Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9693 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9693 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 17082 2009 proposto da:

AGENZIA DEL TERRITORIO in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatg, in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lq rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2014
3835

SARLUX SRL in persona del Pres. del C.d.A. e legale
rappresentante in carica, elettivamente domiciliatck
in ROMA VIALE CASTRO PRETORIO

dell’avvocato

122, presso lo studio

ANDREA RUSSO, che lo, rappresenta e

difende con procura notarile del Not.

Dr. LODOVICO

Data pubblicazione: 13/05/2015

BARASSI in MILANO rep. n. 99151 del 04/08/2009;
SARAS SPA in persona del Pres. del C.d.A. e legale
rappresentante in carica, elettivamente domiciliateL
in ROMA VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA RUSSO, che loL, rappresenta e

BARASSI in MILANO rep. n. 6965 del 06/08/2009;

controricorrenti –

avverso la sentenza n. 29/2008 della COMM.TRIB.REG.
di CAGLIARI, depositata il 22/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito per i controricorrenti l’Avvocato RUSSO che ha
chiesto l ‘ inammissibilitàpn

G41/1,9

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

difende con procura notarile del Not. Dr. LUCA

RITENUTO IN FATTO
Con ricorso affidato ad un unico motivo, l’Agenzia delle entrate ha
impugnato la sentenza n. 29/7/08 del 22.5.2008 con cui la Commissione
Tributaria Regionale della Sardegna, in riforma parziale della sentenza della
Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, ha escluso dal computo della
rendita catastale degli stabilimenti delle società Saras S.p.A. e Sarlux S.r.l.
(raffineria petrolifera con centrale termoelettrica) siti nel Comune di Sarroch, il
dissalatore e la centrale elettrica dell’impianto della Saras ed il dissalatore

elementi non strutturali e funzionali in modo essenziale all’impianto.
Entrambe le società intimate hanno resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la
«violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 10 del R.D.L. 13 aprile 1939, n.
652, e successive modificazioni ed integrazioni, degli artt. 20 e segg. del D.P.R.
10 dicembre 1949, n. 1142 (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.», formulando il
seguente quesito di diritto: «Vero è che nella determinazione della rendita
catastale di un immobile destinato ad opificio industriale devono essere
ricomprese e contabilizzate tutte le componenti che sono tra loro strutturalmente
– anche se in via transitoria – collegate tra loro in quanto essenziali e funzionali
alla destinazione economica dell’immobile (nel caso di specie, rispetto ad una
raffineria, il dissalatore e tutto il complesso degli impianti e dei macchinari
facenti parte della centrale elettrica in quanto nella stessa inseriti)».
2. Il motivo è inammissibile.
3. Occorre premettere, in via generale, che la sentenza impugnata

in

quanto pubblicateenel periodo compreso tra il 2 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009,
previsto nella disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
comma 5 – è soggetta al regime dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (ora abrogato),
come interpretato dalla consolidata lettura di questa Corte, la quale, con
particolare riferimento ai motivi riconducibili ai nn. 3) e 4) dell’art. 360, primo
comma, cod. proc. civ., prevede che questi debbano essere corredati, a pena di
inammissibilità, da appositi “quesiti” contenenti: a) una sintesi degli elementi di
fatto sottoposti al giudice di merito; b) l’indicazione della regola di diritto da
questi applicata; c) la diversa regola di diritto ritenuta invece applicabile, di
modo che il giudice di legittimità, nel rispondere al quesito, possa formulare una
regula iuris suscettibile di applicazione anche in diversi casi (ex multis, Cass.
s.u., nn. 2658 e 28536 del 2008, n. 18759 del 2009; Cass. n. 22704 del 2010,
n. 21164 del 2013, nn. 11177 e 17958 del 2014).

ud. 1 dicembre 2014

n> 17082/09 R.G.

dell’impianto IGCC ubicato nell’area di proprietà della Sarlux, in quanto ritenuti

