Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9720 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9720 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso iscritto proposto da:
Agenzia delle Entrate,

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n.12 presso gli uffici dell’Avvocatura
Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e
difesa.
– ricorrente –

657,
contro

Unità Locale Socio Sanitaria n.1 di Belluno,

in persona

del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e
difesa per procura a margine del controricorso dagli
Avv.ti

Antonio

elettivamente

Prade
domiciliata

e

Gabriele
presso

lo

Pafundi

ed

studio

di

Data pubblicazione: 13/05/2015

quest’ultimo in Roma, via Giulio Cesare n.14
-controricorrente-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale del Veneto n.12/6/09, depositata il
29.1.2009;

udienza del 12.2.2015 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;
udito per la ricorrente l’Avv.Giovanni Palatiello;
udito per la controricorrente l’Avv.Gabriele Pafundi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott.Riccardo Fuzio, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
L’Unità Locale Socio Sanitaria n.1 di Belluno impugnò il provvedimento
di rigetto dell’ istanza di rimborso della maggiore IRES versata nell’anno 2004 sul
presupposto di avere erroneamente dichiarato il reddito fondiario degli immobili
strumentali all’attività assistenziale e sanitaria istituzionalmente svolta.
Il ricorso venne accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Belluno e la
decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, confermata dalla Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe.
Il Giudice di appello ritenne che i fabbricati di proprietà della ricorrente,
strumentali all’esercizio dell’attività sanitaria, non generassero reddito fondiario
sulla base dei seguenti dati:
-il dato storico per cui detti beni, allorquando erano di proprietà degli Enti

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

locali non costituivano presupposto di imposizione né lo erano diventati dopo il
loro trasferimento alla USL;
-la relazione governativa al d.l.vo n.460/1997 che ne prevedeva la non
tassazione siccome strumentali all’attività esercitata;
-il secondo comma dell’art.88 T.U.I.R. secondo cui non costituisce attività

degli enti pubblici.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per
cassazione su unico motivo.
L’U.L.S.S., n.1 di Belluno resiste con controricorso successivamente
illustrato con memoria depositata ex art.378 c.p.c..
Motivi della decisione.
1.Con unico motivo, articolato ai sensi del n.3, I comma, art.360 c.p.c.,
l’Agenzia delle Entrate -premesso che, per evidente errore materiale la CTR aveva
citato gli articoli (88 e 40, 108 e 109) del TUIR che disciplinavano la materia sino
al 2003 e non già quelli (di identico contenuto) che disciplinano la materia
nell’anno di imposta 2005 (74 e 43, 143, 144)- deduce come l’interpretazione di
tali norme di riferimento, operata dalla C.T.R., contrasti con il contrario pacifico
orientamento di questa Corte. In particolare, la ricorrente evidenzia che, finché gli
immobili utilizzati dalle U.L.S.S. erano di proprietà degli Enti locali, gli stessi non
generavano reddito imponibile, giusta il disposto dell’art.5 dpr n.601/73 il cui
testo, non includente le Unità Socio Sanitarie, era rimasto identico anche dopo il
trasferimento degli immobili. Sempre secondo la prospettazione difensiva, poi, la
ricomprensione di dette Unità socio sanitarie nel disposto dell’art.74 (già) 88 del
T.U.I.R. voleva solo significare che lo svolgimento delle attività istituzionali non

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commerciale l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte

-.

costituisce, ai fini fiscali, reddito di impresa, ma non valeva ad escludere che il
reddito complessivo fosse composto anche dai redditi fondiari degli immobili
strumentali alla loro attività.
2. Il motivo, respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata in controricorso per
essere il quesito ex art.366 bis c.p.c. idoneo e conforme ai dettami di questa Corte,

In materia, l’orientamento di questa Corte, dal quale non si ritiene doversi
discostare in assenza di idonee ragioni, è ormai consolidato nel senso che “in tema
di IRPEG il d.p.r. 22 dicembre 1986, n.917, art.88, comma 2 (nella numerazione
vigente ratione temporis oggi art. 74) dispone che l’esercizio di attività
previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti
esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto,
il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività
non subisce la trasformazione in reddito d’impresa a norma dell’alt 40, comma 1,
(oggi 43) del medesimo decreto. Ne discende che il reddito complessivo va
determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente
dispone l’art. 108 (oggi 143) del decreto” ( Cass. 19 ottobre 2012, n. 17994; Cass.
12 gennaio 2012, n. 288; Cass. 10 giugno 2011, n. 12773; Cass. 5 maggio 201 1, n.
9875; Cass. 7 settembre 2010, n. 19038; Cass. 22 luglio 2009, n. 17089; Cass. 26
novembre 2008, n. 28176).
Si è, poi, ulteriormente, puntualizzato, che “per un verso, a norma dell’art.
87, 2 comma, del testo unico delle imposte sui redditi, gli enti pubblici residenti
che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale
sono soggetti ad IRPEG; per altro verso, non costituisce esercizio di attività
commerciale l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di

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è fondato.

enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le unità sanitarie locali”
(art. 88, comma 2, lett. c) del suddetto decreto), in quanto tale non assoggettabile a
prelievo IRPEG. In relazione a tali ultime attività, non si pone il problema della
qualificazione del reddito degli immobili relativi ad imprese commerciali; reddito,
che, secondo il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40, comma 1, non va considerato come

essendo configurarle reddito di impresa, in mancanza di un’attività commerciale
riconosciuta come tale ai fini fiscali (art. 88 cit.), suscettibile di prelievo fiscale,
manca il presupposto per l’assorbimento del reddito fondiario nel reddito d’impresa.
11 reddito fondiario, pertanto in tale caso, mantiene la propria autonomia, ai fini
dell’imposizione fiscale. Di fatti, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, il
reddito degli enti pubblici non commerciali va ricostruito in maniera atomistica, al
fine di evitare contaminazioni tra i diversi tipi di reddito che non possono poi
confluire nell’unica categoria del reddito di impresa” (Cass.n.3346/2013).
In sintesi:gli immobili utilizzati dalle unita locali socio sanitarie per lo
svolgimento delle attività istituzionali da queste espletate, espressamente
qualificate non commerciali, sono autonomamente assoggettabili al fisco, sia in
quanto non sono oggetto di una specifica esenzione, sia in quanto non è possibile
applicare in via analogica il d.p.r. n.917 del 1986 art.43 (già 40), che riguarda solo
gli immobili strumentali all’esercizio di un’attività di impresa, di un’arte o di una
professione.
3.- Da quanto esposto consegue che l’impugnata sentenza ha fatto applicazione di
una regola di diritto errata; il ricorso deve, pertanto, essere accolto e la sentenza di
appello cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto, la
controversia può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto

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fondiario, ma segue il regime del reddito di impresa, recte, è in esso assorbito. Non

del ricorso introduttivo della contribuente.
4. Data l’epoca di consolidamento del principio di diritto applicato in relazione a
quella in cui risale il ricorso introduttivo della controversia, vanno compensate le
spese inerenti alla fasi di merito. In ossequio al principio di soccombenza vanno,
invece, liquidate, come in dispositivo, le spese concernenti questo grado.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.
Condanna la controricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate
delle spese di questo grado liquidate, in complessivi curo 3.100 oltre accessori di
legge e spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12.2.2015

P . Q .M .

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