Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9719 del 03/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 03/05/2011), n.9719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAMERINO 15, presso lo

studio dell’avvocato CIPRIANI ROMOLO GIUSEPPE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BORRI PAOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUATTRO FONTANE 20, presso lo

studio dell’avvocato FUSILLO MATTEO, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1529/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/12/2008 R.G.N. 1102/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato VICINANZA ALESSANDRA per delega CIPRIANI ROMOLO

GIUSEPPE;

Udito l’Avvocato FUSILLO MATTEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 7.11 – 30.12.2008, accogliendo il gravame proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (qui di seguito, per brevita’, indicata anche come Cassa) nei confronti di G.M. avverso la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato il diritto dell’iscritto alla riliquidazione della pensione di vecchiaia secondo i criteri di calcolo dettati dall’art. 49 del regolamento, tenendo conto del principio del pro rata in relazione alle anzianita’ maturate anteriormente alla modifica introdotta con la Delib. 22 giugno 2002, rigetto’ la domanda.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ritenne che nella specie, tenuto conto della data (26.6.2004) di conseguimento del diritto alla prestazione previdenziale, non poteva ravvisarsi l’illegittimita’ della ridetta Delib. 22 giugno 2002 per non avere la stessa tenuto conto del principio del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, in quanto il rispetto delle anzianita’ gia’ maturate doveva valere esclusivamente con riguardo alle prestazioni per le quali fosse gia’ insorto il relativo diritto.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale G.M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo. L’intimata Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente principale denuncia violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, assumendo che l’obbligo del principio del pro rata ivi stabilito ne impone il rispetto nell’adozione di ogni provvedimento e che, se e’ vero che la pensione deve essere calcolata in relazione alla normativa vigente al momento del pensionamento, cio’ non esclude, ma anzi impone, la frazionabilita’ del periodo contributivo, in relazione all’anzianita’ maturata nella vigenza dei criteri di determinazione della pensione.

Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e L. n. 414 del 1991, art. 1), deducendo l’inapplicabilita’ del principio del pro rata in caso di riforma strutturale della gestione previdenziale, realizzata anche mediante il passaggio dal sistema retribuivo (o a ripartizione) al sistema contributivo (o a capitalizzazione).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, e L. n. 414 del 1991, art. 1), sostenendo che lo ius superveniens costituito dal ridetto L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, nella parte in cui fa salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli Enti ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della sua entrata in vigore, doveva essere interpretato nel senso di comportare la validita’ e la legittimita’ sopravvenuta della regolamentazione contenuta negli atti e deliberazioni anteriori con efficacia retroattiva, ossia fin dalla loro emissione.

2. Con la Delib. 7 giugno 2003 il Comitato dei delegati ha introdotto, a far tempo dal primo gennaio 2004, il nuovo sistema contributivo, in luogo del precedente sistema retributivo per il calcolo delle pensioni, di talche’, secondo il criterio del pro rata, i professionisti iscritti alla Cassa in data anteriore al primo gennaio 2004 avrebbero ricevuto una pensione articolata in due quote, l’una sino al 31 dicembre 2003, di carattere retributivo, l’altra dal gennaio 2004, contributiva.

Detta delibera non e’ stata, ne’ e’ sospettabile di illegittimita’, posto che la possibilita’ di passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo delle pensioni dei liberi professionisti e’ espressamente contemplato dalla legge regolatrice vigente al momento della delibera, ossia dalla citata L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 che nell’ultima parte prevede che “Gli enti possono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge”.

3. La controversia nasce dal fatto che, con la precedente Delib. 22 giugno 2002, era stato modificato il sistema di calcolo delle pensioni: si trattava ovviamente di pensioni “retributive” e, quindi, commisurate ai redditi professionali, perche’, mentre con il sistema precedente si prendevano a base della pensione i quindici migliori redditi degli ultimi venti anni anteriori alla maturazione del diritto a pensione, con la delibera del 2002 si era previsto invece che la pensione dovesse essere liquidata in base “alla media di tutti i redditi professionali annuali.

