Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9724 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. I, 23/04/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4568-2005 proposto da:

FALLIMENTO IMPRESA MAZZUCHELLI DI NORBERTO MAZZUCHELLI & C.

S.N.C.

(c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott. W.

E. pro tempore,elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONE IV

99 – INT. 14, presso l’avvocato FERZI CARLO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato D’ARGENIO AUGUSTO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA MEDIOFACTORING S.P.A., già MEDIOFACTORING S.P.A. (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PREVESA 11, presso l’avvocato

SIGILLO’ ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati BENATTI FRANCESCO, PENAZZI ALDO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2152/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato C. FERZI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato A. SIGILLO’ che ha chiesto

il rigetto o l’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il Fallimento della s.n.c. Impresa Mazzucchelli, premesso che la società era stata dichiarata fallita con sentenza in data 6.12.1996 del Tribunale di Busto Arsizio; che aveva ceduto alla Mediofactoring S.p.A. i crediti documentati dalle fatture n. (OMISSIS) emesse nei confronti della S.T.C. S.p.A. per L. 55.335.000 e per L. 27.985.000; che la Mediofactoring S.p.A. aveva incassato le predette somme; che a fronte della cessione dei suddetti crediti la Mediofactoring S.p.A. nulla aveva corrisposto alla Impresa Mazzucchelli s.n.c.; che “la cessione dei crediti sopra descritti” era pertanto revocabile e comunque inefficace”; tanto premesso, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio la società cessionaria chiedendo che venissero revocate e comunque dichiarate nulle e inefficaci le cessioni predette con conseguente condanna della convenuta a pagare al fallimento la somma di L. 83.320.000 oltre interessi legali dal giorno del pagamento al saldo.

Con sentenza dell’11.9.2000 il Tribunale accolse la domanda disattendendo l’eccezione di nullità della citazione ex art. 164 c.p.c., comma 4 sollevata dalla convenuta. Osservò che non sussisteva la dedotta genericità della citazione essendo nella medesima perfettamente individuata la domanda quale richiesta di revocazione “L. Fall., ex art. 67”. Ha poi ritenuto accoglibile la domanda stessa perchè le “cessioni di credito senza dazione di denaro da parte del factor erano pagamenti anormali e perciò rientranti nel disposto dell’art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall., ed, in ogni caso, ex art. 67, comma 2, L. Fall.”. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 20.7.2004, in accoglimento del gravame proposto dalla società convenuta, in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato la nullità della citazione, condannando il fallimento a restituire le somme nel frattempo versate dalla società appellante.

Ha osservato la Corte, dopo avere premesso che le ipotesi di revocatoria previste dai vari numeri della L. Fall., art. 67, commi 1 e 2 sono tra loro distinte e danno luogo ad azioni autonome, che la domanda non poteva essere genericamente individuata quale revocatoria “ex art. 67, L. Fall.”, come ritenuto dal Tribunale e che nella concreta fattispecie nell’atto di citazione non si rinvenivano nè riferimenti normativi, nè elementi che consentissero di individuare quale tra le diverse ipotesi di revocazione previste da tale articolo il Fallimento intendesse proporre, perchè dall’esposizione non era possibile individuare la causa petendi della revocatoria, mancando, in particolare, qualsiasi riferimento all’anomalia dei pagamenti o alla conoscenza della insolvenza della Impresa Mazzucchelli s.n.c. da parte della convenuta.

Contro la sentenza di appello la curatela del fallimento ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso la società intimata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1.- Con il primo motivo la curatela ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c., e art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 in relazione all’art. 67, L. Fall. e all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” e deduce – dopo avere trascritto il contenuto dell’atto di citazione, peraltro conformemente a quanto riportato nella sentenza impugnata – che la curatela aveva “esposto il fatto in termini precisi” ed il primo giudice aveva correttamente qualificato la domanda. Richiama la giurisprudenza di questa Corte.

2.2.- Con il secondo motivo la curatela ricorrente denuncia “violazione delle regole sull’onere della prova con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5” e deduce che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che nella esposizione del fatto mancasse ogni riferimento all’anomalia del pagamento o alla conoscenza dello stato di insolvenza, “avendo il curatore enunciato che la cessionaria Mediofactoring, a fronte della cessione dei due crediti, aveva trattenuto per se il relativo importo”.

3.- Entrambi i motivi – esaminabili congiuntamente per l’intima connessione – sono infondati perchè – come ha rilevato la controricorrente – la giurisprudenza menzionata dalla curatela ricorrente (Sez. 1, Sentenza n. 4126 del 21/03/2003) concerne “l’autonomia e reciproca distinzione delle singole ipotesi di revocatoria di cui, rispettivamente, al primo e al secondo comma dell’art. 67, L. Fall.” che “si fonda sulla peculiare individualità dell’atto revocando e sulla sua specifica causa petendi, da intendersi come mutata e diversamente prospettata (tanto da dar luogo a novità di domanda, inammissibile) nel caso di passaggio, in sede di giudizio di appello, dalle ipotesi L. Fall., ex art. 67, comma 1 a quelle L. Fall., ex art. 67, comma 2 e viceversa”, nonchè il principio “della riqualificazione officiosa della domanda da parte del giudice, secondo il quale, dedotto in causa, nei suoi estremi materiali, l’atto di cui si chiede la revocazione, pur se erroneamente sussunto dalla parte in una delle ipotesi previste dall’art. 67, comma cit., anzichè in un’altra, diversa da quella che nella specie gli è propria, non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, d’ufficio, ne rilevi l’esatta qualificazione e decida la causa secondo la regula iuris a questa corrispondente”.

Giurisprudenza che si fonda sul presupposto che la curatela abbia “chiaramente ed univocamente indicato … l’atto giuridico i cui effetti si intendano neutralizzare”, restando un problema di mera qualificazione giuridica quello “dell’esatta individuazione sub specie iuris della domanda a tal fine proposta”, ma a condizione che l’attore abbia “pur sempre puntualmente indicato nella sua materialità e nei suoi effetti” il petitum attoreo. Per converso – e ciò non risulta specificamente impugnato dalla curatela ricorrente – nella concreta fattispecie la Corte del merito ha evidenziato che nell’atto di citazione non si rinvenivano nè riferimenti normativi, nè elementi che consentissero di individuare quale tra le diverse ipotesi di revocazione previste da tale articolo il Fallimento intendesse proporre, perchè dall’esposizione non era possibile individuare la causa petendi della revocatoria, mancando, in particolare, qualsiasi riferimento all’anomalia dei pagamenti o alla conoscenza della insolvenza della Impresa Mazzucchelli s.n.c. da parte della convenuta.

D’altra parte, dalla stessa trascrizione dell’atto di citazione si evince che oggetto dell’azione revocatoria era la cessione dei crediti e non un pagamento con mezzi anormali mentre la circostanza che il curatore avesse “enunciato che la cessionaria. Mediofactoring, a fronte della cessione dei due crediti, aveva trattenuto per sè il relativo importo” poteva semmai evocare un inadempimento ma non certo un pagamento mediante cessione di crediti.

Il ricorso deve, dunque, essere rigettato con le conseguenze di legge in ordine al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la curatela ricorrente a rimborsare alla società intimata le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

 

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