Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9693 del 03/05/2011

Cassazione civile sez. III, 03/05/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 03/05/2011), n.9693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9364-2009 proposto da:

D.P.S., C.S. (OMISSIS),

S.A., C.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FABIO MASSIMO 95, presso lo studio dell’avvocato

IANNUCCILLI PASQUALE, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PISANTI ORAZIO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

nonchè contro

C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3979/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Seconda Sezione Civile, emessa il 14/12/2307, depositata il

19/02/2008; R.G.N. 4733/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

p.q.r..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 3979/2007, depositata il 19 febbraio 2008, la Corte di appello di Napoli – in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Marcianise – ha respinto la domanda proposta da C.S., S.A.M., D.P. S. e C.M., conduttori di un locale in Maddaloni, contro il locatore, C.D., allo scopo di ottenere il compimento delle opere necessarie ad eliminare infiltrazioni d’acqua. Ha altresì condannato gli attori in primo grado ed appellati al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

I soccombenti propongono due motivi di ricorso per cassazione.

L’intimato non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo i ricorrenti lamentano errata, contraddittoria od omessa motivazione nella valutazione dell’elaborato peritale sulla base del quale la Corte di appello ha escluso ogni responsabilità del proprietario-locatore.

1.1.- Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis, nel testo in vigore alla data del deposito della sentenza impugnata (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), artt. 6 e 27.

Manca infatti un momento di sintesi delle censure di vizio di motivazione, analogo al quesito di diritto, da cui risulti la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, e l’indicazione delle ragioni per cui essa appare; inidonea a giustificare la decisione impugnata,. come prescritto dalla legge a pena di inammissibilità (cfr., per tutte, Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603; Cass. civ. Sez. 3 n. 4646/2008 e n. 4719/2008).

Tale requisito non si può ritenere rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass. civ., Sez. 3, ord. 16 luglio 2007 n. 16002, n. 4309/2008 e n. 4311/2008).

Sotto altro aspetto il motivo di ricorso investe la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, questioni riservate alla discrezionalità del giudice del merito e non suscettibili di riesame in sede di legittimità, se non sotto il profilo dei vizi di motivazione: vizi che non possono essere ravvisati nella mera difformità fra l’interpretazione del giudice di merito e quella desiderata dal ricorrente, ma debbono consistere in illogicità o contraddizioni intrinseche alle argomentazioni adottate, che siano tali da rendere la motivazione inidonea a giustificare la decisione (cfr. fra le tante, Cass. civ. 26 maggio 2005 n. 11197; 11 luglio 2007 n. 15489; 2 luglio 2008 n. 18119).

2.- Il secondo motivo, con cui i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 1575, 1577, 1578 e 1588 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha respinto le loro domande; di esecuzione delle opere necessarie ad eliminare le infiltrazioni d’acqua, è anch’esso inammissibile, sia per l’inidonea formulazione dei quesiti di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., sia perchè generico e privo di adeguata illustrazione delle ragioni per cui le norme invocate sarebbero state disattese dalla Corte di appello.

Le proposizioni enunciate come quesiti di diritto sono del seguente tenore:

“Dica la Corte se in caso di mancanza di guaina protettiva, di idonee pendenze e di ferri rimasti nel solaio di copertura (situazione ascrivibile al locatore) di un locale locato si applica l’art. 1575 c.c., commi 1 e 2 o l’art. 1578 cod. civ., e che ai sensi dell’art. 1578, comma 2 è ammissibile la condanna del locatore alìesecuzione in forma specifica delle opere per eliminare tali vizi e, in mancanza, è ammissibile la domanda di risarcimento dei danni per equivalente.

Dica altresì se in caso di addizioni pacificamente autorizzate, le opere per evitare pregiudizi alla cosa locata vanno poste a carico ed eseguite dal conduttore, che ha officiato le addizioni stesse”.

Essi non richiamano i principi enunciati dalla Corte di appello, nè quelli che si chiede alla Corte di cassazione di enunciare, ma demandano a questa sede di legittimità accertamenti in fatto e valutazioni di merito circa la natura delle opere eseguite: questioni estranee alle modalità di formulazione dei quesiti.

Si ricorda che i quesiti di diritto debbono contenere l’enunciazione della fattispecie da decidere; il principio che si assume erroneamente applicato dalla Corte di appello e quello diverso che si vorrebbe venisse affermato in sua vece, sì da consentire alla Corte di cassazione di formulare, con la sua decisione, un principio di diritto chiaro, specifico e applicabile anche ai casi simili a quello in esame (cfr. Cass. Civ. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36 e 11 marzo 2008 n. 6420; Cass. Civ. Sez. 3, 30 settembre 2008 n. 24339 e 9 maggio 2008 n. 11535) .

La sentenza impugnata ha ritenuto che le infiltrazioni d’acqua siano ascrivibili non alle pregresse condizioni del locale (mancanza di guaina protettiva nel solaio), ma alle opere eseguite dal conduttore, ed ha escluso l’applicabilità sia dell’art. 1575 c.c., nn. 1 e 2, sia dell’art. 1578 cod. civ..

Contro queste affermazioni si sarebbero dovute indirizzare le censure dei ricorrenti e – trattandosi di accertamenti che attengono alla sussistenza del nesso causale fra gli obblighi a carico del locatore ed i danni che si sono verificati – le censure sarebbero state ammissibili solo sotto il profilo dei vizi di motivazione, profilo che il ricorrente non ha in alcun modo prospettato.

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7.- Non essendosi costituito l’intimato non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2011

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