4. E’ evidente che questo nuovo sistema di calcolo determina una diminuzione sull’ammontare delle pensioni rispetto a quello che sarebbe stato il risultato secondo il sistema precedente e, quindi, una minor misura di quella quota della pensione retributiva, maturata fino al 31 dicembre 2003: di qui la controversia, con cui professionista ha chiesto le differenze di pensione, sostenendo che detta quota doveva invece essere mantenuta intatta in forza della la regola del pro rata sancita dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, che recita per quanto qui interessa: “Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 2, del predetto decreto legislativo, la stabilita’ delle rispettive gestioni e’ da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall’art. 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianita’ gia’ maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti. …. Gli enti possono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge”.

5. Venendo alla disamina delle doglianze svolte, deve rilevarsi la fondatezza dell’unico motivo del ricorso principale.

E’ infatti pur vero che con una sentenza di questa Corte (cfr. Cass., n. 1401/2007) si e’ affermato che “il principio del pro rata deve intendersi fatto dal legislatore con riferimento ai parametri suscettibili di frazionamento nel tempo e di separata valutazione in relazione ai periodi temporali di vigenza di diverse normative”, con la conseguenza che non sarebbe “applicabile al sistema di calcolo della pensione, che non e’ suscettibile di frazionamento, in quanto puo’ avvenire esclusivamente al momento dell’accoglimento della domanda di pensionamento e deve essere eseguito secondo le norme in vigore in quel momento”; tuttavia questo orientamento e’ stato disatteso dalla successiva giurisprudenza di legittimita’ (cfr.

Cass., nn. 20235/2010; 24202/2009). In particolare Cass., n. 24202/2009, cit., cosi’ motiva: “…il principio del pro rata – come questa Corte ha gia’ avuto occasione di ritenere (vedine la sentenza n. 22240 del 25 novembre 2004) – non puo’ che essere inteso nel senso enunciato (dalla stessa L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 cit.), laddove – con riferimento specifico ai lavoratori (iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed a forme sostitutive ed esclusive della stessa e) soggetti, nel passaggio dal sistema retribuivo al sistema contributivo di calcolo della pensione, ad entrambi i sistemi (cioe’ ai lavoratori che possono far valere un’anzianita’ contributiva inferiore a diciotto anni) – stabilisce che, in tale caso, “la pensione e’ determinata dalla somma: a) della quota di pensione – corrispondente alle anzianita’ acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 (cioe’, alla entrata in vigore del sistema contributivo) – calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di pensione corrispondente ai trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianita’ contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.

Analogamente, i lavoratori iscritti ad enti previdenziali privatizzati – nel caso di successione, durante il periodo dell’iscrizione, di sistemi diversi di calcolo della pensione – hanno, quindi, diritto – in ossequio, appunto, al principio del pro rata – ad altrettante quote di pensione, da calcolare – in relazione a ciascun periodo dell’anzianita’ maturata -secondo il sistema, rispettivamente, in vigore. La Corte – cosi’ decidendo – consapevolmente si discosta dal proprio precedente in senso contrario (Cass. n. 14701 del 25 giugno 2007), che – trascurando la prospettata normativa di fonte legislativa – perviene alla conclusione – che non pare, tuttavia, sorretta da alcuna base giuridica – secondo cui il principio del pro rata “deve intendersi fatto dal legislatore con riferimento ai parametri suscettibili di frazionamento nel tempo e di separata valutazione in relazione ai periodi temporali di vigenza di diverse normative ” con la conseguenza che non sarebbe “applicabile al sistema di calcolo della pensione, che non e’ suscettibile di frazionamento, (in quanto) puo’ avvenire esclusivamente al momento dell’accoglimento della domanda di pensionamento e deve essere eseguito secondo le norme in vigore in quel momento”.

