Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9697 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20541-2006 proposto da:

C.G., T.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio degli avvocati FONTANA

GIUSEPPE e FONZO FABIO, che li rappresentano e difendono, giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L.;

– intimato –

e sul ricorso 23701-2006 proposto da:

– I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati COLAIOCCO ARNALDO e VUOSO LUCIIO, che

lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.G., T.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio degli avvocati FONTANA

GIUSEPPE e FONZO FABIO, che li rappresentano e difendono, giusta

delega in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

AZIENDA SANITARIA REGIONE DELL’UMBRIA U.S.L. N. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 526/2005 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 03/03/2006 R.G.N. 425/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato FABIO FONZO;

udito l’Avvocato COLAIOCCO ARNALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 5.1.1995, i dottori C. G. e T.G. convenivano dinanzi al Pretore di Terni rispettivamente l’INAIL e la USL Conca Ternana, esponendo di essere medici specialisti ambulatoriali, in regime di convenzione.

Essi avevano percepito fino dal maggio 1994 un trattamento economico sulla base del D.P.R. n. 316 del 1990, comprensivo di una indennità di caro-vita. Inoltre essi, quali pensionati del Ministero del Tesoro, percepivano una indennità integrativa speciale, la cui corresponsione era stata ripristinata nel 1992, a seguito di sentenza della Corte Costituzionale. Se non che le parti convenute avevano corrisposto dal 1.6.1992 le quote di caro vita nella minor misura, risultante dalla differenza tra il loro ammontare e l’indennità integrativa speciale sopra detta, iniziando a recuperare quanto asseritamente corrisposto oltre il dovuto. Gli attori chiedevano la condanna degli enti convenuti al ripristino dell’indennità di caro vita e dell’indennità integrativa speciale nelle precedenti misure, o in subordine di poter optare per il trattamento più favorevole.

2. Si costituivano l’INAIL e la ASL, per contestare le domande attrici. Il Pretore di Terni accoglieva le domande stesse, ritenendo che fino all’emanazione di nuove norme di legge non esisteva alcun limite al cumulo delle citate indennità. Proponeva appello l’INAIL;

si costituiva la ASL ed aderiva all’appello principale; la gestione liquidatoria delle medesima ASL proponeva a sua volta appello in via autonoma. Gli attori proponevano appello incidentale. Il Tribunale di Terni dichiarava improcedibile l’appello dell’INAIL e quello adesivo della ASL, ma accoglieva l’appello proposto autonomamente dalla medesima ASL. Rigettava la domanda proposta dal T..

3. Proponeva ricorso per Cassazione l’INAIL, e deduceva che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto non sanabile dalla costituzione della parte la notifica fatta alla parte stessa e non al procuratore costituito. La Corte di Cassazione riteneva fondato il ricorso dell’INAIL e quindi cassava la sentenza di appello in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia.

4. Riassunto il processo, la Corte di Appello citata aderiva alla tesi dell’INAIL. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello, resa in sede di rinvio:

– la normativa applicabile al caso in esame è quella di cui all’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali, previsto dalla L. n. 33 del 1998, art. 48, applicabile anche ai medici a rapporto professionale con l’INAIL;

– per effetto di tale normativa, le quote di caro-vita competono soltanto ai medici i quali non percepiscono l’indennità connessa con il trattamento pensionistico;

– la materia è stata disciplinata dal D.P.R. n. 259 del 1992, il quale dispone che ai medici convenzionati titolari di pensione che percepiscono l’indennità integrativa speciale spetta a titolo di caro-vita una somma pari all’eventuale differenza tra quest’ultima e l’indennità integrativa speciale percepita, il tutto con effetto dal ripristino della corresponsione dell’indennità integrativa speciale medesima;

– tale normativa non è in contrasto con il principio enunciato dalla Corte Costituzionale; la norma dichiara incostituzionale non è stata “fatta rivivere” come sostengono gli attori con un semplice atto amministrativo e la sentenza della predetta Corte era correlata alla mancata previsione di un limite al di sotto del quale è ammissibile il cumulo tra trattamento pensionistico e retribuzione, senza sospensione dell’indennità integrativa speciale sul trattamento pensionistico (Cass. n. 13631.1999 e altre conformi);

– non è previsto un diritto di opzione, perchè è stabilito normativamente un apposito meccanismo di coordinamento tra le due indennità.

