Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9715 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 14/04/2021), n.9715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3650/2014 proposto da:

CEAS s.r.l. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale rapp.te p.t.,

rapp.ta e difesa per procura a margine del ricorso dagli avv. Luigi

Ferrajoli e Giuseppe Fischioni, presso quest’ultimo elettivamente

domiciliati in Roma, via della Giuliana n. 32;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t.,

rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 142/7/13 depositata in data 25 settembre 2013

della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 21 ottobre 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 142/7/2013 depositata il 25 settembre 2013 la Commissione tributaria regionale di Milano respingeva l’appello proposto dalla Ceas s.r.l. avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Lecco ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per maggiori ricavi non dichiarati ed omessa contabilizzazione degli imponibili.

Osservava la CTR, per quanto ancora rileva, che le questioni riguardanti il riconoscimento di una quota di costi, a fronte dei maggiori ricavi accertati, e l’illegittimità del duplice procedimento presuntivo erano inammissibili perchè nuove, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57. Legittima, poi, doveva considerarsi l’estensione delle indagini bancarie a soggetti terzi che hanno riferimento in una società la cui compagine e la cui amministrazione è riferibile ad un gruppo familiare ristretto, come nella specie. Infondate dovevano considerarsi le doglianze concernenti la violazione del diritto di difesa ex art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, trattandosi di disposizioni applicabili alle verifiche fiscali e non agli accertamenti scaturiti direttamente dai risultati delle indagini finanziarie eseguite nei confronti di F.G. (socio della Lorien Finanziaria s.p.a., società controllante la Ceas s.r.l.).

Avverso tale sentenza la Ceas s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste l’Ufficio mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non potendosi considerare nuove, ma solo lo sviluppo delle argomentazioni spese in primo grado, le domande volte ad ottenere il riconoscimento di una quota di costi a fronte dei maggiori ricavi accertati ed all’ipotizzato duplice procedimento presuntivo.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Giova in proposito premettere che con l’avviso di accertamento impugnato, l’Ufficio ha contestato, ai fini Ires ed Irap, maggiori ricavi non dichiarati ed ai fini Iva l’omessa regolarizzazione di acquisti non fatturati, nonchè l’omessa contabilizzazione di operazioni imponibili. A fondamento dell’avviso di accertamento erano stati richiamati gli esiti delle indagini finanziarie effettuate nei confronti di F.G., con specifico riferimento ad alcune movimentazioni in entrata ed in uscita operate per gli anni dal 2004 al 2009 su conti correnti intestati a quest’ultimo. Tali movimenti erano stati imputati dai verificatori non al titolare dei conti ma alla Ceas s.r.l., in applicazione delle presunzioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51.

1.3. Il ricorrente, oltre a contestare la legittimità dell’estensione delle indagini bancarie a soggetti terzi ed a sottolineare la mancanza di prova circa la riferibilità dei conti correnti alla società accertata, lamenta l’errore commesso dalla CTR quanto alla ritenuta novità della questione concernente il riconoscimento di una quota dei costi a fronte dei maggiori ricavi accertati.

1.4. Al fine di dimostrare l’insussistenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 il ricorrente ritrascrive una lunga parte del ricorso introduttivo dalla quale dovrebbe evincersi, a suo dire, la non novità della questione, sia sotto il profilo del “petitum” sia sotto il profilo della “causa pendendi”, essendo rimasto invariato il nucleo essenziale dei fatti costitutivi del diritto azionato.

1.5. Deve in senso contrario osservarsi che l’esame del ricorso introduttivo, come ritrascritto dal contribuente, induce a ritenere certamente estranea, rispetto al nucleo originario della contestazione mossa all’avviso di accertamento, la pretesa al riconoscimento di una quota di costi (dei quali del resto manca anche una specifica e puntuale indicazione), avendo il ricorrente insistito più volte ed esclusivamente sull’aspetto dei limiti all’applicabilità della presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e sulla necessità, da parte dell’Ufficio, di indicare gli specifici elementi in base ai quali l’intestazione di conti a terzi dovesse considerarsi fittizia, sì da rendere verosimile l’affermazione della concerta ed effettiva disponibilità, in capo al contribuente accertato, dei rapporti bancari oggetto di indagine.

1.6. Tali considerazioni, esposte nel ricorso introduttivo, sono certamente collegate alle doglianze svolte attraverso il secondo motivo di ricorso, ma in nessun modo riportano a quello che è il profilo problematico ora in esame (riguardante il riconoscimento di una quota dei costi) e del quale non vi è traccia nel ricorso introduttivo, sicuramente suscettibile, in quanto idoneo ad incidere sulla pretesa fiscale e fondato su autonomi elementi probatori, di ampliare l’indagine giudiziaria ed allargare la materia del contendere. Correttamente dunque la CTR ne ha affermato la novità, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 rispetto al nucleo originario della pretesa originariamente introdotta dal ricorrente.

2. Con il secondo motivo il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51 nonchè degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto pur essendo le movimentazioni esaminate dall’Ufficio riferibili ad un soggetto terzo ( F.G.), sono state ricondotte alla società senza che vi fosse alcuna prova circa l’intestazione fittizia o comunque circa la riferibilità ad essa dei conti correnti oggetto di indagine.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Secondo Cass. n. 428 del 14/01/2015 “In tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica, sicchè in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente. (Nella specie, la S.C. ha enunciato il principio con riferimento a conti bancari intestati ad amministratori, legati da evidenti rapporti di parentela, e nessuno degli intestatari svolgeva attività economica idonea a giustificare simili importi reddiduali)” (nello stesso senso anche Cass. n. 15003 del 16/06/2017).

2.3. La CTR, dunque, una volta riscontrata l’esistenza di un ristretto gruppo familiare, ha, in applicazione di tali principi, giustificato l’utilizzo della presunzione da parte dell’Ufficio e rilevato che l’affermazione del contribuente, per il quale i prelievi erano stati effettuati per esigenze personali, non aveva trovato alcun riscontro probatorio.

3. Con il terzo motivo il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 3, e art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo l’Ufficio violato, nei confronti della Ceas, le regole del contraddittorio emergenti dal diritto vigente.

3.1. Il motivo è infondato, essendo invocate garanzie difensive non applicabili al caso di specie, nel quale la posizione del contribuente è stata controllata senza il suo coinvolgimento diretto ma solo sulla base di documenti ed atti già in possesso dell’Ufficio.

3.2. Infatti, secondo Sez. U n. 24823 del 9/12/2015 “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino””.

3.3. Come pure, secondo Cass. n. 24636 del 19/10/2017 “Le garanzie previste dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, sia pure accompagnati da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore documentazione da parte dell’accertato, prescindono dal fatto che l’operazione abbia comportato contestazione di violazioni fiscali”.

4. Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente, liquidandole in Euro 3.800, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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