Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9685 del 14/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/04/2017, (ud. 17/05/2016, dep.14/04/2017),  n. 9685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20864-2013 proposto da:

D.G.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NIOBE 19/A, presso lo studio dell’avvocato LUIGINA

PALOMBI, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICIANO PALMIERI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1007/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 22/08/2013 R.G.N. 146/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato PALMIERI FELICIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza depositata il 22/8/2013, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Salerno in data 20/12/2011, condannava F.L. al pagamento, in favore di D.G.A., dipendente dello studio tecnico di cui era titolare il primo, della somma di Euro 4.424,00 (inferiore a quella stabilita dal Tribunale) – della quale il D.G. era rimasto creditore al momento della risoluzione del rapporto di lavoro -, oltre accessori di legge.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il D.G. articolando tre motivi.

Il F. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente e/o comunque contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. in relazione agli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c..

In particolare, il D.G. lamenta che la Corte di merito non avrebbe correttamente valutato le risultanze istruttorie ed avrebbe negato al medesimo di “usufruire nel giudizio della prova che pure aveva offerto”: ed inoltre che i Giudici di seconda istanza si sarebbero limitati a considerare solo una delle plurime attività svolte dal D.G., quella preso) gli uffici regionali, senza considerare le mansioni di geometra e redattore di grafici e progetti edili di ristrutturazione delle aziende agricole ed altresì l’assistenza tecnica ai lavori per i miglioramenti fondiari.

1.1 Il motivo è inammissibile.

Invero, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella – motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella – motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di – sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 22/8/2013, nella fattispecie si applica, “ratione temporis”, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) convertito, con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014). con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare: nè, tanto meno, fa riferimento. alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”.

E, dunque, non potendosi più censurare. dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr. tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue in ordine all’attività svolta dal D.G. ed altresì delle somme di cui lo stesso era rimasto creditore al momento della risoluzione del rapporto, in considerazione delle mansioni svolte. Infatti, dopo una sintetica, ma puntuale ricostruzione dei fatti di causa, la Corte ha rettamente sussunto la fattispecie concreta nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti esclusivamente sino al mese di maggio del 1995, in considerazione delle risultanze probatorie analiticamente esaminate, le quali non consentono, invece, di configurare allo stesso modo il successivo rapporto di lavoro intercorso tra le parti, posto che – come messo correttamente in luce dai Giudici di seconda istanza – i testi escussi non hanno riferito elementi sufficientemente circostanziati in merito alla durata ed al contenuto della prestazione ed al concreto atteggiarsi della stessa. idonei a ricondurre quest’ultima nello schema del rapporto di lavoro subordinato.

Inoltre, in ordine all’ammissibilità delle istanze istruttorie ed alla valutazione degli elementi probatori, è da osservare che, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, le stesse sono attività istituzionalmente riservate al giudice di merito, non sindacabili in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento. Nel caso di specie, invero, la contestazione. peraltro del tutto generica, in ordine ad una presunta – negazione -, da parte della Corte territoriale, di “fare usufruire il ricorrente nel giudizio della prova che pure aveva offerto” si risolve in una inammissibile richiesta di riesame del fatto, finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sullo stesso, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).

2. Con il secondo motivo viene denunciata, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222, 1703 e 2594 c.c. “nella parte in cui non definisce nè in fatto nè in diritto il nomen iuris della collaborazione autonoma-.

3. Con il terzo motivo il D.G. denuncia la violazione dell’art. 2120 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte d’Appello avrebbe compiuto “una operazione anomala dal punto di vista contabile, pur trattandosi di calcoli elementari.

2.1-3.1 Il secondo ed il terzo motivo – che possono essere trattati congiuntamente, in quanto, pur nella formulazione generica, sono, all’evidenza tesi ad una nuova valutazione del fatto, estranea, come innanzi sottolineata alle finalità del giudizio di legittimità – sono inammissibili.

Le censure formulate sono, infatti, prive di una specifica confutazione del corretto ed esauriente percorso argomentativo e pertanto, così come formulate, violano la prescrizione di specificità dell’art. 366, comma 1, n. 4, codice di rito, che prevede che il motivo sia illustrato con l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e la analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (cfr., tra le molte. Cass. nn. 25302/2015; 19959/2014; 18421/2009).

Inoltre. il secondo motivo neppure specifica le affermazioni di diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme che regolano la fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla dottrina prevalente e non prospetta una valutazione comparativa tra opposte soluzioni; per la qual cosa alla Corte di legittimità non viene consentito di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della violazione denunciata (cfr. ex plurimis, Cass. nn. 16038/2013; 3010/2012).

Il terzo motivo, peraltro, censura un errore di calcolo senza prospettare neppure quale dovrebbe essere il giusto calcolo della differenze retributive, e si risolve piuttosto in una contestazione di merito, priva della deduzione di vizi logici di formazione del convincimento dei Giudici di secondo grado (cfr. Cass. nn. 27197/2011; 6288/2011).

Per tutto quanto esposto, ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla va disposto in ordine alle spese non avendo il F. svolto attività difensiva.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2017

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