Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9709 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 17/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36114/2018 proposto da:

I.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MERULANA, 247,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato UMBERTO SARACCO;

– ricorrente –

contro

RCS MEDIAGROUP SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1683/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.P. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Treviso F.A. ed il Gazzettino SpA, T.S. e la Finegil Editoriale SpA, D.Z.V. e ed RCS Quotidiani SpA per sentirli condannare, in qualità rispettivamente di autori e case editrici, al risarcimento del danno patito a seguito della pubblicazione in data (OMISSIS), rispettivamente sui quotidiani “(OMISSIS)”, “(OMISSIS)” ed il “(OMISSIS)” edizione di Treviso, di articoli con contenuto diffamatorio, ritenuti lesivi dell’onore e della reputazione dell’attore, avvocato del Foro locale.

Si costituirono tutti i convenuti e chiesero il rigetto della domanda.

Con sentenza 223/15, depositata il 29-1-2015, l’adito Tribunale condannò, a titolo di risarcimento del danno, F.A. ed il Gazzettino SpA, in solido tra loro, al pagamento, in favore dello I., della somma di Euro 15.000,00, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza al saldo; ad uguale somma ed al medesimo titolo condannò, inoltre, sempre in favore dello I., anche T.S. e la Finegil Editoriale SpA, in solido tra loro, nonchè D.Z.V. e ed RCS Quotidiani SpA, sempre in solido tra loro; condannò, inoltre, F.A., T.S. e D.Z.V. al pagamento, in favore dello I., a titolo di sanzione prevista dalla L. n. 47 del 1948, art. 12, della somma di Euro 1.500,00 ciascuna (10% dell’importo liquidato a titolo risarcitorio), e tutte le parti convenute alla rifusione, in favore sempre dello I., delle spese processuali.

Con sentenza 1683/2018 del 15-6-2018 la Corte d’Appello di Venezia, decidendo, nella contumacia di F.A. e dei Gazzettino SpA, sul gravame principale proposto da T.S. e Finegil Editoriale SpA e su quello incidentale proposto da D.Z.V. e ed RCS Mediagroup SpA (ex RCS Quotidiani SpA), ha rideterminato il credito risarcitorio di I.P. a titolo di danno non patrimoniale in Euro 4.000,00 sia nei confronti di T.S. e Finegil Editoriale SpA, in via solidale, sia nei confronti di D.Z.V. ed RCS Mediagroup SpA, in via solidale; ha inoltro rideterminato in Euro 400,00 il credito di I.P. a titolo di sanzione L. n. 47 del 1948, ex art. 12, sia nei confronti di T.S. sia nei confronti di D.Z.V..

In particolare la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha preliminarmente ritenuto ammissibile l’impugnazione incidentale tardiva proposta da D.Z.V. e Mediagroup SpA, evidenziando, al riguardo, che l’impugnazione principale aveva messo in discussione l’assetto di interessi derivanti dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, e che quindi l’interesse impugnare era sorto per l’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale avesse modificato tale assetto.

La Corte, inoltre, dopo avere riconosciuto la lesività dei fatti in questione e dopo avere escluso eventuali scriminanti, ha innanzitutto ritenuto presuntivamente provato il perturbamento e la sofferenza morale del professionista, attesa la gravità dei fatti attribuiti (comparsi su tre testate giornalistiche) e la riconoscibilità del soggetto (avvocato) nell’ambito di un Foro di entità limitata; la Corte, tuttavia, ha ritenuto più consono, nel procedere ad una liquidazione necessariamente equitativa del detto danno, ridurre ad Euro 4.000,00 per ciascuna testata (in solido con le autrici degli articoli in questione) il risarcimento dovuto, valorizzando al riguardo la limitata diffusione dei quotidiani, le scarne allegazioni della parte interessata ed il tenore ipotetico delle espressioni utilizzate.

Avverso detta sentenza I.P. propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Gedi News Network SpA (ex Finegil Editoriale SpA) e T.S. resistono con controricorso.

D.Z.V. ed RCS Mediagroup SpA non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 334 c.p.c. e art. 2909 c.c., si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto ammissibile l’appello incidentale proposto tardivamente da D.Z.V. e ed RCS Mediagroup SpA (sentenza di primo grado depositata il 29-1-2015; appello incidentale proposto con comparsa 2511-2015); al riguardo evidenzia che, nella specie, appellanti principali ( T.S. e Finegil Editoriale SpA) ed appellanti incidentali ( D.Z.V. e ed RCS Mediagroup SpA) non erano stati condannati in solido e, al contrario, le obbligazioni poste a loro carico dalla sentenza di primo grado erano tra loro distinte ed autonome, senza alcuna interrelazione tra le pronunce.

Il motivo è fondato.

In continuità con l’indirizzo giurisprudenziale applicativo dell’art. 334 c.p.c. (Cass. Sez. U, n. 24627/2007 e, di recente, Cass. n. 25848/2014; Cass. n. 23396/2015; Cass. 15770/2018; Cass. 18779/2018), va ribadito che l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivanti dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, atteso che l’interesse ad impugnare sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi tale assetto; di contro, l’impugnazione incidentale tardiva è inammissibile quando l’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale non verrebbe comunque a modificare l’assetto di interessi per come definito dalla sentenza impugnata; si tratta, pertanto, come chiarito in particolare da Cass. 18779/2018, di valutare, anche in cause scindibili, la reale utilità della parte, mentre non vale considerare solo formalmente la diversità di rapporti investiti dall’impugnazione principale e da quella incidentale, dovendo valutarsi anche le eventuali interrelazioni tra i detti rapporti.

