Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 969 del 16/01/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 969 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI PALMA SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso 14416-2011 proposto da:
MAVILTA GRAZIELLA (MVLGZL55S41H519D,) elettivamente
domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avv. MOBILIA FABRIZIO,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente 2012
8810

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (0415740580)
in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta

Data pubblicazione: 16/01/2013

e difende, ope legis;
– controricorrente

avverso il decreto nel procedimento R.G. 406/08 della
CORTE D’APPELLO di MESSINA del 18.2.2010, depositato
il 06/04/2010;

udienza del 04/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott.
SALVATORE DI PALMA;
udito per la ricorrente l’Avvocato Fabrizio Mobilia
che insiste per l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Equa riparazione

R.g. n. 14416/11 — U. P. 4 dicembre 2012

Ritenuto che Graziella Mavilia, con ricorso del 17 maggio 2011, ha impugnato per cassazione
— deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria —, nei confronti del Ministro
dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Messina, depositato in data 6
aprile 2010, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della Mavilia — vòlto ad
ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89 —, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze — il quale,
costituitosi, ha concluso per l’inammissibilità o per l’infondatezza del ricorso —, ha condannato il
resistente a pagare alla ricorrente la somma di € 4.000,00, oltre interessi dalla domanda;
che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale — richiesto per
l’irragionevole durata del processo presupposto — proposta con ricorso del 21 gennaio 2009, era
fondata sui seguenti fatti: a) la Mavilia, asseritamente titolare del diritto ad un diverso
inquadramento retributivo, aveva promosso — con ricorso del 12 aprile 1994 — causa dinanzi al
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania; b) il Tribunale adito
non aveva ancora deciso la causa;
che la Corte d’Appello di Messina, con il suddetto decreto impugnato — dopo aver determinato
in quattordici anni la durata complessiva del processo presupposto ed in sei anni il periodo di tempo
necessario per la definizione secondo ragionevolezza dello stesso processo presupposto —, ha
determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto anni ed ha liquidato l’indennizzo in €
4.000,00, sulla base del parametro annuo di 500,00, così ridotto per la modesta rilevanza
dell’oggetto del contendere.
Considerato che, con i motivi di censura, viene tra l’altro denunciata dalla ricorrente come
illegittima, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, l’insufficiente determinazione
dell’indennizzo e l’insufficienza della motivazione;
che tali censure meritano accoglimento, con assorbimento di ogni altro motivo o profilo di
censura;
che infatti, secondo consolidato orientamento di questa Corte, sussistendo il diritto all’equa
riparazione per il danno non patrimoniale di cui all’art. 2 della legge n. 89 del 2001, si ritiene equo
liquidare la somma di € 500,00 per ciascun anno della complessiva durata del processo
amministrativo presupposto;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito,
ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.;
che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui all’art. 2
della legge n. 89 del 2001, va determinato in € 7.375,00 in favore della ricorrente per i quattordici

Sentenza

anni e nove mesi circa di durata del processo amministrativo presupposto, oltre gli interessi a
decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente
liquidate;

che in particolare, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per
l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale
procedimento avente natura contenziosa, né rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B)
allegate al citato Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50,
paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa
allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i
procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008);
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente
liquidate — sulla base delle tabelle A, paragrafo IV, e B, paragrafo I, allegate al Decreto del Ministro
della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi — in complessivi €
1.140,00, di cui C 50,00 per esborsi, C 600,00 per diritti ed C 490,00 per onorari, oltre alle spese
generali ed agli accessori come per legge;
che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel
dispositivo;
che, a tal fine, rileva invece il D.m. (Giustizia) 20 luglio 2012, n. 140, giacché il suo art. 41
prevede che «Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla
sua entrata in vigore» (cioè al 23 agosto 2012, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale, come stabilito dall’art. 42 dello stesso decreto), armonizzandosi con la norma, di rango
legislativo, di cui all’art. 9, comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge, co
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, secondo la quale le «tarit e
vigenti alla data di entrata in vigore del presente continuano ad applicarsi, limitatamente alla
liquidazione delle spese giudiziali, fino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al
comma 2», cioè, segnatamente, del decreto del Ministero della giustizia che, nel caso di
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, stabilisce i parametri per la determinazione del
compenso del professionista, ciò in quanto io stesso art. 9 del citato dl. n. I del 2012 ha abrogato
tutte «le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico» (comma 1), nonché «le
disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alla tariffe
di cui al comma 1» (comma 5);
che pertanto, tenuto conto della tabella A — Avvocati, richiamata dall’art. 11 del citato D. m. n.
140 del 2012, del valore della controversia (pari ad C T375,00) e, quindi, dello scaglione di
riferimento fino a euro 25.000,00 per i giudizi dinanzi alla Corte di cassazione, nonché applicata (in
ragione della minima complessità della controversia, alla stregua della ponderazione richiesta
dall’art. 4 dello stesso D. m.) la diminuzione massima indicata all’interno di detto scaglione per
ciascuna fase e ridotto il compenso così risultante del 50% ai sensi dell’alt 9 del medesimo dm. n.
2

che a tal fine rileva, per le spese del giudizio di merito, la disciplina del D. m. (Giustizia) 8
aprile 2004, n. 127;

140 del 2012, trattandosi di causa avente ad oggetto l’indennizzo da irragionevole durata del
processo, spetta ai ricorrenti la somma di curo 180,00 per la fase di studio, euro 112,50 per la fase
introduttiva, ed euro 213,25 per la fase decisoria e così complessivamente la somma di euro 505,75.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa
nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore della
ricorrente, della somma di C 7.375,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì a
rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di
merito, in complessivi € 1.140,00, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il
giudizio di legittimità, in complessivi € 505,75, oltre agli accessori come per legge, spese tutte da
distrarre in favore dell’Avv. Fabrizio Mobilia, dichiaratosene antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 4 dicembre 2012
11 Ci sigliere relatore ed estensore

P.Q.M.

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