4. Siffatti quesiti, dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio
giuridico generale, non possono essere astratti e teorici, ma devono essere calati
nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di comprendere – dalla
loro semplice lettura – l’errore asseritamente compiuto dal giudice di merito e la
regola che la parte ritiene invece applicabile. Nè può assumersi che tale
contenuto debba essere ricercato nello svolgimento del motivo, poiché ne
resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la

innovativa dell’art. 366-bis cod. proc. civ., consistente proprio nell’imposizione
della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della
violazione censurata, funzionale alla formazione immediata e diretta del principio
di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di
legittimità (Cass. n. 16481 del 2014; n. 20409 del 2008).
5. Il quesito in esame risulta carente proprio nel richiesto “ancoraggio” alle
motivazioni concrete del decisum impugnato, poiché, sotto il profilo teorico,
deduce che ai fini della determinazione della rendita catastale di un opificio
industriale dovrebbero essere ricomprese tutte le componenti tra loro
strutturalmente (anche se transitoriamente) collegate, “in quanto essenziali e
funzionali alla destinazione economica dell’immobile” e, con riguardo alla
fattispecie concreta, si limita a rilevare che il dissalatore e “tutto il complesso
degli impianti e dei macchinari facenti parte della centrale elettrica” sono
“inseriti” nella raffineria, trascurando però che il giudice d’appello ha
espressamene motivato tanto sul profilo strutturale quanto su quello funzionale
del collegamento di dissalatore e centrale elettrica all’opificio de quo.
6. Invero la Corte regionale, richiamando i contenuti dell’art. 4, R.D.L. n.
652 del 1939, ha affermato il principio per cui le parti mobili di un impianto,
seppure “rimovibili, debbono essere considerate nella determinazione della
rendita quando concorrono a costituire un unico bene complesso”, con la
conseguenza che la questione della determinazione della rendita catastale “va
risolta non semplicemente in relazione alla possibile separabilità di questi, ma
anche in funzione della loro essenzialità rispetto all’unità immobiliare”. E,
passando alla valutazione della fattispecie concreta, ha ritenuto che “non tutti gli
impianti ed i macchinari situati nello stabilimento della SARAS e della SARLUX
concorrano alla determinazione della rendita catastale del medesimo, ma
esclusivamente quelli che risultino inamovibili senza interventi nelle strutture
dell’immobile cui accedono e quelli che, pur essendo semplicemente imbullonati
al suolo, costituiscono, tuttavia, un elemento imprescindibile del complesso

ud. 1 dícembre 2014

n, 17082/09 R,G,

redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la portata

produttivo”, per poi concludere che il dissalatore e la centrale termoelettrica non
debbono ritenersi “funzionali all’attività della raffineria”, non solo perché,
indipendentemente dalle loro dimensioni, possono essere rimossi senza
interventi nelle strutture del complesso (non dovendo perciò considerarsi
elementi strutturali della raffineria medesima, che continuerebbe ad essere tale
anche senza di essi), ma anche perché sia l’acqua che l’energia elettrica “non è
necessario vengano prodotte all’interno, ma ben potrebbero essere acquistate da
terzi, senza che ciò influenzi le procedure di raffinazione”.

perviene ad escludere espressamente la essenzialità e funzionalità di dissalatore
e centrale elettrica rispetto alla raffineria, la formulazione del quesito sembra
non coglierne la ratio decidendi e tradisce semmai una non condivisione delle
argomentazioni svolte dal giudice d’appello in punto di essenzialità e funzionalità,
che avrebbe però richiesto una diversa censura, di carattere motivazionale.
8. Solo per completezza può aggiungersi, nel merito, che proprio muovendo
dal disposto degli artt. 1, 4, 10 e 11 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 (ove per
la determinazione della rendita catastale si prevede la stima diretta non degli
“immobili” ma delle “unità immobiliari” costituite da opifici e in genere da
fabbricati non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze industriali o
commerciali senza radicali trasformazioni”) la giurisprudenza di questa Corte si è
orientata ad escludere l’inclusione nella stima dei macchinari che, non essendo
irreversibilmente fissati al suolo, “non integrino un elemento dell’unità
immobiliare, ma rappresentino una componente del complesso di beni
organizzati per l’esercizio di un’attività produttiva, giacchè in tale ipotesi la loro
consistenza economica, anche se rilevante, si riflette soltanto nella valutazione
dell’azienda” (Cass. n. 17933 del 2004) e ad assumere quale base imponibile per
la determinazione del reddito fondiario anche quei beni – come gli impianti fissi che “solo dal reciproco collegamento acquistano l’utilità e la capacità reddituale
di cui sono ordinariamente privi” (v. Cass. nn. 7372 del 2011 e 15669 del 2014).
9. In conclusione, il ricorso va respinto e la ricorrente va condannata a
rifondere alle controparti costituite le spese del giudizio di legittimità, liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alle società
controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida – per ciascuna – in
C 8.000,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1 dicembre 2014.

7. E’ dunque evidente che, a fronte di una sentenza così articolata, che

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