Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9694 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9694 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 27949-2010 proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –

2014

contro

3944

GIUDICE SALVATRICE;
– intimata

avverso la sentenza n. 577/2009 della COMM.TRIB.REG.
di PALERMO, depositata il 23/10/2009;

Data pubblicazione: 13/05/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2014 dal Consigliere Dott.

PAOLA

VELLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che si
riporta;

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine l’accoglimento del
ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

RITENUTO IN FATTO
Con avviso di accertamento del 2.11.1982 l’Ufficio Iva di Ragusa,
constatando che la sig.ra Giudice Salvatrice – esercente l’attività di vendita di
carburanti e lubrificanti, bar e ristorante – non aveva presentato le dichiarazioni
Iva trimestrali e annuali per l’anno di imposta 1980, né aveva assolto l’Iva,
rideterminava induttivamente i ricavi in complessive £ 411.030.000 con un
ricarico del 25% sui carburanti e lubrificanti annotati nei registri UTIF di carico e
scarico e nelle bollette di acquisto, quantificava l’Iva evasa in £ 59.238.000 ed

La contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria di 1° grado di
Ragusa, deducendo di essersi avvalsa del condono fiscale ai sensi della legge n.
516/82, versando l’imposta integrativa nella misura di £ 1.147.000, di cui
l’Ufficio, costituendosi in giudizio, contestava però l’insufficienza.
Il giudice adito, con sentenza del 23.1.1984, rigettava il ricorso.
Nel proporre appello, la contribuente reclamava il proprio diritto alla rivalsa
e alle detrazioni emergenti da tutta la documentazione analizzata dalla Guardia
di Finanza, che veniva invece negato dall’Ufficio.
Con sentenza del 16.1.1988, la Commissione tributaria di 2° grado di
Ragusa, accogliendo parzialmente l’appello, rideterminava i corrispettivi nella
somma di £ 407.992.050, ammetteva la contribuente alla rivalsa dell’Iva assolta
sia sugli acquisti di carburante, secondo le risultanze dei registri UTIF, sia sugli
acquisiti riferiti alle altre attività esercitate (rispettivamente nella misura del
37,50% e del 78%) e rideterminava la pena pecuniaria nel doppio dell’imposta
dovuta.
L’Ufficio proponeva ricorso alla Commissione tributaria Centrale per
violazione dell’art. 55, D.P.R. n. 633/72 (con riguardo al riconoscimento della
detrazione dell’Iva sugli acquisiti di carburante risultanti dai registi UTIF ma non
annotati nei registri Iva) ed erronea rideterminazione delle sanzioni (in quanto la
contribuente non poteva beneficiare di riduzioni, non avendo versato il tributo
accertato).
La contribuente non si costituiva e, con l’entrata in vigore della legge n.
244/07, il processo veniva trasferito dinanzi alla Sezione di Palermo della
Commissione tributaria centrale, la quale, con sentenza del 23.10.2009,
rigettava il ricorso dell’Ufficio, ritenendo che sui valori rideterminati dalla
Commissione tributaria di 2° STser-Tose formato il giudicato e che comunque
fossero condivisibili tutte le valutazioni espresse dal giudice di seconde cure.
Per la cassazione della sentenza d’appello, l’Agenzia delle entrate ed il
Ministero economia e Finanza hanno proposto ricorso affidato a due motivi.
L’intimata non ha svolto difese.

ud. 9 dicembre 2014

27949/10 R.G.

applicava interessi e sanzioni, per un totale di £ 228.469.000.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate ed il Ministero
dell’Economia e delle Finanze deducono la «violazione o falsa applicazione
dell’art. 55 del decreto IVA (DPR n. 633/72) ex art. 360 n. 3 c.p.c.», in quanto,
«in caso di omessa dichiarazione, possono essere computati in detrazione
soltanto i versamenti eseguiti e le imposte detraib4 risultanti dalle liquidazioni
periodiche», mentre nella fattispecie concreta la contribuente non avrebbe

imposte detraibili risultavano dalle liquidazioni periodiche, non essendo
sufficiente a tal fine la sola annotazione dell’imposta nei registri Utif e degli
acquisti».
2.

Con il secondo mezzo i ricorrenti deducono altresì il «difetto di

motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. nella parte della sentenza ove accolgono le
ragioni del contribuente con una motivazione apparente». In particolare,
assumono i ricorrenti che «contrariamente a quanto si legge nella decisione dei
terzi giudici, in sede d’appello non sono stati rideterminati né l’ammontare delle
operazioni imponibili, né le sanzioni», aggiungendo che «nemmeno dal p.v.c.
risulta che i militari abbiano riscontrato effettivi versamenti d’imposta, non
essendo sufficiente … la sola annotazione dell’IVA a debito».
3. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto l’art. 57, primo comma, D.Lgs.
n. 300 del 1999, ha trasferito alle agenzie fiscali tutti i “rapporti giuridici”, i
“poteri” e le “competenze” già facenti capo al predetto Ministero, con la
conseguenza che, a far data dall’i gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività
delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1) la legittimazione
attiva e passiva spetta esclusivamente all’Agenzia delle (orientamento pacifico:
ex multis, Cass. nn. 27182, 23551, 7300 e 6394 del 2014; n. 6929 del 2013;
nn. 22992 e 26321 del 2010; n. 1123 del 2009; n. 6591 del 2008; nn. 3116 e
3118 del 2006; n. 15021 del 2005; nn. 24245 e 15643 del 2004; n. 9538 del
2001).
4. Nel merito, entrambi i motivi di ricorso – che in quanto connessi possono
essere esaminati congiuntamente – risultano inammissibili per difetto di
autosufficienza.
5. Invero, entrambe le censure si fondano su una circostanza – la mancata
dimostrazione da parte della contribuente di aver realmente eseguito dei
versamenti – che non trova riscontro nella sentenza impugnata, di cui non viene
perciò colta (ovvero adeguatamente smentita) la ratio decidendi. Il giudice a quo
afferma infatti, tra l’altro: che i versamenti erano stati “già tutti dalla GG.FF.
ud. 9 dicembre 2014

14851/09 R.G.

«fornito prova di avete realmente eseguito dei versamenti, né tantomeno le

riscontrati come annotati e fatturati”; che nel processo verbale del 26.3.1982
erano stati elencati e determinati nel loro ammontare “tutti gli acquisti e le
vendite della Giudice Salvatrice”, sulla scorta della documentazione esibita e/o
reperita (fatture attive e passive, registri Iva degli acquisti e corrispettivi, bolle
di accompagnamento emesse e ricevute, registri di carico e scarico dei beni
viaggianti con relative ricevute fiscali, registri di carico e scarico carburanti).
Rispetto a tali affermazioni non viene peraltro invocato un vizio revocatorio,
essendosi parte ricorrente limitata a censurare la sentenza sotto il profilo della

6. In conclusione, il ricorso va respinto senza che sia necessaria – in ragione
della mancata costituzione dell’intimata – una pronuncia sulle spese, le quali
restano a carico delle parti ricorrenti che le hanno anticipate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Dichiara inammissibili i motivi di ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Così deciso in Roma, nella camg di consiglio del 1 dicembre 2014.

violazione di legge e della insufficienza motivazionale.

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