Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 97 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/01/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 08/01/2010), n.97

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24899/2008 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sè

medesimo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA DELLO STATO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 86/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di GENOVA del 15/5/07, depositata il 24/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’1/12/2009 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI;

udito il ricorrente in persona dell’Avvocato D.D. che

insiste per l’accoglimento del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che

condivide la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La C.T.R. della Liguria ha accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate di Chiavari nei confronti dell’avv. D.D. riducendo un avviso di accertamento per IVA ed IRPEF 2000 fatto in base ai parametri in misura corrispondente a quella degli studi di settore. In motivazione pur condividendo le risultanze degli studi di settore dava atto che essi si fondano sul criterio di ritenere il criterio cassa corrispondente a quello di competenza mentre di fatto vi è uno sfasamento.

Propone ricorso per cassazione affidato a due motivi il D., l’Agenzia delle Entrate è costituita con controricorso.

Con il primo motivo si censura per violazione di legge la decisione per non essere conforme a disposizioni ed istruzioni ministeriali.

Il motivo sembra inammissibile per la mancanza del quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla L. n. 40 del 2006, applicabile alla fattispecie essendo la sentenza impugnata pubblicata dopo il primo marzo 2006. Insegnano le SS.UU. con sentenza n. 7258 del 2007 che: E’ inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte.

Con il secondo motivo, deducendo vizio di motivazione, si censura la sentenza impugnata per avere contraddittoriamente ritenuto fondate l’osservazione sullo sfasamento tra cassa e competenza e non avere tratto la conseguenza della doppia imposizione. Il motivo è inammissibile in quanto manca di un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, prescritto con la chiara indicazione del fatto controverso dall’art. 366 bis c.p.c..

Peraltro è logicamente infondato. Se come deduce il contribuente il ritardo nel pagamento delle fatture non era accidentale, ma normale in relazione alla natura di enti pubblici dei suoi clienti e se l’attività contabilizzata risultava inferiore a quella effettiva desumibile dai parametri e poi dagli studi di settore, nell’anno in oggetto competenza e cassa erano tendenzialmente coincidenti in quanto, se mancavano incassi per l’attività dell’anno in corso, questa mancanza era compensata da quelli dell’anno precedente”.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla parte costituita;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese in Euro 600,00 delle quali Euro 400,00 di onorario.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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