Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9724 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9724 Anno 2015
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 21747-2009 proposto da:
COME GAS SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIENZA
241, presso lo studio dell’avvocato GIOIA PADOAN,
rappresentato e difeso dall’avvocato ARRIGO
BERGONZINI giusta delega in calce;
– ricorrente –

2015
1285

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 13/05/2015

controricorrente
nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VITERBO;

intimato

avverso la sentenza n. 266/2008 della COMM.TRIB.REG.
o

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/03/2015 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BERGONZINI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE che
si riporta e chiede l’inammissibilità;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

d0)012A, depositata il 28/10/2008;

4

3

RITENUTO IN FATTO
1. La società CO.ME.GAS. SRL proponeva impugnazione avverso la cartella
di pagamento n. 125 2006 0017 862233 per IVA, IRPEG ed IRAP per Vanno
di imposta 1996 e gli atti pregressi, dinanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale di Viterbo che dichiarava inammissibile l’impugnazione con la
sentenza n. 274/01/07.

La società, dopo avere premesso di avere ricevuto in data 18.08.05 avviso
di accertamento con il quale era stata rettificata la dichiarazione IVA
presentata dalla società per l’anno 1999, con consequenziale accertamento
di maggiori imposte, connessa alla contestazione dell’applicazione
dell’aliquota agevolata del 10% agli acquisti di carburante ed alla successiva
rivendita degli stessi, esponeva quindi di avere proposto istanza di
accertamento per adesione alla quale era seguito un incontro in
contraddittorio in data 05.12.05, in occasione del quale l’Ufficio si era
riservato di approfondire le questioni trattate e di comunicare la decisione
assunta, senza tuttavia mai provvedervi: di contro la pretesa impositiva era
ugualmente divenuta definitiva, era stata iscritta a ruolo ed era stata
emessa la cartella di pagamento impugnata. La contribuente si doleva del
fatto che tale comportamento dell’Ufficio, ovverosia la mancata
comunicazione dell’esito negativo dell’istanza per adesione, aveva
ingenerato nella stessa un errore ai fini dell’impugnabilità dell’avviso di
accertamento, in attesa della definizione della procedura dell’accertamento
per adesione, poiché la sua eventuale iniziativa di impugnazione dell’avviso
di accertamento nel rispetto dei termini sospesi avrebbe comportato una
automatica rinuncia all’accertamento per adesione ex art.12, comma 2, del
DLGS n.218/1997.
3. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza n.
266/14/2008, depositata il 28.10.08 e non notificata, respingeva l’appello,
affermando che, ai sensi dell’art.6, commi 2 e 3, del DLGS n.218/1996, i
termini per’ l’impugnazione erano sospesi per novanta giorni dalla
presentazione dell’istanza con adesione, decorsi i quali i termini
riprendevano a decorrere, senza che sussistesse alcun obbligo per l’Ufficio
di comunicare l’esito negativo della procedura.
4. Avverso tale decisione la società contribuente propone ricorso per
cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle
entrate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1.1. I motivi articolati sono due.
1.1.2. Primo – Violazione ed errata interpretazione e falsa applicazione degli
artt.7 e ss del DLGS n.218/1997, della L n.212/2000, con conseguente
inosservanza delle norme comportamentali ed amministrative da parte
dell’Ufficio, anche in violazione della L n.241/1990 ed in senso lato dei

R.G.N. 21747/2009
Cons. est. Lauro Tricorni

2. La sentenza era appellata dalla contribuente.

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principi generali di cui agli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione (art.360,
comma 1 n.3, cpc).

1.1.3. Secondo – Assenza di motivazione sulle questioni proposte con il
primo motivo e nel merito del contenzioso tributario originario, riguardante
l’applicabilità dell’aliquota IVA al 10% sulle operazioni commerciali di GPL
per bombole ad uso domestico.
1.2. Il primo motivo è inammissibile perché censura l’operato dell’Ufficio e
non la decisione impugnata.
Nel merito è anche infondato perché non è previsto alcun obbligo
dell’Ufficio, nemmeno per l’invito a comparire, per cui, a maggior ragione,
non vi è obbligo di comunicazione dell’esito dell’incontro.
Inoltre ciò comunque non può interferire con il termine di sospensione di
novanta giorni previsto per legge, la cui decorrenza non viene interrotta
nemmeno dallo svolgimento dell’attività istruttoria che può essere connessa
all’invito a comparire e, quindi, non è interrotto nemmeno dall’attesa di una
ipotetica decisione. D’altronde questa Corte ha già avuto modo di osservare
(cfr. Cass. nn. 3368/2012, 9011/2014, 993/2015) che in tema di
accertamento con adesione, la presentazione dell’istanza di definizione,
così come il protrarsi nel tempo della relativa procedura, non
comportano l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma ne
sospendono soltanto il termine d’impugnazione per 90 giorni, decorsi i
quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale,
l’avviso di accertamento, in assenza di tempestiva impugnazione,
diviene definitivo, poichè, a norma del DLGS n. 218/1997, artt. 6 e
12, soltanto all’atto del perfezionamento della definizione che l’avviso
perde efficacia.
1.3. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in
relazione alla asserita assenza di motivazione sulla contestazione mossa alla
pretesa tributaria, poiché tale contestazione non è stata trascritta e non
risulta dalla sentenza impugnata, e per mancanza del momento di sintesi
ex art.366 bis, cpc (cfr. Cass. n.4556/2009, n.24255/2011) .
2.1. In conclusione il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi.
3.2. La ricorrente società va condannata alla refusione delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione,

R.G.N. 21747/2009
Cons. est. Laura Tricorni

Secondo la ricorrente, l’Ufficio con il suo comportamento avrebbe violato le
norme indicate con riferimento all’obbligo di informativa adeguata del
contribuente, non avrebbe correttamente attuato la procedura
dell’accertamento con adesione ed avrebbe altresì violato i principi di tutela
della buona fede e dell’affidamento del contribuente e dell’obbligo di non
gravare la posizione di quest’ultimo.

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– rigetta il ricorso, inammissibili tutti i motivi;
– condanna la ricorrente società alla refusione delle spese del giudizio di
legittimità che liquida nel compenso di C. 4.200,00, oltre spese prenotate a
debito.

Così deciso in Roma, camera di consiglio del 30 marzo 2015.

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