Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9688 del 12/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9688 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 10382-2013 proposto da:
SEMED O ANTONIA RUFINA SMDNNR50E62Z128E,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TARANTO 44, presso lo
studio dell’avvocato FELICE FAZIO, che la rappresenta e difende
giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del Direttore Centrale Entrate dell’Inps e legale
rappresentante, in proprio e quale mandatario della SOCIETA’ DI
CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

A 293
.

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Data pubblicazione: 12/05/2015

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, giusta

.,

procura in calce al ricorso notificato;
– resistente avverso la sentenza n. 3665/2012 della COME, D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Carla D’Aloisio difensore del resistente che si riporta
agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.
Fatto e diritto
La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 3665/2012 ha
dichiarato improcedibile il gravame sul rilievo che l’appellante non
aveva presenziato né alla prima udienza fissata per la discussione
dell’appello né alla successiva alla quale era rinviata la decisione
sebbene fosse stato ritualmente notificato sia il decreto che il
provvedimento di rinvio disposto ai sensi dell’art. 348 c.p.c..
Per la cassazione della sentenza ricorre Antonia Rufino Semedo che
articola due motivi con i quali denuncia la nullità del processo di
appello e della sentenza per avere la Corte territoriale, a fronte della
mancata comparizione di entrambe le parti in due udienze consecutive,
dichiarato l’improcedibilità dell’appello invece che disporre la
cancellazione della causa dal ruolo.
L’Inps è rimasto intimato.
E’ stata depositata relazione ai sensi dell’art. 375 c.p.c. con la quale si è
esposto quanto segue:
“Va sottolineato, in primo luogo, che nel giudizio di appello di cui si
tratta si sono avute: a) una prima udienza il 30.4.2010 nella quale
nessuno compariva e, preso atto della mancata comunicazione del
Ric. 2013 n. 10382 sez. ML – ud. 11-03-2015
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ROMA, depositata il 02/05/2012;

decreto di fissazione dell’udienza ex art. 435 c.p.c., se ne disponeva la
comunicazione con rinvio al 17 febbraio 2012; b) anche a
quell’udienza, ritualmente comunicata e da valutarsi come rituale prima
udienza di discussione, l’appellante non è comparso; c) quindi, a norma
dell’art. 348 c.p.c. è stata fissata un’altra udienza per il 20.4.2012 della

costituito nel domicilio eletto, nella quale ancora una volta nessuno è
comparso. In quest’ultima udienza, non essendo comparso nessuno, la
Corte d’appello di Roma ha emesso la sentenza impugnata.
Tanto premesso si osserva che secondo l’indirizzo al quale sembra
doversi dare continuità in quanto aderente al tenore letterale
dell’art. 348 cod. proc. civ., le cause di improcedibilità
dell’appello si collegano sempre a comportamenti colpevoli
dell’appellante, cioè a condotte a lui imputabili sotto il profilo
dell’inerzia o dell’imprudenza, (vedi, per tutte. Cass. 25 luglio 2006, n.
16938 e nello stesso senso Cass. 19 luglio 2010. n. 16821), senza che
assuma rilievo, di per sè il comportamento dell’appellato. Del resto, è
l’appellante l’unico soggetto destinatario e fruitore delle disposizioni
dettate dall’art. 348 cod. proc. civ., escludenti ogni decadenza a suo
danno per l’ipotesi di mancata comparizione all’udienza di discussione,
attraverso la facoltà di essere posto in condizione di comparire
all’udienza successiva a quella disertata (Cass. 5 maggio 2001, n. 6326;
Cass. 6 marzo 2007. n. 5125; Cass. 28 marzo 2007, n. 7586).
In conformità a tale orientamento, pertanto, nell’ipotesi di inattività
delle parti si applica anche alle controversie individuali di lavoro la
disciplina dettata dal codice di procedura civile, non ostandovi la
specialità del rito del lavoro. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 348
comma 1 c.p.c., anche nelle controversie di lavoro, la mancata
comparizione dell’appellante all’udienza di cui all’art. 437 c.p.c. non
Ric. 2013 n. 10382 sez. ML
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ud. 11-03-2015

quale è stata data rituale comunicazione il 27.2.2012 all’avvocato

consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di
nuova udienza, da comunicare nei modi previsti, nella quale il ripetersi
di tale difetto di comparizione comporta la dichiarazione di
improcedibilità dell’appello (cfr Cass. n. 13869 del 18 giugno 2014 ed
anche n. 5328 del 4 marzo 2011; Cass. n. 5643 del 2009; Cass. n. 12358

Tali disposizioni, però, non attribuiscono all’appellante il diritto di
impedire, non comparendo, la decisione del gravame nel merito o
anche solo in rito, così adottando un comportamento che da luogo ad
una irragionevole dilatazione dei tempi del processo, in contrasto sia
con la funzione di accelerazione dell’attività processuale ispiratrice della
sostituzione dell’art. 348 medesimo operata dalla L. 26 novembre 1990,
n. 353, art. 54 (Cass. 31 maggio 2005, n. 11594), sia con il principio
della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost..”
La Semedo ha depositato articolata memoria ex art. 378 c.p.c. con al
quale insiste per raccoglimento del ricorso.
Ritenuto che le ragioni esposte nella memoria evidenziano criticità che
consigliano di rimettere la definizione della controversia alla pubblica
udienza non apparendo sussistere, in esito all’esame svolto in camera
di consiglio le condizioni di manifesta fondatezza o infondatezza del
ricorso che consentono una definizione con il procedimento ex art.
375 e 380 bis c.p.c.
PQM
La Corte non ravvisando l’esistenza delle condizioni per la definizione
in camera di consiglio della controversia dispone la trasmissione degli
atti alla quarta sezione lavoro per la decisione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma 1211 marzo 2015
Depositata in Cancelleria

del 2003; Cass. n. 6326 del 2001).

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