Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9710 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/04/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 13/04/2021), n.9710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31038-2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentate e difese dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale sono domiciliate in Roma, alla

via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

NOCE COSTRUZIONI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2268/05/2019 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, Sezione staccata di SALERNO, depositata in

data 13/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/02/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli estratti di ruolo relativi ad alcune cartelle di pagamento di cui la NOCE COSTRUZIONI s.r.l. lamentava l’omessa o irregolare notifica, l’Agenzia delle entrate – Riscossione ricorre per cassazione con un unico motivo, cui non replica l’intimata, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, rigettava l’appello proposto dalla predetta amministrazione finanziaria avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che la notifica delle cartelle effettuata a mezzo PEC era irregolare in quanto il messaggio di posta certificata conteneva il file della cartella con estensione “.pdf” anzichè “.p7m”, che non garantiva “non solo l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, ma anche la firma digitale e l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto”.

Con il motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 68 del 2005, artt. 4, 5, 6 e 11 e degli artt. 2697,2712 e 2719 c.c.. Sostiene che la CTR aveva errato nel ritenere non regolare la notifica delle cartelle effettuate a mezzo PEC con estensione “.pdf”, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità ed in particolare con la sentenza di questa Corte n. 6417 del 2019.

Il motivo è manifestamente fondato.

Questa Corte ha affermato, nell’ordinanza n. 30948 del 2019 che “Com’è noto, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, come aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 38, comma 4, lett. b), convertito con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che la notifica della cartella di pagamento “può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, 2 di 6, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149-bis c.p.c.”. A sua volta il D.P.R. n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. Il CAD, art. 1, lett. i-ter) – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre il medesimo CAD, art. 1, lett. i-quinquies), inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”. Dunque, alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)”. Nel caso esaminato dalla Corte nella predetta ordinanza il concessionario della riscossione aveva “provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta”. La Corte, sulla base della predetta normativa ha escluso la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, “per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico”.

A tal riguardo deve anche ricordarsi l’insegnamento nomofilattico (Cass., Sez. U., n. 10266 del 2018) secondo cui “In tema di processo telematico, a norma del D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 12, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 – Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig., art. 19 bis, commi 2 e 4″.

Orbene, come condivisibilmente affermato da Cass. n. 6417 del 2019, “tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig., art. 19 bis, commi 2 e 4 (Cass. 27 aprile 2018, n. 10266), dovendosi altresì tenere conto che è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile”, sicchè non vi è ragione per non estendere anche alla cartella di pagamento l’applicazione di tale principio.

Se a ciò si aggiunge che “In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” (Cass. n. 30948 del 2019), allora è ben evidente l’erroneità della statuizione d’appello che ritiene necessaria una comunicazione pec con estensione “.p7m” del file in quanto solo in tal modo verrebbe attestata la certificazione della sottoscrizione. Affermazione fatta dalla CTR richiamando l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 20672 del 2017, che aveva rimesso la questione alle Sezioni unite, poi decisa nel senso sopra indicato (Cass., Sez. U., n. 10266 del 2018).

In estrema sintesi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per esame nel merito e per la regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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