Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9721 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9721 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

Data pubblicazione: 13/05/2015

SENTENZA

sul ricorso iscritto proposto da:
SPECCHI AGOSTINO,

rappresentato e difeso per procura a

margine del ricorso dall’Avv.Raffaele Specchi ed
elettivamente domiciliato in Roma, via Prisciano n.42
presso lo studio dell’Avv.Silvio Galluzzo.
– ricorrente

.C33

contro

.01í
AGENZIA delle Entrate,

tempore,

rappresentata

in persona del Direttore pro
e

difesa

dall’Avvocatura
e

Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata

-intimataavverso la sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia- Sezione staccata di Siracusa
n.64/16/09, depositata il 18.3.2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12.2.2015 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;

Generale dott.Riccardo Fuzio, che ha concluso per
l’inammissibilità del primo motivo di ricorso e per
l’accoglimento del secondo e del terzo motivo.
Svolgimento del processo
L’avvocato Agostino Specchi impugnò l’avviso di accertamento con il
quale, rilevata l’omessa fatturazione di compensi derivanti dall’esercizio
dell’attività professionale sulla base del controllo delle movimentazioni eseguite
sui contLeorrenti bancari, era stato elevato il reddito professionale imponibile per
l’anno 1997.
La Commissione Tributaria Provinciale, riunito al ricorso quello
riguardante la conseguenziale cartella, li accolse censurando, tra l’altro, la mancata
valutazione ad opera dell’Ufficio di tutta la documentazione prodotta dal
contribuente.
La decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, veniva parzialmente
riformata dalla Commissione Tribunale Regionale della Sicilia-sezione staccata di
Siracusa la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, determinava il maggior
reddito imponibile in euro 58.250,36.
Il Giudice di appello riteneva, infatti, che, mentre i versamenti successivi
alla data di chiusura della verifica non potevano costituire oggetto di legittima

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udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

ripresa, gli importi residui non erano stati giustificati, come da suo onere dal
contribuente, essendo gli assegni soltanto un mezzo di pagamento che presuppone
l’esistenza di una relazione che ne giustifichi l’emissione onde tali somme
• dovevano essere assoggettate a tassazione mancando la dimostrazione della toro
riferibilità a pagamenti estranei all’attività professionale.

tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1.Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt.342, 112 e 324
c.p.c. in relazione all’art.360, comma l, n.4 c.p.c.
In particolare il ricorrente deduce gli errori “in procedendo” commessi
dalla CTR consistenti:.
-nel non avere rilevato la mancata proposizione di appello in ordine ad un capo
autonomo della sentenza di primo grado, tale da sorreggere autonomamente la
decisione impugnata;
-nell’avere riformato la sentenza impugnata, ultra petita, intervenendo su un capo
autonomo di essa in assenza di specifico motivo di gravame da parte
dell’ appellante;
-nel non avere rilevato la formazione del giudicato per mancata proposizione di
appello in ordine ad un capo autonomo della sentenza di primo grado, tale da
sorreggere autonomamente la decisione.
1.1. Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito plurimo formulato ai sensi
dell’art.366 bis c.p.c.(applicabile al ricorso per essere stata la sentenza impugnata
depositata il 18.3.2009). Lo stesso, infatti, si limita ad una mera ripetizione delle

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Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione su

~O.

disposizioni normative priva di alcun concreto riferimento alla fattispecie, laddove
questa Corte è ferma nel ritenere che il quesito di diritto deve essere formulato, ai
sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logicogiuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare
una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori

il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea ad
assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo, sia perché risolventesi in una
tautologia o in un interrogativo circolare, sia perchè insufficiente a chiarire l’errore
di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia
(cfr. Corte cass. SU 30.10.2008 n. 26020; id. SU 2.12.2008 n. 28536; id. sez. lav.
25.3.2009 n. 7197 id. III sez. 25.5.2010 n. 12712).
2.Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt.2697 e 2727 e ss
c.c. lin relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. o, in subordine, in relazione
all’art.360, comma 1, n.5 c.p.c.
In particolare, il ricorrente, nel premettere l’affermazione della C.T.R. secondo cui
il principio che governa gli accertamenti derivanti da riscontri con operazioni
bancarie prevede l’onere della prova a carico del contribuente, lamenta la
violazione dei superiori precetti normativi in quanto con la sentenza impugnata la
CTR, nel non tenere conto che, con la produzione documentale offerta dal
contribuente, l’onere probatorio si era spostato sull’Ufficio, avrebbe attribuito tale
onere ad una parte diversa da quella gravata.
2.1. 11 motivo, al limite dell’inammissibilità per la genericità del quesito, ex
art.366 bis c.p.c., che lo correda, è, in ogni caso, infondato.
Alla luce della costante giurisprudenza di questo giudice di legittimità, in