Nella specie l’attore ha proposto, sia pur in unico processo, tre domande risarcitorie separate ed indipendenti, derivanti da tre diversi illeciti extracontrattuali, alle quali sono seguite in primo grado tre condanne nei confronti di ciascuna delle tre coppie (giornalista ed editore) convenute; si tratta quindi di cause, pur connesse, del tutto scindibili, dovendo ogni coppia (giornalista ed editore) rispondere di un fatto proprio e per uno specifico danno, senza alcuna interrelazione tra i detti rapporti e senza che l’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale di una delle dette coppie (nella specie T.S. e Finegil Editoriale SpA) possa mai venire a modificare il complessivo assetto di interessi delineato dalla sentenza di primo grado; è evidente, infatti, che l’eventuale accoglimento dell’appello principale proposto da T.S. e Finegil Editoriale SpA non avrebbe potuto che riguardare il rapporto tra i detti appellanti principali, da una parte, e I.P., dall’altra, senza alcuna interferenza con il diverso rapporto tra lo stesso I.P. e gli appellati incidentali D.Z.V. e Mediagroup SpA; rapporto originato dal distinto fatto illecito commesso da quest’ultimi con la firma e la pubblicazione di distinti articoli su giornali diversi.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale abbia ridotto il “quantum” liquidato in primo grado, valorizzando, oltre la limitata diffusione dei quotidiani ed il tenore ipotetico delle espressioni contenute, anche le “scarne allegazioni della parte interessata” (avvocato I.P.), quando invece aveva in precedenza ritenuto la controversia dirimibile documentalmente e valutato superflue le ulteriori deduzioni istruttorie testimoniali dello stesso I..

Il motivo è infondato.

Non sussiste, in primo luogo, la violazione dell’art. 2697 c.c., che, come ribadito da Cass. S.U. 16598/2016, “si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni”, e non quando, come in ricorso, ci si duole solo che la Corte territoriale, a seguito del procedimento di acquisizione e valutazione del materiale probatorio strumentale alla decisione, abbia ritenuto di valorizzare, nell’ambito della necessaria liquidazione equitativa dal danno, alcuni elementi piuttosto che altri; il tutto senza, peraltro, considerare che, anche ad eliminare le “scarne allegazioni della parte interessata”, il Giudice del merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale (di per sè insindacabile in sede di legittimità), ben avrebbe potuto limitare le sue considerazioni sull’opportunità di ridurre l’entità della condanna anche agli altri elementi presi in esame (limitata diffusione dei quotidiani e tenore ipotetico delle espressioni utilizzate) in ordine ai quali non viene rivolta alcuna censura.

Non sussiste, inoltre, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito (in motivazione) da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Nè sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c., che, come precisato dalla cit. Cass. 11892/2016, può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando (e non è questo il caso di specie) che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione (art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), si duole che la Corte territoriale con motivazione apparente abbia ridotto il danno e la sanzione pecuniaria accessoria, ritenendo eccessiva la liquidazione operata dal primo Giudice (rispettivamente Euro 15.000,00 ed Euro 1.500,00) e più consona quella dalla stessa fatta propria (rispettivamente Euro 4.000,00 ed Euro 400,00) sulla base di criteri sostanzialmente inconsistenti.

Il motivo è infondato.

Costituisce consolidato principio di questa Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. sez. unite 8053 e 8054/2014); nella specie la Corte territoriale ha espresso le ragioni della adottata decisione in ordine all’operata riduzione del “quantum” sulla base di criteri (limitata diffusione dei quotidiani, scarne allegazioni della parte interessata ed tenore ipotetico delle espressioni utilizzate) agevolmente comprensibili, e pertanto idonei ad evidenziare la “ratio decidendi”; la deduzione dei ricorrente in ordine all’inconsistenza di detti criteri si risolve in una critica alla valutazione in fatto espressa dalla Corte territoriale, ed è quindi inammissibile in sede di legittimità.

In conclusione, pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, va cassata, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va dichiarato inammissibile l’appello incidentale tardivamente proposto con comparsa 25-11-2015 da D.Z.V. ed RCS Mediagroup SpA (sentenza di primo grado depositata il 29-1-2015); con riferimento alle spese di lite, sempre in relazione al rapporto tra D.Z.V. ed RCS Mediagroup SpA, da una parte, e I.P., dall’altra, si ritiene, attese le alterne decisioni di merito e l’esito complessivo della lite, sussistano giusti motivi per dichiarare compensate quelle relative al secondo grado ed al presente giudizio di legittimità.

Vanno, invece, rigettati il secondo ed il terzo motivo, ponendo le spese di lite sopportate da Gedi News NetWork SpA e T.S., liquidate come in dispositivo, a carico di I.P., in ragione della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il secondo e terzo motivo di ricorso; condanna I.P. al pagamento, in favore di Gedi News NetWork SpA e T.S., delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; accoglie il primo motivo di ricorso; cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto da D.Z.V. e RCS Mediagroup SpA; dichiara compensate tra I.P., da una parte, e D.Z.V. ed RCS Mediagroup SpA, dall’altra, quelle relative al secondo grado ed al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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