Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9695 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/05/2020), n.9695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2805/2018 proposto da:

CE.DI.SA S.R.L., GIA’ CE.DI.SA S.P.A., in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SAN TOMMASO D’AQUINO 104, presso lo studio dell’avvocato DANIELA DE

BERARDINIS, rappresentata e difesa dall’avvocato BARTOLO DE VITA;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA 63, presso lo

studio dell’avvocato MARIA ROSARIA NASTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato AMERICO MONTERA;

– controricorrente –

e contro

L.A., R.F., R.G.;

– intimati –

nonchè da:

R.G., R.F., L.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO, 14, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA GRAZIANI, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI

SOLIMENE, MARIANGELA RENZULLI;

– ricorrenti incidentali –

contro

CE.DI.SA S.R.L. GIA’ CE.DI.SA S.P.A. MILANO ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 714/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 14/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/01/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione notificato in data 27 agosto 1998 L.A. e R.F., in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore R.G., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Salerno CE.DI.SA. s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno conseguente all’omessa diagnosi dell’infermità invalidante permanente totale di cui il minore era affetto fin dalla nascita e che se tempestivamente diagnosticata avrebbe consentito alla L. l’accesso all’aborto terapeutico. La convenuta chiamò in causa Milano Assicurazioni s.p.a.. Il Tribunale adito condannò la convenuta al pagamento di Euro 200.000,00 in favore sia di L.A. che di R.F. e rigettò la domanda di garanzia. Avverso detta sentenza proposero appello principale CE.DI.SA. s.p.a. ed appello incidentale L.A. e R.F., in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore R.G..

Con sentenza di data 14 dicembre 2016 la Corte d’appello di Salerno condannò CE.DI.SA. s.p.a. al pagamento a titolo di danno non patrimoniale in favore di L.A. della somma di Euro 352.797,00 ed in favore di R.F. della somma di Euro 245.900,00, nonchè al pagamento in favore di entrambi della somma di Euro 501,79 a titolo di danno patrimoniale; condannò inoltre Milano Assicurazione a manlevare CE.DI.SA. nei limiti dell’importo di Euro 106.897,00 da corrispondere a L.A.; dispose infine la compensazione delle spese del doppio grado, stante il parziale accoglimento dell’appello principale e di quello incidentale, mantenendo a carico di CE.DI.SA. le spese della CTU di primo grado.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che a titolo di danno non patrimoniale in favore della L., cui era stato precluso il diritto ad una procreazione cosciente e responsabile, competeva sulla base delle tabelle del tribunale di Milano la somma di Euro 106.897,00 per l’invalidità del 20% quale danno alla salute costituito dal pregiudizio depressivo conseguito alla nascita del figlio disabile, mentre in favore di entrambi i genitori doveva riconoscersi, sulla base delle tabelle milanesi per danno parentale, l’importo di Euro 245.900,00 ciascuno, per il radicale sconvolgimento esistenziale conseguente alla assoluta dedizione in favore del figlio disabile, oltre Euro 501,79 per danno patrimoniale sulla base delle ricevute allegate. Aggiunse, quanto al rapporto di garanzia, che l’art. 13 del contratto prevedeva che “la società si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento danni involontariamente cagionati a terzi per morte, lesione personale, per danneggiamenti a cose” e che, dovendosi intendere lesione personale quale evento-malattia (riduzione apprezzabile di funzionalità e fatto morboso), la società assicuratrice doveva manievare l’assicurata solo del danno biologico riconosciuto a L.A..

Ha proposto ricorso per cassazione CE.DI.SA. s.r.l. sulla base di un motivo e resiste con controricorso Unipolsai Assicurazioni s.p.a.. Resistono con controricorso altresì L.A., R.F. e R.G., che hanno proposto pure ricorso incidentale sulla base di un motivo. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo di ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2059 c.c., D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 139 e 139, artt. 1366, 1375 e 1905 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente in via principale che, dato che nel danno biologico vanno ricompresi anche i danni agli aspetti dinamico-relazionali, anche per questi ultimi spetta l’indennizzo assicurativo.

Il motivo è inammissibile. Benchè nella rubrica sia richiamata la violazione dell’art. 366 c.c., la censura non è formulata nei termini della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, ma come confutazione del giudizio di fatto in ordine al risultato interpretativo compiuto peraltro non mediante il riferimento al contenuto della clausola contrattuale, ma in modo indiretto affrontando la questione in astratto della natura del danno biologico. Circa quest’ultimo, non è corretta l’identificazione in assoluto fra danno biologico e danno dinamico-relazionale. Come da ultimo affermato da Cass. 27 marzo 2018 n. 7512, è ipotizzabile il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, il quale “va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso”. In base al giudizio di fatto del giudice di merito avrebbe natura di mero danno dinamico-relazionale quello costituito dal radicale sconvolgimento esistenziale conseguente alla assoluta dedizione in favore del figlio disabile.

Quanto alla violazione delle regole di ermeneutica contrattuale vi è in realtà solo un cenno finale alla violazione dell’art. 1366. In tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi del vizio motivazionale ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg.. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (fra le tante Cass. n. 17168 del 2012). La censura, per quanto si è detto, non risulta formulata in tali termini.

Passando al ricorso incidentale, con l’unico motivo si denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti in via incidentale che ingiustificata è la compensazione delle spese per il doppio grado, dopo che la domanda in primo grado era stata accolta ed in appello è stato riconosciuto un maggior importo risarcitorio. Aggiungono che la statuizione sulle spese è stata riformata in peius in secondo grado nonostante l’accoglimento dell’appello incidentale e l’aumento della somma liquidata a titolo risarcitorio.

Il motivo è infondato. Va premesso che con riferimento alla compensazione delle spese processuali vige il potere discrezionale del giudice merito, nei limiti del rispetto del principio di soccombenza, che in base alla norma applicabile ratione temporis richiede la concorrenza di giusti motivi, nella specie ravvisati nel parziale accoglimento dell’appello principale e di quello incidentale. Con riferimento tuttavia al giudizio di primo grado deve verificarsi se si sia formato il giudicato interno in ordine al regolamento delle spese.

Il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste infatti in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Tuttavia, anche in ragione dell’operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all’art. 336 c.p.c., comma 1, l’accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicchè la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell’impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (Cass. 29 ottobre 2019, n. 27606).

Nella specie risulta proposto l’appello principale anche con riferimento al regolamento delle spese, secondo quanto si dà atto nella stessa sentenza impugnata (appello proposto per la rifusione delle spese in favore di entrambe le controparti senza tenere conto del rigetto della domanda proposta dagli attori quali esercenti la responsabilità genitoriale e della piena giustificazione della chiamata in causa del terzo). Non si è dunque formato il giudicato interno sul capo relativo alle spese ed il giudice aveva il potere di modificare il relativo regolamento.

Con riferimento ad Unipolsai Assicurazioni s.p.a. non va disposto nulla per le spese processuali stante l’inammissibilità del controricorso per tardiva notifica (rispetto alla notifica del ricorso avvenuta il 10 gennaio 2018, il controricorso è stato notificato in data 12 marzo 2018). Va disposta la compensazione delle spese, stante la soccombenza di entrambi, con riferimento al rapporto processuale fra ricorrente principale e ricorrenti incidentali.

Poichè i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e vengono disattesi, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.

Compensa integralmente le spese processuali fra CE.DI.SA. s.r.l. e L.A., R.F. e R.G..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone fisiche riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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