5. Hanno proposto ricorso per Cassazione C.G. e T.G., deducendo due motivi. Resiste con controricorso l’INAIL, il quale propone ricorso incidentale affidato ad un motivo.

I ricorrenti in via principale propongono controricorso al ricorso incidentale ed hanno depositato memoria integrativa. L’Azienda Sanitaria Regione Umbria USL n. (OMISSIS) è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale, essendo stati proposti contro la medesima sentenza, vanno riuniti.

7. Con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 136 Cost., della L. n. 87 del 1953, artt. 3 e 4, della L. n. 468 del 1978, art. 11 ter, del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99 anche in relazione alla L. 20 marzo 1865, art. 5, all. E e dell’accordo collettivo nazionale per i medici specialisti ambulatoriali reso esecutivo con D.P.R. n. 259 del 1992: richiamata la sentenza della Corte Costituzionale 566.1989, la quale richiede la fissazione di un limite minimo, al di sotto del quale non è ammissibile una decurtazione del trattamento pensionistico e permane il diritto al cumulo integrale tra caro-vita e indennità integrativa speciale, i ricorrenti sostengono che solo mediante un intervento legislativo è possibile fissare il limite sopra richiamato e che a tanto non è autorizzato un regolamento, quale appunto il D.P.R. n. 259 del 1992. In subordine, la norma regolamentare sarebbe viziata di illegittimità costituzionale. Come si ricava dall’ordinanza della Corte Costituzionale 517 del 2000, il legislatore non è tenuto a seguire la via obbligata del divieto di cumulo.

8. Con il secondo motivo del ricorso principale, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 259 del 1992, art. 3 modificativo del D.P.R. n. 316 del 1990, in relazione agli artt. 3, 4, 10 e 11 preleggi, della L. n. 400 del 1988, art. 17, art. 136 Cost. e della L. n. 87 del 1953, art. 30: la clausola che prevede la riduzione del caro-vita ha effetto dal ripristino della corresponsione dell’indennità integrativa speciale, vale a dire effetto retroattivo, il che è precluso ad un atto amministrativo quale il regolamento.

9. I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati e vanno rigettati. La Corte Costituzionale con sentenza n. 566.1989 ha stabilito tra l’altro che la situazione giuridica del pubblico dipendente in servizio attivo, che sia chiamato ad assumere incarichi per i quali siano previste particolari forme retributive, distinte dallo stipendio, non è comparabile con quella del pubblico dipendente in quiescenza, il quale svolga una nuova attività lavorativa dopo il collocamento in pensione, stante la completa differenza dei rispettivi “status” determinata dal carattere di esclusività della prestazione lavorativa del primo. Non è, pertanto, censurabile, sotto il profilo dell’art. 3 Cost., il diverso trattamento derivante dal D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, comma 5, che – nel caso in cui il pensionato statale presti lavoro retribuito in favore dello Stato o enti pubblici – prevede la sospensione della corresponsione dell’indennità integrativa speciale compresa nel trattamento pensionistico. La Corte peraltro interveniva sulla mancata previsione di un limite minimo, al di sotto del quale doveva ritenersi intangibile il diritto al cumulo integrale fra pensione e retribuzione, senza sospensione dell’indennità integrativa speciale.

10. In tale contesto è intervenuta la contrattazione collettiva, recepita in apposito D.P.R. n. 259 del 1992, con la quale (art. 3, comma 2) si è tra l’altro stabilito: “Il D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316, art. 33, comma 3 è sostituito dal seguente:

“Ai medici specialisti convenzionati titolari di pensione che percepiscono l’indennità integrativa speciale connessa con il trattamento pensionistico spetta a titolo di quote di caro-vita una somma pari alla eventuale differenza tra l’entità complessiva delle quote di caro-vita calcolate in base ai criteri di cui al presente articolo e quella dell’indennità integrativa speciale percepita. La clausola ha effetto dal ripristino della corresponsione dell’indennità integrativa speciale”.

