Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9704 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/04/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21656-2006 proposto da:

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI ORISTANO, in persona del

Dirigente pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.L., (in proprio e quale legale rappresentante della

Società Meloni Mario & C. s.n.c.) e M.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 645/2005 del TRIBUNALE di ORISTANO, depositata

il 20/12/2005 r.g.n. 21/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. Con la sentenza di cui si domanda la cassazione il giudice unico del Tribunale di Oristano accoglie le opposizioni proposte da L. L. e da M.M. ed annulla le ordinanze ingiunzioni n. 34 e n. 35 emesse dalla Direzione provinciale del lavoro di Oristano e notificate in data 11.12.2002 per il pagamento della somma di Euro 2.410,51 a titolo di sanzione amministrativa per violazioni di norme di tutela del lavoro.

2. L’accoglimento delle opposizioni si fonda sul rilievo, ritenuto assorbente degli altri motivi di opposizione, che, come eccepito dagli opponenti in corso di causa (udienza 11 ottobre 2005), all’accertamento ed alla contestazione delle violazioni aveva proceduto un funzionario con qualifica di assistente dell’Ispettorato del lavoro, in violazione della competenza riservata agli ispettori del lavoro dal D.L. n. 463 del 1983, art. 3, conv. in L. n. 638 del 1983.

3. Il ricorso della Direzione provinciale del lavoro di Oristano si articola in due motivi; non svolgono attività di resistenza gli intimati L. e M..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 e dell’art. 183 c.p.c. perchè l’opposizione era stata accolta per un motivo non dedotto nell’atto di opposizione e fatto valere soltanto in sede di precisazione delle conclusioni, nè poteva attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che l’amministrazione opposta non avesse eccepito la novità della causa petendi.

2. Il motivo è fondato.

Le Sezioni unite della Corte, intervenute a composizione di contrasto di giurisprudenza, hanno definitivamente chiarito che l’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 e ss. configura l’atto introduttivo, secondo le regole proprie del procedimento civile di primo grado, di un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato, per l’opponente, dalla causa petendi fatta valere con l’opposizione stessa, e, per l’amministrazione, dal divieto di dedurre motivi o circostanze, a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle enunciate con la ingiunzione. Ne consegue che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza, non ha il potere di rilevare d’ufficio ragioni di invalidità del provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto non dedotte nell’atto di opposizione, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione del provvedimento stesso, e che l’opponente, se ha facoltà di modificare l’originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 c.p.c. (nel testo vigente anteriormente alla sostituzione operata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 23, lett. c ter, conv., con modif., in L. 14 maggio 2005, n. 80, come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 11, lett. a), con effetto dal 1 marzo 2006, risultando applicabili le modifiche ai soli procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 ai sensi del D.L. n. 35 cit., art. 23-quinquies), non può introdurre in corso di causa domande nuove. (Cass., sez. un., 19 aprile 1990, n. 3271 e n. 3272, cui si è conformata la successiva giurisprudenza delle sezioni semplici: vedi, tra le più recenti, Cass. 16 maggio 2007, n. 11298; 19 gennaio 2007, n. 1173).

2.1. Pertanto, con specifico riferimento al giudizio di opposizione avverso ordinanza-ingiunzione di pagamento di somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, artt 22 e 23 strutturato nelle sue linee generali, come si è detto, in conformità al modello del giudizio civile ordinario e rispondente agli inerenti principi della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto della pronunzia d’ufficio su eccezioni rimesse esclusivamente all’iniziativa di parte, la giurisprudenza della Corte è consolidata nel ritenere che il principio – desumibile dall’art. 23 – secondo cui nel provvedimento di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione il giudice deve controllare non solo la validità formale del provvedimento, ma anche la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, deve essere coordinato con l’altro principio generale, sancito dall’art. 112 c.p.c. in base al quale il giudice dell’opposizione non può rilevare d’ufficio vizi diversi da quelli fatti valere dall’opponente, entro i termini di legge, con l’atto introduttivo del giudizio, i quali costituiscono la causa petendi della relativa domanda (Cass. 27 agosto 2003 n. 12544; 9 marzo 2004 n. 4781;11 gennaio 2006, n. 217; 19 gennaio 2007, n. 1173).

