Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9705 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18930/2017 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO,

13, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA NAVONA 49,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ROSCIOLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DANIELA BIONDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1051/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

23/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

F.L. si opponeva al precetto notificatole da S.N. per il pagamento di spese processuali liquidate con titolo giudiziale, contestandone la legittimità;

nel corso del procedimento il creditore notificava ulteriore precetto per il medesimo credito, mentre l’opposizione al primo veniva parzialmente accolta dal Giudice di pace, con riduzione delle somme dovute;

il Tribunale, adito in appello da S., dichiarava inammissibile il gravame rilevando, in particolare, che era intervenuto pagamento della somma indicata nel secondo precetto con cui era quindi stata manifestata la rinuncia all’efficacia del primo, sicchè la materia del contendere era venuta meno, laddove la pretestuosità dell’impugnazione giustificava, inoltre, la condanna a titolo di responsabilità processuale aggravata;

avverso questa decisione ricorre per cassazione S.N. articolando tre motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso, corredato da memoria, F.L. che prospetta, altresì, quattro ragioni di censura indicate come incidentali;

Rilevato che

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,100,115,116 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che la F. aveva chiesto l’integrale annullamento del precetto, per cui la differente pronuncia di riconosciuta debenza, sia pure per importo minore rispetto a quello precettato, avrebbe dovuto condurre a riconoscere la soccombenza prevalente dell’opponente, con conseguente condanna alle spese rispetto alla quale vi era interesse ad appellare in capo all’opposto e non una cessazione della materia del contendere, fermo restando il diritto d’intimare altro precetto per il medesimo credito sia pure senza addizione di ulteriori spese;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100,615, c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che la pretesa rinuncia al primo precetto non avrebbe potuto determinare la cessazione della materia del contendere rimanendo in discussione il diritto di credito esercitato con l’intimazione di pagamento;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,615 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che con il pagamento del secondo precetto l’opponente avrebbe riconosciuto la fondatezza della pretesa dell’opposto, fermo restando che sarebbero difettati i presupposti soggettivi per la condanna a titolo di responsabilità processuale aggravata;

con le ragioni di censura incidentale F.L. ripropone, riportandole testualmente, le proprie deduzioni in appello: la prima di violazione dell’art. 339 c.p.c., poichè il Giudice di pace avrebbe deciso in prime cure secondo equità, essendo inferiore a 1.100 Euro il valore delle voci di precetto contestate; la seconda in relazione alla genericità dei motivi di appello avversari; la terza e la quarta in relazione alla fondatezza delle contestazioni stesse e alla conseguente legittimità della condanna alle spese pronunciata dal giudice di primo grado;

Rilevato che:

preliminarmente debbono disattendersi le eccezioni di improcedibilità o inammissibilità del ricorso per mancanza di data certa e comunque genericità della procura, nonchè per incertezza assoluta dell’attestazione di conformità in atti del ricorrente;

infatti:

a) l’attestazione di conformità, cui si riferisce (con riferimenti testuali) parte controricorrente (distinta da quella relativa alla notifica via p.e.c. del ricorso, pure presente), concerne l’impugnata sentenza allegata in forma cartacea dopo l’estrazione dai relativi atti telematici;

b) la procura risulta in calce al ricorso e oggetto d’inoltro telematico unitamente alla notifica via p.e.c. dello stesso, con relativa attestazione di conformità come necessario nel giudizio non telematico presso questa Corte: trattandosi di procura riferita al procedimento per cassazione introdotto con il gravame in scrutinio, non può esservi dubbio sulla sua specificità come sulla sua certa contestualità al medesimo;

il ricorso è d’altra parte inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6;

infatti:

i) non è compiutamente riportato il tenore dell’opposizione a precetto: si dice che con essa sarebbe stata chiesta la declaratoria di integrale nullità dell’intimazione ma non si specificano le relative ragioni e, per converso, la generica affermazione è almeno in parte smentita dalla riproduzione dell’immagine di quella che sarebbe stata l’opposizione medesima, con cui, per quanto è dato capire e per come non a caso eccepito in controricorso, si proponevano partite contestazioni sulle singole voci precettate;

ii) non si spiega perchè il Giudice di pace avrebbe ridotto l’importo precettato, omettendo si riportare compiutamente il contenuto della decisione di prime cure;

iii) non si riportano compiutamente nè le ragioni di appello nè quelle della comparsa di costituzione dell’appellata, dei quali atti si riproducono, diffusamente, immagini parziali e non univocamente riferibili agli atti delle fasi di merito, come contestato in controricorso;

iv) non è chiaro, in particolare, se costituì motivo di appello quello sulla pretesa violazione dell’art. 91, c.p.c., in relazione alla riconosciuta debenza sia pure parziale dell’importo precettato;

v) non sono riportati compiutamente i contenuti del primo e del

secondo atto di precetto che si assumerebbero identici in base a una non meglio precisata ammissione dell’opponente, non è dato capire dove e quando formulata, comunque genericamente rispetto alla prospettazione per cui con il secondo precetto, per lo stesso credito originario, non sarebbe stato intimato il pagamento di ulteriori spese;

ciò posto, può osservarsi che le censure, congiuntamente esaminate per connessione, sarebbero comunque state inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata;

infatti, pur nella persistenza dell’interesse a impugnare, dopo il pagamento del secondo precetto, per quel che è dato capire, in relazione al capo di prime cure sulle spese processuali, avrebbe dovuto concludersi per la manifesta infondatezza della prospettazione per cui la riduzione giudiziale dell’importo precettato costituirebbe accoglimento parziale della pretesa dell’opposto;

l’attore dell’opposizione a precetto è, all’evidenza, l’opponente (Cass., 28/06/2019, n. 17441), che si è visto accogliere, lui e non l’opposto, parzialmente la domanda, con conseguente posizione avversaria di soccombenza, presupposto per la condanna alle spese ex art. 91 c.p.c. (cfr. Cass., 23/01/2018, n. 1572);

la palese pretestuosità della prospettazione fondamentale avrebbe in ogni caso integrato i presupposti per la condanna a titolo di responsabilità processuale aggravata, come li integra in questa sede in uno alle sopra ricostruite ragioni di evidente inammissibilità in rito (cfr., Cass., 30/12/2014, n. 27534, Cass., 21/07/2016, n. 15017, secondo cui, in particolare, ai fini della condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, integra un’ipotesi di impiego pretestuoso e strumentale – e quindi di abuso – del diritto di impugnazione, l’aver prospettato, quale unico motivo di ricorso per cassazione, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato con riferimento al mero accoglimento parziale di una domanda);

resta assorbito l’esame delle deduzioni indicate come formulate anche a titolo incidentale;

spese secondo soccombenza: alle stesse si parametra la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 3.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali. Condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 3.000,00, in favore della controricorrente, per responsabilità processuale aggravata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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