non specificamente individuati (in difformità
//1 19
13

da quanto prescritto dall’art. 8, co. l, legge 26 maggio
1965, n. 590, che si riferisce alla “capacità lavorativa
della … famiglia” del retraente), non è in grado di fornire
il benché minimo elemento valido di giudizio;

sicché, anche per questo verso, la gravata sentenza

esame in concreto, dando conto della sussistenza o meno
della capacità lavorativa del retraente e della sua
famiglia in relazione al fondo oggetto di retratto, come
cumulato con l’altro già oggetto della coltivazione da
parte sua.
8. Ulteriore doglianza, sviluppata con il quinto ed il
sesto motivo (entrambi ricondotti al n. 3 dell’art. 360
cod. proc. civ.), attiene al riparto dell’onere della prova
circa l’inesistenza di vendite di fondi rustici nel biennio
precedente (con riferimento agli artt. 2697 cod. civ., 8
legge 590/65 e 7 legge 817/71) e dell’inesistenza di
mezzadri o affittuari o coloni (con riferimento agli artt.
2697 cod. civ. ed 8, co. 1, n. 2, legge 817/71).
8.1. La questione si pone in questi termini:
– la corte territoriale qualifica onerato di tanto il
retraente;
– la ricorrente contesta tale conclusione, invocando in
contrario la giurisprudenza di legittimità;

la controricorrente pare interpretare quest’ultima

invece in senso a sé favorevole, comunque riferendo di
avere adeguatamente offerto prove sulla prima circostanza e
potersi trarre anche in via indiziaria prove sulla seconda
dal materiale probatorio in atti.

14

va cassata, affinché valuti la sussistenza del requisito in

8.2.

I quesiti di diritto a corredo dei relativi motivi

possono dirsi in linea coi principi di cui sub 2; e la
complessiva doglianza è fondata:
– la mancata vendita di fondi rustici nel biennio
precedente costituisce condizione per l’insorgenza del

in capo al coltivatore diretto proprietario del fondo
confinante, sicché incombe al retraente l’onere di provare
la sussistenza di tale condizione

(Cass. 24 ottobre 2008,

n. 25742; Cass. 19 novembre 1994, n. 9806, per la quale non
si ha così inversione dell’onere della prova ma soltanto
che questa sia fornita attraverso la prova dei fatti
positivi contrari)

anche a mezzo di presunzioni (ma con

esclusione delle dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà:

Cass. Sez. Un., 14 ottobre 1998, n. 10153)

o

testimoni; ed analogo discorso a farsi per l’assenza di
stabili insediamenti sul fondo retrattato

(come ricorda

Cass. 9 marzo 2012, n. 3727, con richiamo a Cass. 2
febbraio 1996, n. 899, o Cass. 24 giugno 2003, n. 10014);
né rileva, una volta non impugnato lo specifico
passaggio motivazionale della gravata sentenza sulla
legittimità della contestazione, da parte del retrattato,
di tali requisiti anche solo in sede di precisazione delle
conclusioni in primo grado o con l’atto di appello (v. piè
di pag. 5), il tempo in cui essa sia stata in concreto
dispiegata: risultando irrimediabilmente errata in diritto
la conclusione dell’accollo di detto onere al retrattato e
quindi l’omessa disamina delle prove eventualmente offerte
o richieste dalla sua controparte;

diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto

- e neppure rileva in questa sede che quest’ultima abbia
effettivamente offerto o chiesto prove al riguardo, atteso
che ogni valutazione al riguardo va operata dal giudice del
merito, una volta rimosso l’erroneo presupposto in diritto;
– pertanto, i relativi motivi vanno anch’esso accolti.

dell’art. 360 cod. proc. civ. e riferito alla violazione
degli artt. 2697 cod. civ., 8 co. 2 legge 590/65 e 8 co. 2
legge 817/71 – si affronta la questione della natura
agricola o meno del fondo.
9.1. La questione si pone in questi termini:
– la corte territoriale rileva che oggetto di vendita
era un fabbricato di mq 400 di ingombro, insistente su
terreno a suo servizio di ca mq 6200, qualificato non
agricolo dal consulente tecnico di ufficio, nemmeno per la
porzione di mq 2685 a confine con il retraente; ma rileva
poi che la destinazione urbanistica era agricola e comunque
che su di una parte sia stato realizzato un fabbricato con
destinazione alberghiera non esclude la prelazione della
porzione restante, individuabile per differenza dal totale
di quanto necessario per albergo ed a suo servizio;
– la ricorrente ricorda invece che il fondo era oggetto
di licenza edilizia e lamenta avere la corte di merito
valutato il carattere agricolo – idoneo a renderlo oggetto
di

retratto

esclusivamente

sulla

certificazione

urbanistica, riguardante oltretutto l’intera particella, ma
non anche in concreto;

16

9. Con il settimo motivo – formulato ai sensi del n. 3

- la controrìcorrente ritiene, dal canto suo, che
correttamente il carattere agricolo sia stato in concreto
accertato dal c.t.u.
9.2. Il quesito a corredo del motivo – secondo quanto
ribadito

supra, sub

3 – è però inammissibile, perché

comporta la valutazione comparativa di documenti e quindi

implica un vizio che esula dalla nozione di violazione o
falsa applicazione di legge: tanto comporta
l’inammissibilità del motivo, in disparte poi che la
comparazione delle risultanze di documenti implica un
tipico apprezzamento di fatto, di norma incensurabile in
sede di legittimità, se scevro da evidenti vizi logici o
giuridici.
10. Con il primo dei due quesiti rubricati come “VIII”
(a pag. 67 del ricorso) si pone la questione degli effetti
del condizionamento dell’efficacia della sentenza,
contenuto nel dispositivo, al pagamento di somme a titolo
di prezzo di riscatto ai venditori, anziché al retrattato.
10.1. La questione si pone in questi termini:

