Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9727 del 18/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/04/2017, (ud. 11/01/2017, dep.18/04/2017),  n. 9727

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21823-2015 proposto da:

P.C., C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato LINO MANGONE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L’AGORA’ D’ITALIA SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L., P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO BORRI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 551/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 07/07/2015 R.G.N. 223/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato MANGONE LINO;

udito l’Avvocato ANTONINI GIORGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

Con sentenza 7 luglio 2015, la Corte d’appello di Torino rigettava il reclamo proposto da P.C. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto l’opposizione all’ordinanza di rigetto della sua impugnazione (con le conseguenti condanne reintegratoria e risarcitoria) del licenziamento intimatole dalla datrice L’Agorà d’Italia Onlus con lettera 19 febbraio 2014 per superamento del periodo di comporto, siccome illegittimo per omessa detrazione di undici giorni festivi o non lavorativi, che ne avrebbero ridotto i 371 contestati entro i 360 giorni del termine di comporto contrattuale. A motivo della decisione, la Corte territoriale condivideva le argomentazioni del Tribunale: a) sulla non detraibilità degli 11 giorni non lavorativi e delle assenze intermedie in quanto compresi nei periodi di malattia coperti dai certificati medici, nella presunzione, in difetto di prova contraria non offerta, della continuità dell’episodio morboso; b) sull’inesistenza di obbligo datoriale di conversione d’ufficio, in assenza di specifica richiesta della lavoratrice, delle assenze per malattia nei giorni (circa otto) di ferie non fruite; c) sulla non sottraibilità delle assenze per infortunio del 30 settembre 2012, a norma dell’art. 71 CCNL di settore, siccome non immediatamente successive, risalendo il primo periodo certificato per esse dal 18 al 31 ottobre 2012.

Infine, essa ribadiva l’inammissibilità, per tardività, dell’inesatta determinazione del periodo di comporto secondo il calendario comune, anzichè indifferentemente dalla data del primo episodio morboso o a ritroso dalla data di licenziamento: questione nell’onere di tempestiva allegazione della lavoratrice, in quanto specifico vizio del recesso.

Con atto notificato il 4 settembre 2015, la lavoratrice ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste la società datrice con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione del contratto collettivo e di norme, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per assenza di alcun rilievo della Corte sugli effetti dell’inizio del periodo di malattia con un giorno festivo.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per errato conteggio del periodo di comporto (in riferimento alla coincidenza con giorno non festivo del primo di malattia, al non corretto computo di calendario, all’omessa conversione dei giorni di assenza in ferie non godute, al rilievo di non immediata successione alla data dell’infortunio dei giorni di relativa assenza certificati) e per mancata applicazione del principio iura novit curia, in assenza di nuova deduzione di mezzo di prova, ma di sua diversa prospettazione.

Con il terzo, la ricorrente deduce omesso esame, in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, su punto decisivo della controversia, quale l’efficacia retroattiva del riconoscimento dall’Inail dell’infortunio della lavoratrice, con la conseguente riconduzione ad esso delle sue assenze successive al 30 settembre 2012 (data dell’infortunio), come da certificazione medica, con relativa detrazione dal periodo di comporto.

Tutti i motivi sono palesemente inammissibili, per mancata rispondenza della loro formulazione allo schema normativo, in difetto di denuncia secondo la tassativa tipologia prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, con pedissequa reiterazione delle difese e argomentazioni svolte nei gradi di merito (come evincibile dalla lettura dell’esposizione in fatto del ricorso) dinanzi questa Corte, alla stregua di un malinteso terzo grado di merito e non di un giudizio di legittimità.

Ed infatti, non sono indicate nè le norme di legge violate (in particolare nei primi due mezzi), così da poter verificare la correttezza dell’attività ermeneutica diretta alla ricostruzione della loro portata precettiva, nè la sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito in un’ipotesi normativa, nè tanto meno sono specificate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

Neppure risultano chiari il contenuto e i limiti dell’impugnazione, non consentendo gli argomenti addotti dal ricorrente l’individuazione delle norme e dei principi di diritto asseritamente trasgrediti: con la conseguente preclusione di una delimitazione delle questioni sollevate (Cass. 7 novembre 2013, n. 25044; Cass. 16 marzo 2012, n. 4233). Nè la mera e generica enunciazione di violazioni di legge o di vizi di motivazione consente, nemmeno attraverso una lettura globale, di individuarne il collegamento con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono: così non potendosi cogliere le ragioni per le quali se ne chieda l’annullamento (Cass. 8 gennaio 2014, n. 187).

Infine, l’incongrua deduzione con il terzo mezzo di omesso esame di un punto (secondo un testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non già n. 4, richiamato in modo inappropriato, non essendo più in vigore dal 2 marzo 2006) decisivo della controversia è incompatibile con il novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis.

Esso prevede, come noto, una limitata devoluzione del “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, con esclusione della sua integrazione con elementi istruttori, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439): e la Corte territoriale ha esaminato la circostanza relativa al riconoscimento dell’infortunio dall’Inail, valutandola negativamente a fini di detrazione dal periodo di comporto (per le ragioni esposte dal secondo capoverso di pg. 8 al primo di pg. 9 della sentenza).

Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna P.C. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2017

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