In conformita’ a questo piu’ recente orientamento va quindi ribadito che, se e’ ben vero, in via generale, che la pensione si calcola con le regole della normativa vigente all’epoca di maturazione del diritto, tuttavia il legislatore degli ultimi anni (che si connotano per il perseguimento del risparmio della spesa previdenziale dei sistemi pubblici e privati, come nella specie), ricorre sovente alla diversa regola del pro rata, specificamente per le prestazioni pensionistiche di anzianita’ e vecchiaia, i cui presupposti si maturano nel corso del tempo, andando a regolare quei casi in cui la lunga anzianita’ assicurativa, che e’ prescritta come requisito, si colloca in un ambito temporale ove si succedono normative intrinsecamente diverse ed ove la piu’ recente e’ solitamente meno favorevole di quella precedente. In questi casi il legislatore, giacche’ solo a lui compete la scelta, deroga alla regola generale della applicazione della legge vigente all’epoca di liquidazione della pensione, con l’ovvia finalita’ di non frustrare le aspettative di diritti in via di maturazione e scinde la pensione in due quote che si sommano tra loro: una quota e’ calcolata sulla base della anzianita’ assicurativa acquisita sotto il vigore della vecchia disposizione (legge o delibera com’e’ nella specie) e l’altra, ossia la anzianita’ residua, si calcola alla luce della nuova legge meno favorevole.

La stessa esigenza si ravvisa per la pensione per cui e’ causa, onde, appunto, il motivo all’esame risulta fondato.

6. Le argomentazioni teste’ svolte conducono pianamente al rigetto del primo motivo del ricorso incidentale, con cui si sostiene che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, imporrebbe l’applicazione del principio del pro rata solo nei casi di “riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico” e non gia’ nei casi di opzione per il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Si osserva che il tenore testuale della norma non consente questa interpretazione e che, in ogni caso, sarebbe incongruo escludere la regola del pro rata proprio nei casi in cui il mutamento di legislazione e’ piu’ vistoso e piu’ incide sui trattamenti pensionistici ed imporlo, invece, quando le modifiche deliberate potrebbero apportare solo lievi variazioni all’ammontare delle pensioni spettanti. Infatti, e’ proprio nei casi di “rivoluzioni” del sistema che si fa piu’ acuta l’esigenza di salvaguardare i diritti in via di maturazione, evitando di sottoporre “l’intera” anzianita’ assicurativa acquisita nei vigore della vecchia normativa ad una normativa nuova, meno favorevole, emanata poco prima del conseguimento del diritto, che, in alcuni casi, opera solo per gli ultimi anni o, addirittura, per gli ultimi mesi. Non e’ un caso, come gia’ osservato dalla citata sentenza di questa Corte n. 24202/2009, che la piu’ importante fattispecie di pro rata sia stata introdotta proprio dalle L. n. 335 del 1995, che ha introdotto, per le pensioni Inps, il mutamento del sistema pensionistico da retributivo a contributivo. D’altra parte anche il sistema del pro rata rientra nell’ambito di previsione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 2, che recita “Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico – sociale della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge, se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni.

7. Parimenti infondato e’ il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si prospetta che la delibera del 2002 sarebbe in ogni caso “divenuta legittima” ad opera dello ius superveniens, ossia della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763. Tale norma sostituisce il primo e il secondo periodo della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12: con il primo si innalza l’arco temporale da prendere in esame per assicurare l’equilibrio di bilancio degli enti previdenziali privatizzati da 15 a 30 anni; con il terzo periodo (sostitutivo del secondo della precedente norma) si dispone: “in esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto art. 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianita’ gia’ maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualita’ e di equita’ fra generazioni. … Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al comma 1 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della presente legge”.

7.1 Con la ordinanza n. 124 del 2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimita’ costituzionale di detta disposizione, censurata in riferimento agli artt. 3, 4, 24 e 38 Cost., nella parte in cui fa salvi gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti previdenziali ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della legge stessa, cosi’ determinando, secondo il rimettente, la sanatoria della Delib.

