Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9702 del 22/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 9702 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11789-2009 proposto da:
ALLEANZA ASSICURAZIONI S.P.A. 01312950155, in persona
dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA APRICALE 31, presso lo studio
dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato EMANUELA BELLONI,
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

231

contro

CACCIATORE LINO VALTER CCCLVL60C14F965P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso

Data pubblicazione: 22/04/2013

lo studio dell’avvocato MENGHINI MARIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARENGO
FAUSTO, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 610/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/01/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di MILANO, depositata il 21/05/2008 R.G.N. 1219/2006;

R.G. n. 11789/09
Ud. 23.1.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.p.A., veniva licenziato con effetto immediato in data 15 novembre

2001.

Impugnava il licenziamento ed il Tribunale adito ordinava al datore di
lavoro di reintegrarlo nel posto di lavoro. In esecuzione di tale sentenza, la
Compagnia di Assicurazioni invitava il lavoratore a riprendere servizio,
ponendo come condizione la restituzione di quanto versatogli all’atto del
licenziamento a titolo di competenze di fine rapporto. Non avendo il
lavoratore provveduto a tale restituzione, la Alleanza Assicurazioni
procedeva ad un nuovo licenziamento per non avere il lavoratore ripreso
servizio entro trenta giorni dall’invito ex art. 18 St. lav. e, con ricorso al
Tribunale di Milano chiedeva accertarsi la legittimità del recesso. Il
Tribunale adito rigettava il ricorso e tale decisione veniva confermata dalla
Corte di Appello di Milano con sentenza del 19 marzo 2008.
Ha osservato la Corte territoriale che se è vero che la pronuncia di
reintegra fa sorgere nel lavoratore l’obbligazione restitutoria di quanto
percepito dal datore di lavoro a seguito della risoluzione del rapporto, la
effettiva ricostituzione dello stesso non può essere subordinata
all’adempimento di detta obbligazione. Le due reciproche obbligazioni sono
infatti del tutto disomogenee e non compensabili tra loro, onde era
illegittima la condotta del datore di lavoro. Questi peraltro, una volta
reintegrato il lavoratore, ben poteva recuperare il credito attraverso
trattenute sulla retribuzione.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la
Compagnia di assicurazioni per due motivi. Il lavoratore resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
i. Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione
dell’art. 18 L. n. 300 del 1970 nonché insufficiente e contraddittoria

Lino Walter Cacciatore, agente generale della Alleanza Assicurazioni

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motivazione, la ricorrente deduce che l’accertamento giudiziale
dell’illegittimità del licenziamento ed il conseguente ordine di
reintegrazione ricostituiscono de iure il rapporto di lavoro che, pertanto,
deve considerarsi come mai risolto. Ciò comporta che il lavoratore ha diritto
ad essere reintegrato nel posto di lavoro, ma al contempo è tenuto a
restituire quanto percepito in dipendenza della risoluzione del rapporto,
presupposti che hanno giustificato la loro corresponsione.
Il motivo si conclude con il seguente quesito: “dica la Corte se

l’obbligo alla restituzione al datore di lavoro del trattamento di fine
rapporto, corrisposto al lavoratore successivamente al licenziamento,
consegue o meno alla pronuncia che dispone la reintegrazione del
lavoratore a seguito di declaratoria di illegittimità del provvedimento”.
2. n motivo, oltre che infondato, è inammissibile.
Sotto tale ultimo profilo, questa Corte ha più volte affermato che il
quesito di diritto di cui all’art. art. 366 bis c.p.c., allora in vigore, deve
comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento
impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che
si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, in modo da ribaltare
la decisione impugnata (Cass. 28 maggio
2009

