Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9693 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 23/04/2010), n.9693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12103-2006 proposto da:

D.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che

lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, ROMEO LUCIANA,

che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale atto Notar

CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 19/05/06 rep. n. 70792;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1582/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/12/2005 R.G.N. 754/01;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARCO PIVETTI, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione

voglia, provvedendo in camera di consiglio, accogliere il ricorso per

manifesta fondatezza.

 

Fatto

PREMESSO IN LINEA DI FATTO

che l’assicurato signor D.S.G. ha chiesto il riconoscimento del diritto alla ricostituzione di una rendita che gli era stata concessa a seguito di un infortunio sul lavoro subito nel (OMISSIS), e che era stata revocata dall’Inail per ritenuto miglioramento delle condizioni dell’assicurato;

che la domanda dell’assicurato veniva accolta dal giudice di primo grado, ma rigettata da quello d’appello;

che il D.S. ha proposto, in termine, ricorso per cassazione riproponendo la tesi della tardività della revisione;

che l’Istituto assicuratore non ha presentate difese in questa fase;

che ricorso è stato trasmesso alla Procura Generale la quale, nelle proprie conclusioni scritte, ha chiesto che la Corte, provvedendo in camera di consiglio, lo accogliesse per manifesta fondatezza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che l’art. 83, comma 8, del T.U. approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dispone che “entro dieci anni dalla data dell’infortunio …

qualora le condizioni dell’assicurato, dichiarato guarito senza postumi d’invalidità permanente o con postumi che non raggiungono il minimo per l’indennizzabilità in rendita, dovessero aggravarsi in conseguenza dell’infortunio o della malattia professionale in misura da raggiungere l’indennizzabilità, l’assicurato stesso può chiedere all’Istituto assicuratore la liquidazione della rendita, formulando la domanda nei modi e nei termini stabiliti per la revisione della rendita in caso di aggravamento”;

che la locuzione adottata dal legislatore “dieci anni dalla data dell’infortunio” chiarisce, senza possibilità di equivoci, che il momento di riferimento per la decorrenza del termine decennale è dato dalla data dell’infortunio (o, più esattamente, della cessazione dell’invalidità temporanea, con consolidamento dei postumi) e non da quello in cui in cui sia stata costituita (o negata) la rendita;

che la giurisprudenza di questa Corte ha già ritenuto che “il termine di dieci anni dalla data di costituzione della rendita per infortunio entro il quale, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, comma 8, può procedersi, a domanda dell’assicurato o per disposizione dell’Istituto, alla revisione della rendita, non è di prescrizione nè di decadenza, in quanto non incide sull’esercizio, ma sull’esistenza stessa del diritto, ricollegando l’ambito temporale di rilevanza delle diminuzioni o degli aumenti dell’attitudine al lavoro e, in genere, delle modificazioni delle condizioni fisiche del titolare della rendita, alla data della costituzione della rendita, che si ricollega in questa ipotesi alla nascita del diritto stesso.

Infatti la data di costituzione della rendita cui si riferisce il citato articolo non è l’atto formale che costituisce il diritto, atto che ha natura meramente dichiarativa e risulta fissato casualmente in relazione alle vicende della sua formazione per via amministrativa o giudiziale, nè la data dell’evento materiale che determina la nascita del diritto, ma coincide con la data il cui diritto stesso decorre.” (Cass. civ., 7 aprile 2004, n. 6831; nello stesso senso, 13 dicembre 2005. n. 27425);

che, in realtà, il legislatore ha ritenuto di fissare appunto in dieci anni per gli infortuni (ed in quindici anni per le malattie professionali) il termine di presumibile consolidamento definitivo dei postumi;

che, trascorso questo periodo, la misura percentuale del danno è considerata definitiva, e che, una volta trascorso quel termine, anche se si verificassero variazioni ulteriori, diverrebbero giuridicamente irrilevanti ai fini della determinazione della rendita;

che, dunque, il termine per dedurre un miglioramento (o un peggioramento) della percentuale di inabilità permanente deve decorrere dalla data di decorrenza del diritto, e perciò in concreto dal termine dell’invalidità permanente, ma non certo dalla data occasionale (perchè può essere condizionata da circostanze contingenti, relative, in particolare, all’esistenza ed alla durata di una fase contenziosa in sede amministrativa e/o in sede giudiziaria) di concreta costituzione della rendita; che, di conseguenza, ad oltre dieci anni dalla costituzione del diritto (vale a dire dalla cessazione dell’invalidità temporanea), l’Inail non poteva più rimettere in discussione l’entità del danno permanente subito dal signor D.S..

Di conseguenza il ricorso per cassazione proposto dallo stesso signor D.S. è fondato e deve essere accolto, mentre deve essere cassata la sentenza impugnata.

Non sussistendo più necessità di accertamenti di fatto, questa Corte può, e deve, decidere la controversia nel merito e confermare il contenuto sostanziale della pronunzia di primo grado che aveva riconosciuto il diritto alla ricostituzione della rendita per infortunio sul lavoro che gli era stata riconosciuta originariamente.

Nel decidere nel merito la Corte deve, dunque, confermare, anche sulle spese, le statuizioni della sentenza di primo grado. Tenuto conto delle oggettive incertezze della fattispecie complessiva, confermate anche dal differente esito della controversia nei successivi gradi, sussistono giusti motivi per compensare le spese della fase di appello.

Non altrettanto vale, dato che in diritto non sussistevano particolari problemi, per le spese di questa fase di legittimità, che devono essere poste a carico dell’Istituto ricorrente secondo le regole della soccombenza, e che si liquidano nella misura indicata in dispositivo, e debbono essere distratte, come richiesto, in favore del difensore, Avv. G. Sante Assennato.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, conferma, anche per le spese, le statuizioni della pronunzia di primo grado. Compensa le spese della giudizio di secondo grado. Condanna l’Inail alle spese del giudizio di cassazione, liquidandole in Euro 15,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre a spese processuali, IVA e CPA, con distrazione in favore dell’Avv. Assennato.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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