del 22 giugno 2002 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale a favore dei ragionieri, della cui legittimita’ si controverteva nel giudizio a quo; ha affermato la Corte che la questione non sembrava diretta a dirimere un dubbio di legittimita’ costituzionale ma si risolveva nella richiesta alla Corte di un avallo all’interpretazione, non univoca, ne’ basata su un diritto vivente, che il rimettente riteneva dovesse essere attribuita alla norma impugnata. Quindi, con la successiva sentenza n. 263 del 2009, il Giudice delle leggi ha confermato il giudizio di inammissibilita’, affermando che il rimettente aveva omesso di esplorare altre, pur possibili, interpretazioni della disposizione censurata, oltre quella prospettata o, quanto meno, di evidenziare le ragioni per le quali tali interpretazioni (e, in particolare, una proposta nella giurisprudenza di merito e di per se’ suscettibile di eliminare in radice l’ipotizzato dubbio di costituzionalita’) non sarebbero state accoglibile; cio’ in relazione ai consolidato insegnamento secondo cui una disposizione non si dichiara illegittima perche’ suscettibile di un’interpretazione contrastante con i parametri costituzionali, ma soltanto se ne e’ impossibile altra a questi conforme.

7.2 La principale differenza rispetto alla norma precedente, che imponeva il rispetto del principio del pro rata, e’ una sua attenuazione: non deve piu’ esser “rispettato” ma si deve averlo presente, tenendo altresi’ conto dei criteri di gradualita’ e di equita’ fra generazioni; il principio non e’ piu’ un vincolo cogente bensi’ elastico, in quanto concorrente con esigenze di gradualita’ e di equita’ tra generazioni. Cio’ significa che dal primo gennaio 2007 l’autonomia regolamentare degli enti non incontra piu’ i limiti posti dal vecchio testo della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ma quelli, meno rigidi, del nuovo testo.

Anche la Cassa riconosce che non si tratta di norma interpretativa e quindi retroattiva, ma di disposizione destinata ad operare dal primo gennaio 2007, come dispone l’art. 1, u.c. della medesima legge. La Cassa invoca pero’ l’ultima parte della disposizione per cui “Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al comma 1 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della presente legge” e sostiene che cio’ che il legislatore ha voluto e’ proprio di far salve, per il passato, le delibere e gli atti adottati nell’esercizio di un’autonomia spintasi, in ipotesi, oltre i limiti stabiliti dalla previgente normativa, ratificando e “sanando” l’irregolarita’ commessa. A suo avviso, infatti, la disposizione sarebbe del tutto inutile se interpretata nel senso di far salvi solo gli atti pregressi purche’ validi, giacche’ gli atti validi non hanno necessita’ di alcuna ratifica.

7.3 Va in primo luogo osservato che l’infondatezza di questa tesi emerge considerando che la disposizione invocata vale non solo per la Cassa dei Ragionieri e Periti Commerciali, ma per tutti gli organismi che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e assistenza (escluse quelle sostitutive che pure erano incluse nel decreto legislativo di privatizzazione n. 509 de 30 giugno 1994, come Enasarco, Inpgi, Enpam), quali le Casse Avvocati e Procuratori, Dottori Commercialisti, Geometri, Ingegneri ed Architetti, e che quindi vi sarebbe una amplissima sanatoria di tutte le delibere di modifica della regolamentazione delle pensioni, ossia di atti, risalenti a tempi diversi e di cui nulla si sa, neppure se abbiano contenuto “anticipatorio” della nuova legge, come la Cassa sostiene per la sua delibera del 2002, con l’unica condizione di essere stati approvati dai Ministeri vigilanti antecedentemente al primo gennaio 2007.

Sarebbe invero incongruo ritenere che la norma abbia inteso attuare una sanatoria, proiettata nel passato, di una serie indefinita di atti delle Casse, a contenuto non identificato, i quali, all’epoca della loro emanazione, non erano conformi alla legge vigente. Inoltre “far salvo” un provvedimento significa che esso non perde efficacia per effetto della nuova legge, ma non anche che esso sia conforme a legge, di talche’ gli atti ed i provvedimenti adottati dagli enti prima della disposizione del 2006 rimangono efficaci e la loro legittimita’, per i pensionamenti attuati entro il 2006, come nella specie, deve essere vagliata alla luce del vecchio testo della disposizione in quanto normativa da applicare ratione temporis.

7.4 Va disattesa la tesi della Cassa secondo cui solo con l’interpretazione da lei propugnata la disposizione troverebbe una sua ragion d’essere, mentre, diversamente opinando sarebbe del tutto inutile.