11. La giurisprudenza di questa Corte di Cassazione al proposito si è orientata nel senso della legittimità dell’assorbimento tra caro vita e indennità integrativa speciale. Vedi Cass. 23.4.2003 n. 6490:

“I medici specialisti convenzionati con le USL, titolari di pensione implicante il diritto alla indennità integrativa speciale sulla pensione, hanno diritto a percepire l’indennità di carovita prevista dal D.P.R. n. 259 del 1992 limitatamente alla eventuale differenza tra l’entità complessiva della quota carovita e quella dell’indennità integrativa speciale, al fine di evitare la duplicazione di benefici svolgenti la medesima funzione” Le pronunce successive sono conformi, sino alla sentenza n. 9416.2008: “In base agli Accordi collettivi nazionali di regolamentazione del rapporto convenzionale di medicina generale intervenuti nel periodo dal 1982 al 1989 sussisteva il divieto di cumulo dell’indennità integrativa speciale collegata alla pensione eventualmente percepita dal medico convenzionato ed il compenso di variazione dell’indice del costo della vita (o quota di carovita) previsto in favore dello stesso medico dagli Accordi predetti, là dove soltanto a seguito dell’Accordo integrativo reso esecutivo con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 260 – con effetto dal ripristino della corresponsione dell’indennità integrativa speciale in forza della sentenza n. 566 del 1989 della Corte costituzionale e “ferma restando la decorrenza dal 1 gennaio 1990″ – detto divieto è stato temperato nel senso che la quota di carovita è dovuta per la eventuale differenza rispetto all’indennità integrativa speciale percepita (… omissis …)”.

12. Ne deriva che mediante il “temperamento” del divieto di cumulo, ovvero mediante l’assorbimento della indennità di importo minore in quella di importo maggiore, la disciplina applicabile è quella di cui al più volte citato accordo collettivo; accordo che regola il trattamento economico dei medici convenzionati sulla base del rinvio contenuto nella L. n. 833 del 1978, art. 48 costituendo esso un limite all’erogazione di trattamenti “ad personam” o di miglior favore. Nè appare proponibile una ulteriore questione di legittimità costituzionale al proposito, posto che l’adeguamento al costo della vita di una erogazione retributiva e/o previdenziale non richiede in ogni caso il principio del cumulo “tout court”, ma è compatibile con il criterio dell’assorbimento. La giurisprudenza sopra citata costituisce anche risposta al motivo secondo del ricorso: il divieto di retroattività, che sarebbe ipotizzabile quale vincolo per il regolamento di esecuzione di una legge, non è operante “tout court” per un contratto collettivo di lavoro, il quale nella specie è intervenuto per regolare una lacuna normativa. Del resto si da il caso di norme di contratto collettivo retroattive, come quelle che prevedono la decorrenza di nuove tabelle stipendiali ovvero di interpretazione autentica di norme collettive.

13. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’INAIL deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omessa pronuncia, posto che la sentenza di appello non ha liquidato gli interessi legali sulle somme dovute in ripetizione.

14. I ricorrenti principali eccepiscono l’inammissibilità del ricorso incidentale, siccome diretto contro un capo del tutto autonomo della sentenza di appello.

15. Si rileva anzitutto che detto ricorso incidentale è tempestivo, in quanto presentato per la notifica in data 8.8.2006, laddove il ricorso è stato notificato il 10.7.2006. Il capo della sentenza impugnato col ricorso incidentale non è autonomo, ma attiene agli interessi legali sulla sorte capitale da restituire, verte quindi su di un accessorio. Nel merito, peraltro, l’unico motivo di esso ricorso incidentale risulta inammissibile, in quanto nel primo appello presentato al Tribunale la parte ha omesso di richiedere espressamente gli interessi legali in questione.

16. Al rigetto di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, segue la compensazione delle spese del grado tra le parti costituite.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti costituite le spese del processo di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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