2.2. Non si può dare perciò continuità all’unico precedente che si è posto in contrasto con l’orientamento assolutamente consolidato (Cass. 29 dicembre 2006, n. 27605), leggendo la L. n. 689 del 1981, art. 23 quale norma speciale che deroga alla disciplina generale prevista dagli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., anche in considerazione della particolare autorevolezza da riconoscere all’intervento delle Sezioni unite nell’esercizio della competenza istituzionale di composizione dei contrasti di giurisprudenza (oggi esplicitata dall’art. 374 c.p.c., comma 3 nel testo sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 8 a far data dal 2 marzo 2006).

2.4. Con riguardo, poi, al rilievo da attribuire all’atteggiamento non oppositorio della parte contro cui viene formulata una domanda nuova, consistente nell’accettazione esplicita del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione, già le Sezioni unite della Corte, con riguardo a procedimento pendente alla data del 30 aprile 1995 – per il quale trovano applicazione le disposizioni degli artt. 183, 184 e 345 c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla “novella” di cui alla L. n. 353 del 1990 (D.L. n. 432 del 1995, art. 9 conv. nella L. n. 534 del 1995) – ebbero a precisare che siffatta rilevanza non avrebbe potuto estendersi ai procedimenti introdotti successivamente (Cass., sez. un., 22 maggio 1996, n. 47129. Si è, quindi, consolidato il principio secondo cui, nel vigore del regime delle preclusioni di cui al nuovo testo degli artt. 183 e 184 c.p.c. introdotto dalla L. n. 353 del 1990, la questione della novità della domanda risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti – e pertanto pienamente ed esclusivamente ricondotta al rilievo officioso del giudice – essendo l’intera trattazione improntata al perseguimento delle esigenze di concentrazione e speditezza che non tollerano – in quanto espressione di un interesse pubblico – l’ampliamento successivo del thema decidendi anche se su di esso si venga a registrare il consenso del convenuto (vedi Cass. 20 aprile 2005, n. 8293; 6 ottobre 2005 n. 19453; 27 luglio 2006, n. 17152: 27 ottobre 2006, n. 23284; 13 dicembre 2006, n. 26691), principio confermato anche dalla Sezioni unite (Cass., sez. un., 11 maggio 2006, n. 10831).

2.5. Nella fattispecie, come la sentenza riferisce, con l’atto di opposizione era stata eccepita l’insussistenza delle violazioni contestate e l’illegittimità dell’emissione di due identiche ordinanze per i medesimi fatti, mentre soltanto alla seconda udienza di trattazione (11 ottobre 2005), era stata eccepita la nullità delle ordinanze per violazione del D.L. n. 463 del 1083, art. 3, comma 2. Pertanto, rimanendo irrilevante che in ordine alla novità del thema decidendum introdotto nulla abbia obiettato l’amministrazione opposta, il giudice non aveva il potere di porto a fondamento della decisione. Sussiste, pertanto, violazione dell’art. 112 c.p.c..

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso produce l’assorbimento dell’esame del secondo motivo, con il quale si denunzia l’erroneità della soluzione data dalla sentenza alla questione di diritto in ordine all’esclusione del potere di “contestare contravvenzioni” per gli addetti alla vigilanza presso gli Ispettorati del lavoro, sancita dal D.L. n. 463 del 1982, art. 3 conv. in L. n. 638 del 1983.

4. Accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo; la sentenza impugnata è cassata con rinvio allo stesso Tribunale di Ori stano, in persona di diverso magistrato, perchè, uniformandosi al principio di diritto enunciato in sede di esame del primo motivo di ricorso, proceda all’esame dei motivi di opposizione ritenuti assorbiti dal giudice del merito con la decisione cassata.

Il giudice del rinvio è incaricato anche di regolare le spese e gli onorari del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, al Tribunale di Agrigento in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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