Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9715 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14358/2018 proposto da:

D.S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUGGERO

FIORE 3, presso lo studio dell’avvocato PINO D’ALBERTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI FABBRIZIO, RENATO

ANDREANO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, già FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI SPA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 201,

presso lo studio dell’avvocato PASQUALE MISCIAGNA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

P.D.A., B.M.T., G.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2512/2017 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/02/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

P.D.A. e B.M.T. convennero in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Foggia Fondiaria Sai Assicurazioni e G.A. chiedendo il primo il risarcimento del danno all’autoveicolo condotto dalla B., la seconda il risarcimento del danno alla salute. G.A., costituendosi, propose domanda riconvenzionale di condanna degli attori, in solido con Fondiaria Sai Assicurazioni, al risarcimento del danno subito dal proprio ciclomotore. Intervenne in giudizio D.S.A., in qualità di trasportato sul ciclomotore, chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 3.171,31, o la somma maggiore o minore di giustizia, “il tutto entro i limiti di competenza del giudice adito”. Il Giudice di Pace adito, previa declaratoria di cessazione della materia del contendere quanto alla domanda del P. nei confronti dell’assicuratore, dichiarò il concorso di colpa nella misura del 20% a carico della B. e dell’80% a carico del D.S., disponendo per la condanna al risarcimento in modo conforme, in particolare accogliendo la domanda del D.S. nella misura di Euro 4.000,00 pari al 20% del limite massimo di competenza del Giudice di Pace (Euro 20.000,00). Avverso detta sentenza proposero appello G.A. e D.S.A.. Con sentenza di data 9 novembre 2017 il Tribunale di Foggia rigettò l’appello.

Osservò il Tribunale, condividendo il giudizio di minor incidenza causale della condotta di guida della B., che, premesso che la velocità dell’autoveicolo accertata dal CTU in 22 km/h non poteva certo definirsi eccessiva, il fattore causale concorrente era stata la distrazione della conducente dell’autoveicolo, per non essersi resa conto tempestivamente del sopraggiungere del ciclomotore che aveva omesso di concedere la dovuta precedenza, e che, fermo restando che le due testimonianze di segno opposte si elidevano a vicenda, unici dati certi, evincibili dal rapporto dei vigili urbani, erano che il punto di contatto fra i due veicoli era stato localizzato nella parte centrale dell’area di incrocio e che, nonostante l’autoveicolo presentasse danni al vertice anteriore sinistro, non era localizzabile quale parte del ciclomotore fosse venuta in collisione con il ciclomotore, sicchè non era dimostrato che il ciclomotore fosse stato attinto nella sua parte posteriore. Concluse sul punto che l’impegno dell’incrocio era avvenuto proprio nel momento dell’arrivo dell’autoveicolo a velocità non eccessiva, cui il ciclomotore aveva improvvisamente tagliato la strada. Aggiunse che, benchè per i postumi permanenti (accertati dal CTU nella misura del 18%) il danno sulla base delle tabelle milanesi fosse quantificabile nella misura di Euro 59.116,00 tale valore non era deducibile innanzi al Giudice di Pace, sicchè nemmeno era possibile, in forza del concorso di colpa, un riconoscimento per quota di tale importo entro il limite di Euro 20.000,00 (in base all’art. 11 c.p.c., in presenza di adempimento chiesto pro quota il valore della causa si determinava dall’intera obbligazione).

Ha proposto ricorso per cassazione D.S.A. sulla base di otto motivi e resiste con controricorso UnipolSai Assicurazioni s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che vi era stato il preventivo impegno dell’incrocio da parte del ciclomotore e la non prudente velocità della conducente l’autoveicolo, la quale era giunta all’incrocio anche in condizioni di distrazione, conversando e rivolgendo lo sguardo verso la passeggera.

Il motivo è inammissibile. La sentenza di appello è conforme, quanto al giudizio di fatto, alla sentenza di primo grado. Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016 e n. 20994 del 2019). Tale onere processuale non risulta assolto dal ricorrente.

E’ appena il caso di aggiungere che la censura sarebbe comunque inammissibile in quanto vertente sul giudizio di fatto relativo al nesso di causalità che è profilo sottratto al sindacato di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2054,2727 c.c., artt. 141 e 145 C.d.S., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che l’apporto causale della condotta della B. al sinistro stradale è più rilevante di quello individuato dai giudici di merito e che a fronte dell’impossibilità di trovare, al di fuori della ricostruzione del CTU, un valido corredo probatorio in grado di imputare in via esclusiva o preponderante la responsabilità in capo ad uno solo dei due conducenti, il Tribunale avrebbe dovuto applicare la regola della responsabilità paritaria di cui all’art. 2054 c.c., comma 2.