la ricorrente ritiene sussistere nullità della

sentenza, quale conseguenza della nullità di una condizione
sospensiva del pagamento del prezzo previsto a favore di
una parte diversa da quella indicata dalla legge, neppure
mai evocata in causa;
– la controricorrente qualifica invece la formula del
dispositivo come frutto di un mero errore materiale e
quindi del tutto irrilevante ai fini della validità della
»

pronuncia.
/(41
17

10.2. Sarebbe stato necessario osservare che il quesito
di diritto, come formulato, a prescindere daiseri dubbi
sulla sua conformità ai rigorosi requisiti di cui

sub 2.3 e

2.4, sarebbe stato manifestamente infondato: una sentenza
dai requisiti di tal fatta sarebbe erronea in diritto, ove

dovere essere impugnata per l’erroneità della medesima,
ovvero affetta da errore materiale, per il caso in cui la
statuizione in dispositivo risulti evidentemente non
corrispondente ad alcuna specifica argomentazione in
motivazione e possa essere quindi oggetto di una mera
correzione; ma non sarebbe giammai nulla, né nulla in sé,
ma appunto erronea (in diritto o in via meramente
materiale).
10.3. E tuttavia è stato prodotto provvedimento di
correzione

di

errore

materiale

della

stessa

corte

territoriale, con cui l’evidentemente erronea indicazione
dei soggetti a cui favore operare il pagamento del prezzo
di retratto è stata appunto rettificata nei sensi indicati
proprio dalla ricorrente: sicché il relativo motivo
inammissibile, oltretutto, per sopravvenuta carenza di
interesse a farlo valere.
11. Con il secondo dei due motivi rubricati come “VIII”
(a pag. 69 del ricorso, ricondotto al n. 3 dell’art. 360
cod. proc. civ. e riferito all’art. art. 8, co. 2, legge
590/65) si affronta l’ulteriore questione
dell’assoggettabilità a retratto di una sola parte del
fondo oggetto di vendita.
11.1. La questione si pone in questi termini:

la statuizione fosse sorretta da motivazione, tanto da

-

la corte territoriale argomenta nel senso che non

tutta l’intera estensione del terreno venduto costituisce
una pertinenza, difettando il relativo elemento oggettivo;

la ricorrente deduce la concreta violazione delle

finalità dell’accorpamento di fondi contigui, che resta

agricole efficienti sotto il profilo socio-economico: e si
duole della mancata considerazione dell’unitarietà del
fondo trasferito, sicché o era interamente agrario e andava
retrattato per intero o era interamente non agrario e
andava respinta in toto la domanda di retratto;
– la controricorrente sostiene l’ammissibilità in ogni
caso di un retratto parziale.
10.2.

Deve osservarsi che il quesito di diritto

rimprovera alla corte territoriale l’omessa valutazione
della circostanza che la parte retrattata sia entità
autonoma rispetto al predio compravenduto e della carenza
di prova sulla autonomia ed indipendenza della parte
retrattata; ma, così come posto, il quesito è però
infondato: la corte territoriale (pag. 8 della sentenza)
individua, sia pure implicitamente, tale autonomia per così
dire

de residuo,

isolando la parte suscettibile di

destinazione agricola con esclusione dalla superficie
totale di quella destinata ad albergo ed a sue pertinenze,
in particolare ritenendo comportare tale antinomia tra le
destinazioni l’autonomia del predio agricolo rispetto alla
porzione edificata; e tale specifica

ratio decidendi non è

attinta dalla formulazione del quesito, che resta pertanto

19

quella della formazione di nuove e più estese proprietà

privo di fondamento, se non di riscontro nella motivazione
censurata.
12. Infine, con il nono motivo – ricondotto al n. 3
dell’art. 360 cod. proc. civ. e riferito agli artt. 8, co.
l, e 5 legge 590/65 ed 8, cc. 2, legge 817/71 – la
ricorrente pone la questione, che lamenta non essere

procedervi

di

ufficio,

della

determinatezza

affrontata dalla corte territoriale, cui pure incombeva di
della

dichiarazione di riscatto in ordine al prezzo da
corrispondere ed alla precisa individuazione dell’area
riscattata; in ordine alla quale la controricorrente deduce
in via preliminare la novità e, poi, la corrispondenza
delle espressioni adoperate alla fattispecie di retratto
parziale, che impediva una maggiore specificazione.
Ma i quesiti di diritto sono inammissibili, perché non
si fanno carico della premessa indispensabile per evitare
la novità delle relative questioni, cioè della
prospettazione – la cui validità si lascia peraltro
impregiudicata – della necessità di procedere di ufficio ai
relativi accertamenti pure in caso di mancata allegazione
delle questioni ad opera delle parti.
13.

In conclusione, il ricorso va accolto quanto al

primo, al secondo, al quarto, al quinto ed al sesto motivo,
essendo infondati o inammissibili gli altri; ed il giudice
di rinvio

che si

individua nella stessa corte

territoriale, ma in diversa composizione, anche per la
regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità

rivaluterà,

in relazione alle censure

accolte, il materiale probatorio in atti o quello offerto o

20

7i

richiesto ritualmente dalle parti onerate alla stregua dei
principi di diritto esposti sopra agli ultimi alinea dei
punti 5 e 6 ed al quart’ultimo alinea del punto 8.
P.

Q.

M.

La Corte accoglie il primo, il secondo, il quarto, il

dichiarati inammissibili gli altri; cassa la gravata
sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia, anche
per le spese del giudizio di legittimità, alla corte di
appello de L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 14 marzo 2013.

quinto ed il sesto motivo di ricorso, rigettati o

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