Deve infatti rilevarsi che il mantenimento di efficacia di tali atti si giustifica invece pienamente per il periodo “successivo” all’entrata in vigore della legge del 2006, ossia dopo le modifiche apportate dalla disposizione in commento, allorquando e’ stato modificato il procedimento per l’emanazione dei provvedimenti delle Casse, basati non piu’ sui bilanci tecnici redatti dai singoli Enti, com’era in precedenza (D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, comma 2), ma “in esito” ad un bilancio tecnico redatto secondo criteri determinati da Ministero dell’Economia, sentiti gli enti interessati, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio nazionale degli attuari, nonche’ del nucleo di valutazione della spesa previdenziale. Si sarebbe potuto infatti ritenere che, in relazione ai periodi successivi all’entrata in vigore della legge, ossia dal primo gennaio 2007 in poi, non ci si potesse piu’ avvalere delle delibere precedenti, e che quindi le stesse fossero da ritenere automaticamente caducate, perche’ non elaborate alla stregua dei nuovi criteri. La ratifica era quindi necessaria, perche’ sorgeva la necessita’ di conferire ultrattivita’ alle vecchie delibere, anche se non redatte ai sensi della nuova legge ormai vigente ratione temporis. In altri termini, la sanatoria di cui all’ultima parte del comma 763 e’ funzionale a coprire il periodo successivo all’entrata in vigore della legge, allorquando le regole per le delibere erano gia’ state modificate, ma non si era avuto ancora il tempo di adottarle secondo le prescrizioni del nuovo sistema. Si tratta in definitiva di una norma transitoria per non paralizzare l’attivita’ degli enti. Conclusivamente, dovendosi escludere sanatorie di sorta della delibera della Cassa del 2002 ad opera della L. del 2006, la medesima e’ illegittima, onde il motivo va rigettato.

8. Va quindi enunciato il principio di diritto per cui e’ illegittimo il provvedimento di liquidazione della quota retributiva di pensione (avendo determinato il reddito professionale, su cui liquidare la pensione, non gia’, com’era in precedenza, sulla base “dei quindici redditi professionali annuali dichiarati dall’iscritto ai fini Irpef per gli ultimi venti anni di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione”, ma sulla base della “media di tutti i redditi professionali annuali”) perche’ effettuato dalla Cassa in violazione della regola del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, applicabile anche alle pensioni per cui e’ causa; il disposto della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, va interpretato nel senso che la disposta salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994 ed approvati dai Ministeri vigilanti, non vale a sanare la illegittimita’ dei provvedimenti adottati in violazione della precedente legge vigente al momento della loro emanazione.

9. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso principale va quindi accolto e quello incidentale rigettato, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo in contestazione l’ammontare della prestazione dovuta in caso di accoglimento della domanda (non risultando che alcuna specifica doglianza sia stata svolta in sede di appello in ordine al quantum della prestazione cosi’ come determinato in prime cure) e non essendo quindi necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, dichiarando, in linea con quanto indicato nella pronuncia di primo grado, che la pensione annua iniziale del ricorrente e’ di Euro 36.732,82 e condannando la Cassa a pagare, su tutti i ratei in corso, le differenze rispetto alla minore somma liquidata, oltre alla maggior somma tra gli interessi legali dal di della maturazione dei crediti al pagamento e la rivalutazione monetaria.

Le spese dell’intero processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che la pensione annua iniziale di G.M. e’ di Euro 36.732,82 (trentaseimilasettecentotrentadue/82) e condanna la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali a pagare, su tutti i ratei in corso, le differenze rispetto alla minore somma liquidata, oltre alla maggior somma tra gli interessi legali dal di della maturazione dei crediti al pagamento e la rivalutazione monetaria; condanna la Cassa controricorrente al pagamento delle spese di lite afferenti all’intero processo, che liquida, quanto al primo grado, nella misura indicata nella sentenza di prime cure; quanto al grado di appello in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), di cui Euro 500,00 (cinquecento/00) per diritti ed i residuo per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge; quanto al giudizio di cassazione, in Euro 2.040,00 (duemilaquaranta/00), di cui Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2011

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