Il motivo è inammissibile. In disparte il rilievo che il ricorrente reitera la censura del giudizio di fatto relativo all’accertamento del nesso di causalità, va evidenziato che la censura non intercetta la ratio decidendi. In tema di scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2, ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro (fra le tante da ultimo Cass. n. 9353 del 2019). Nel caso di specie la dinamica eziologica dell’evento non è rimasta ignota, ma il giudice di merito l’ha positivamente accertata, sicchè non poteva venire in rilievo la regola stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99,100, 329 c.p.c. e segg., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva il ricorrente che con l’atto di appello era stato chiesto l’accertamento di riconoscimento della responsabilità paritaria della B. e che è mancata la corretta interpretazione e dunque la pronuncia su tale domanda.

Il motivo è inammissibile. La censura risulta incomprensibile posto che i precedenti motivi muovono dall’assunto dell’esistenza della pronuncia del giudice di appello che, diversamente da quanto chiesto dall’appellante, ha escluso l’ipotesi del concorso paritario. Non si comprende pertanto cosa intenda il ricorrente con la denuncia di omessa pronuncia.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2727 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva il ricorrente che vi è violazione dell’art. 115, per avere omesso il Tribunale di verificare la condotta non prudenziale della B. alla luce delle risultanze istruttorie e che vi è violazione dell’art. 116, sotto il profilo della regola del prudente apprezzamento, per non avere il giudice di merito osservato i canoni della validità logica, della coerenza e della ragionevolezza.

Il motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 1229 del 2019).

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,99,100, 329 c.p.c. e segg., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che in sede di precisazione delle conclusioni innanzi al Giudice di Pace era stata chiesta la condanna al maggior importo liquidabile di Euro 20.000,00, posto che era stato chiesto il risarcimento del danno nella misura di Euro 3.171,31, o la somma maggiore o minore di giustizia, “il tutto entro i limiti di competenza del giudice adito”, e che non vi era stata richiesta di adempimento pro quota dell’obbligazione, ma la domanda di quanto liquidabile fino a concorrenza di Euro 20.000,00, sicchè era stata violata la corrispondenza del chiesto al pronunciato.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 5,7,10, 14 e 11 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente, premesso che era stata violata la regola dell’integralità del risarcimento, che inconferente era il richiamo all’art. 11 c.p.c., costituente eccezione alla regola del cumulo soggettivo, e che il giudice di merito avrebbe dovuto liquidare il danno fino alla concorrenza del limite di valore, anzichè applicare la percentuale di responsabilità su tale importo.

Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,126,2043, 2056 e 2059 c.c., art. 32 Cost. e art. 99 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che il giudice adito, in netto contrasto al dovere di procedere alla giusta liquidazione del danno, ha negato il bene richiesto dal danneggiato.

I motivi dal quinto al settimo sono fondati. Il ricorrente aveva chiesto il risarcimento del danno nella misura di Euro 3.171,31, o la somma maggiore o minore di giustizia, “il tutto entro i limiti di competenza del giudice adito”. Il giudice di appello ha accertato che il danno spettante sulla base delle tabelle milanesi era quantificabile nella misura di Euro 59.116,00 ma ha aggiunto che, trattandosi di valore non deducibile innanzi al Giudice di Pace, non era riconoscibile neanche nella quota derivante dal concorso di colpa entro il limite di Euro 20.000,00, avuto riguardo al disposto dell’art. 11 c.p.c., in base al quale in presenza di adempimento chiesto pro quota il valore della causa si determina dall’intera obbligazione. Di qui la conferma della liquidazione di primo grado, ossia Euro 4.000,00 pari al 20% del limite massimo di competenza del Giudice di Pace.

Come osservato nel motivo di censura, non è conferente il richiamo all’art. 11 c.p.c., che riguarda la domanda di adempimento proposta contro più persone per quote di obbligazione. Nel caso di specie la domanda è proposta nei confronti di una persona per l’intero dell’obbligazione ma nei limiti della competenza del giudice adito. La percentuale del 20% non doveva quindi essere applicata sul limite di valore della competenza del Giudice di Pace, ma sull’integralità del danno risarcibile. L’importo così determinato doveva poi essere liquidato nei limiti della competenza del giudice adito, così come richiesto dalla parte. A tale regola di liquidazione del danno dovrà pertanto attenersi il giudice del rinvio.

Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva il ricorrente che la motivazione in relazione alla responsabilità del sinistro è apparente in quanto non si indicano le ragioni per le quali sono state ritenute inattendibili le testimonianze e perchè di fatto viene azzerato il contributo causale della B..

Il motivo è infondato. La ratio decidendi della sentenza impugnata è chiaramente percepibile, come si evince dalla stessa articolazione dei primi motivi di ricorso, i quali confutando, sia pure irritualmente, il giudizio di fatto del giudice di merito, assumono che una motivazione vi sia. Quanto alla ritenuta inattendibilità dei testimoni, il giudice di merito ha affermato che le due testimonianze di segno opposte si elidono a vicenda, il che chiaramente fornisce il fondamento della statuizione sul punto adottata.

P.Q.M.

accoglie i motivi dal quinto al settimo, rigettando per resto il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia al Tribunale di Foggia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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