2009

n. 12649; Cass. 19 febbraio

n. 4044; Cass. Sez. Un. 30 settembre 2008 n. 24339).
Ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere

dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e
quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la diversa regola da
applicare.
Il quesito di diritto deve inoltre essere specifico e risolutivo del punto
della controversia, dovendo escludersi che la disposizione di cui all’art. 366

bis c.p.c. debba essere interpretata nel senso che il quesito e il momento di
sintesi possano desumersi dalla formulazione del motivo, atteso che una
siffatta interpretazione si risolverebbe nella abrogazione tacita della norma
in questione (Cass. 23 gennaio 2012 11. 910; Cass. Sez. Un. 5 febbraio 2008
n. 2658; Cass. Sez. Un. 26 marzo 2007 n. 7258).

trattandosi di somme indebitamente riscosse, essendo venuti meno i

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L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla relativa
omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine
formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione,
imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto
imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie
(Cass. 7 aprile 2009 n. 8463; Cass. Sez. un. 30 ottobre 2008 n. 26020; Cass.
Nella specie non si tratta di stabilire, come chiesto con il quesito, se il
lavoratore, una volta reintegrato nel posto di lavoro, era tenuto a restituire
al datore di lavoro le competenze di fine rapporto corrispostegli all’atto
della cessazione del rapporto, bensì se tale restituzione poteva essere posta
quale condizione per il ripristino del rapporto e se l’inadempimento di tale
obbligazione poteva costituire motivo di licenziamento.
Il quesito quindi si palesa privo di riferibilità al caso concreto e di
decisività, onde è inammissibile.
3. Anche nel merito la censura è infondata.
Nel caso di licenziamento illegittimo annullato dal giudice con
sentenza reintegratoria che ricostituisce il rapporto con efficacia ex tunc,
poiché rileva la continuità giuridica di quest’ultimo va escluso il diritto del
lavoratore/ trattenere le somme erogategli dal datore di lavoro a titolo di
competenze di fine rapporto, onde l’interessato è sottoposto all’azione di
ripetizione di indebito da parte del datore di lavoro.
Ma il diritto del lavoratore alla reintegra nel posto di lavoro non è
condizionato alla restituzione degli importi percepiti per detto titolo, atteso
che le due obbligazioni sono disomogenee e si pongono su piani diversi per
la loro diversa funzione.
D’altra parte, al mancato adempimento dell’obbligazione di restituire
quanto percepito all’atto del licenziamento il legislatore non ricollega
l’effetto della risoluzione del rapporto. Questa si verifica, ex art. 18, comma
5, St. lav. (anche nel testo di cui alla c.d. riforma Fornero), nell’ipotesi in
cui il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di
lavoro non abbia ripreso servizio, evenienza questa non ricorrente nella
specie pacifico essendo che l’effettiva riammissione in servizio era stata

Sez. un. 25 novembre 2008 n. 28054).

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subordinata dal datore di lavoro alla restituzione delle competenze di fine
rapporto.
4. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deduce che,
con il ricorso in appello, aveva criticato la decisione di primo grado per
avere questa ritenuto che la Compagnia di assicurazioni, dopo il primo
comunicazione al medesimo, rimanendo così inadempiente.
In realtà, aggiunge la ricorrente, il lavoratore era stato invitato con
telegramma del 7 novembre 2003, ma egli non aveva manifestato la volontà
di porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative. Sul
punto la Corte d’appello non s’è pronunziata, incorrendo nel denunziato
vizio.
5. Il motivo è del tutto privo di rilevanza, avendo la stessa Compagnia
dato atto, con il primo motivo, che il ricorrente, presentatosi nel posto di
lavoro, non è stato reintegrato per non avere restituito le competenze di fine
rapporto corrispostegli all’atto del licenziamento.
6. La ricorrente, soccombente, va condannata al pagamento delle
spese del presente giudizio, come in dispositivo.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio, che liquida, a favore della controparte, in complessivi
C 50,00 per esborsi ed C 5.500,00 per compensi professionali, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2013.

invito al Cacciatore di prendere servizio, non aveva più inviato alcuna

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