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rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile

virtù della presunzione stabilita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, – che, data la
fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza
richiesti dall’art.2729 c.c., per le presunzioni semplici – sia i prelevamenti che i
versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno imputati a
ricavi conseguiti dal medesimo nella propria attività d’impresa, se questo non

che sono estranei alla produzione del reddito (v. tra le altre Cass. n. 9103 del 2001
e n. 15447 del 2001). Per poter superare la presunzione legale di cui sopra occorre,
pertanto, che il contribuente fornisca valida prova contraria e che detta prova sia
valutata dal giudice in rapporto agli elementi risultanti dai suddetti conti, per
verificare, attraverso i riscontri possibili (date, importi, tipo di operazione, soggetti
coinvolti), se ed eventualmente a quali movimenti la documentazione fornita dal
contribuente si riferisca, così da escludere dal calcolo dell’imponibile
esclusivamente quanto risultante dai singoli movimenti bancari ritenuti riferibili
alla produzione documentale del contribuente. (v. Cass. n.16650 del 2011). Tali
principi, per quello che qui interessa, conservano attualità anche dopo l’intervento
della Corte Costituzionale la quale, con sentenza n.228 del 2014 (pubblicata in GU
n.42 del 8/10/2014), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art.32,
comma 1, numero 2, secondo periodo, come modificato dall’art. 1, comma 402,
lettera a), numero 1) della legge 30.12.2004, n.311, limitatamente alle parole “o
compensi”. Il Giudice delle leggi ha, invero, ritenuto la presunzione, ivi prevista,
anche nei confronti dei lavoratori autonomi lesiva del principio di ragionevolezza
nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi
ingiustifìcati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano
destinati ad un ‘investimento nell’ambito della propria attività professionale e che

dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure

*
questo a sua volta produttivo di reddito.
Ciò posto in via generale, non si ravvisa, in concreto, la dedotta violazione
di legge, laddove, per come evincibile dalla sentenza impugnata, l’accertamento ha
riguardato solo i versamenti effettuati sui conti correnti del contribuente e per
questi il Giudice di appello, facendo corretta applicazione delle regole in materia di

presunzione di legge vincibile da prova contraria da parte del contribuente, che,
però, nel caso concreto, ha ritenuto inidonea affermando che l’assegno è solo un
mezzo di pagamento che presuppone l’esistenza di una relazione che ne giustifichi
l’emissione. Il motivo, inoltre, nella parte in cui deduce un vizio di motivazione ex
n.5, I comma, art.360 c.p.c. è inammissibile per l’assenza del necessario “momento
di sintesi” ex art.366 bis c.p.c.
3.Con il terzo motivo si rassegnano, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5
c.p.c., plurimi vizi della motivazione. In sintesi, il ricorrente lamenta:
I) l’ illogicità, contraddittorietà ed omissione della motivazione per avere la CTR
disconosciuto la valenza probatoria della produzione delle copie degli assegni
senza prendere posizione in ordine alla produzione (neanche menzionata) del
contribuente delle dichiarazioni rese dagli emittenti degli assegni e di altra
documentazione dalla quale si dimostrava l’esistenza dei rapporti sottostanti che
escludevano l’imputabilità di tali pagamenti a redditi professionali;
Ti) la totale omissione della motivazione del rigetto delle eccezioni sollevate dal
ricorrente e comprovate dalla documentazione in atti;
III) la contraddittorietà della motivazione laddove, pur riconoscendo che l’importo
delle operazioni non giustificate ammontasse a lire 94.785.415 non ha
rideterminato il reddito imponibile sulla base di solo tale ultimo ma in quello di

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riparto dell’onere probatorio, ha correttamente rilevato l’esistenza di una

Lire 112.788.415, ” dato dalla differenza tra £.193.140.900 meno £80.352.485″;
IV) l’omessa motivazione delle ragioni per le quali il Giudice di appello non aveva
dato rilievo alle ulteriori ragioni addotte dal ricorrente a giustificazione della
provenienza dei pagamenti.
3.1.Alla luce di quanto già sopra esposto in tema di riparto dell’onere probatorio e

all’art.32 d.p.r. n.600/73, sussistono i vizi dedotti sub I, II e IV con assorbimento di
quello sub III. La motivazione censurata si appalesa, infatti, viziata laddove la
CTR siciliana, pur a fronte delle allegazioni e della copiosa documentazione, non
limitata alle sole copie degli assegni, versata in atti dal contribuente al fine di
fornire la dimostrazione dei rapporti sottostanti estranei all’esercizio della
professione, ne ha omesso integralmente l’esame non esplicitando neppure le
ragioni per le quali l’ha ritenuta inidonea allo scopo.
4. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di
merito, affinchè provveda, oltre che al regolamento delle spese di questo grado, al
riesame della vicenda processuale fornendo congrua motivazione.
P.Q.Id.
La Corte, in parziale accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri,
cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia, anche per il

di valutazione della prova contraria fornita dal contribuente, nell’ipotesi di cui

regolamento delle spese processuali del grado, a diversa Sezione della
Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.
Così deciso in Roma, il 12.2.2015

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