Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9697 del 13/04/2021
Cassazione civile sez. III, 13/04/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 13/04/2021), n.9697
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34391-2019 proposto da:
M.E., elettivamente domiciliato in Bari, via Abate Gimma 201,
presso lo studio dell’avv. LOREDANA LISO, che lo rappresenta e
difende per procura speciale in atti;
– ricorrente –
Contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE DELLA
REPUBBLICA PRESSO CORTE D’APPELLO BARI;
– intimati –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);
– resistente –
avverso la sentenza n. 1745/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 27/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/11/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
Fatto
RILEVATO
che:
1- M.E., difeso dall’avv. Liso, propone ricorso notificato l’11.11.2019 ed articolato in cinque motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, n. 1745/2019, pubblicata il 27.8. 2019.
Il ricorrente, proveniente dalla (OMISSIS), riferisce la propria vicenda giudiziaria e personale, dichiarando di essere giunto in Italia dopo la morte del padre, ucciso da persone di un villaggio vicino perchè si era rifiutato di partecipare con loro ad alcuni rapimenti. Precisava che alla morte del padre prendeva il suo posto nel commercio del legname e gli arrivava una lettera con la quale veniva invitato a partecipare ai rapimenti, dietro minaccia se non avesse accettato.
2 – Il ricorrente, dopo il diniego da parte della Commissione territoriale delle forme protezione internazionale richieste (status di rifugiato, o, in subordine, protezione sussidiaria ovvero umanitaria) agiva dinanzi al Tribunale di Bari. Il Tribunale rigettava integralmente il ricorso, ritenendo la narrazione del ricorrente poco credibile, e la vicenda narrata irrilevante ai fini della concessione di una delle forme di protezione internazionale.
3- La corte d’appello confermava la valutazione del primo giudice, ritenendo che la storia narrata dall’appellante fosse contraddittoria e poco credibile, e comunque che eventuali minacce ricevute provenissero da un gruppo privato di soggetti, in ipotesi malviventi, appartenenti a villaggi vicini.
4. – Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato atto con il quale comunica la sua disponibilità a partecipare alla discussione orale.
La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
Diritto
RITENUTO
che:
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 comma 1, lett. E) ed f) e degli artt. 7 e 8. Con le riferite censure si assume non tenuto in conto il requisito essenziale per ricevere la protezione consistente nel riconoscimento dello status di rifugiato, integrato dal fondato timore di una persecuzione personale e diretta nei propri confronti: sostiene di aver messo a disposizione del giudicante, con il proprio racconto, elementi idonei a dimostrare di essere fuggito per sottrarsi alle minacce di morte ricevute.
Senza ulteriormente confrontarsi con il provvedimento impugnato, riproduce pagine e pagine di ricostruzione dello stato della giurisprudenza anche internazionale sulla nozione di atti persecutori.
Con il secondo motivo, lamenta la violazione e o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) ed h) ed all’art. 14, lett. b).
Assume che la situazione della sicurezza in (OMISSIS) costituisca sicuramente di per sè una grave violazione della dignità umana, tanto da integrare quel trattamento degradante che costituisce il presupposto del danno grave richiesto per il riconoscimento della protezione internazionale. Sostiene che a nulla rilevi, nel caso di specie, che le minacce provengano da privati quando, come nel caso di specie, le minacce provengano dalle stesse autorità pubbliche, o comunque lo Stato non voglia o non possa fornire una protezione adeguata al privato.
Con il terzo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 19, comma 8 affermando che esso conferisce ampi poteri officiosi al giudice in materia di protezione internazionale.
Con il quarto motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella mancata acquisizione d’ufficio di elementi per valutare la credibilità del ricorrente, ritenuto inattendibile sulla base di una semplice valutazione soggettiva, oltretutto appiattita sulle considerazioni già svolte dalla Commissione, tralatiziamente riprese prima dal tribunale e poi anche dalla corte d’appello, e la mera apparenza della motivazione.
Infine, con il quinto motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 sostenendo che, col negare il suo diritto al riconoscimento della protezione umanitaria, la corte d’appello lo avrebbe posto in una condizione di estrema vulnerabilità.
Il ricorso è complessivamente inammissibile: contiene l’enunciazione della situazione personale del ricorrente, ma la trattazione dei singoli motivi alcuni appena abbozzati, rimane astratta, non si confronta affatto con la motivazione della pronuncia impugnata. Al contrario, si limita a riproporre le argomentazioni già sviluppate nei gradi di merito, sostenendo del tutto apoditticamente che i suoi diritti alla protezione internazionale non siano stati ben tutelati, in maniera del tutto apodittica, senza cioè confrontarsi con i singoli passi della decisione sul punto da essa dedicato all’esame del diritto del ricorrente alle varie forme di protezione richieste e con le ragioni della decisione.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensive in questa sede.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021